Sezione: Recensioni di Aldo Viganò

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“Tutto quello che vuoi” di Francesco Bruni

di Aldo Viganò.

“Scialla” nel 2011, “Noi 4” tre anni dopo e ora “Tutto quello che vuoi”. Giunto alla terza esperienza dietro la cinepresa, il cinquantacinquenne Francesco Bruni conferma la regola, già avvalorata nel passato da Mario Monicelli ed Ettore Scola, che uno sceneggiatore può imparare a fare anche il regista, mentre non c’è alcuna prova del processo inverso.

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“Codice Unlocked” di Michael Apted

di Aldo Viganò.

Girato in Inghilterra negli ultimi mesi del 2014, ma distribuito solo ora in patria come nel resto del mondo (la “prima” assoluta è stata all’ultimo Festival di Bari), Codice Unlocked è uno di quei film nati sotto una cattiva stella probabilmente a causa di tensioni interne al sistema produttivo e destinati a invecchiare prima di nascere perché sia la realtà, sia il cinema, sono nel frattempo cresciuti molto più velocemente.

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“La tenerezza” di Gianni Amelio

di Aldo Viganò.

Muovendosi sempre più a proprio agio tra letteratura e “cinefilia”, Gianni Amelio firma con La tenerezza un film intimo e molto personale, nel quale si possono leggere anche suggestioni quasi autobiografiche.

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“Le cose che verranno” di Mia Hansen-Løve

di Aldo Viganò

Sgomberiamo innanzitutto il campo da un possibile equivoco nel quale sono caduti alcuni recensori dell’ultimo film firmato da Mia Hansen-Løve, che per curiosa coincidenza giunge sugli schermi italiani in contemporanea con quello (Personal Shopper) di Olivier Assayas

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“Personal Shopper” di Olivier Assayas

di Aldo Viganò.

Una ragazza americana (Kristen Stewart) vive in Europa alle dipendenze di una indaffaratissima componente della jet society internazionale, per la quale esercita il ruolo della “personal shopper”, acquistando  per lei vestiti, accessori e gioielli vari nei migliori negozi di Parigi e di Londra. Ma la vita quotidiana di Maureen (questo è il nome della ragazza) non è fatta solo di tale lavoro,

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“L’altro volto della speranza” di Aki Kaurismäki

di Aldo Viganò.

Con il trascorrere degli anni, film dopo film (e sono ormai 17 lungometraggi più 10 cortometraggi), il finlandese Aki Kaurismäki rivela sempre più di essere uno dei pochi registi contemporanei in possesso di uno stile, di un tono e di una personale visione della vita. L’altro volto della speranza, con il quale l’ormai sessantenne regista riporta la propria cinepresa nella zona del porto di Helsinki, non fa certo eccezione

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“Il permesso – 48 ore fuori” di Claudio Amendola

di Aldo Viganò.

Tre stagioni dopo il suo esordio alla regia con il fragile (ma a suo modo divertente) La mossa del pinguino, Claudio Amendola torna a cinquantaquattro anni dietro la cinepresa, firmando un thriller che coniuga contemporaneamente ambizioni autoriali e moralistiche ingenuità da neofita, nonostante la collaborazione per la scrittura dello smaliziato Giancarlo De Cataldo, che al cinema italiano aveva già dato, tra l’altro, i più maturi soggetti di Romanzo criminale e di Suburra.

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“Elle” di Paul Verhoeven


di Aldo Viganò.

Elle è uno dei pochi film di questa avara stagione che meritano assolutamente di essere visti. E questo non solo (sebbene ne sarebbe già una ragione sufficiente) per l’interpretazione “magistrale” d’Isabelle Huppert, ma anche per la regia “giovanilistica” del quasi ottantenne Paul Verhoeven; nonché per il fatto che si tratta di un’opera cinematografica d’autore abitata da personaggi tutti interessanti (compreso il gatto) e interpretati da attori di ottima qualità, scelti con spirito creativo

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