“Codice Unlocked” di Michael Apted

di Aldo Viganò.

Girato in Inghilterra negli ultimi mesi del 2014, ma distribuito solo ora in patria come nel resto del mondo (la “prima” assoluta è stata all’ultimo Festival di Bari), Codice Unlocked è uno di quei film nati sotto una cattiva stella probabilmente a causa di tensioni interne al sistema produttivo e destinati a invecchiare prima di nascere perché sia la realtà, sia il cinema, sono nel frattempo cresciuti molto più velocemente.

Scritto da un autore di videogiochi (Peter O’Brien) e diretto da un veterano del cinema anglosassone (il settantacinquenne Michael Apted) che ha sempre stentato a emergere come autore nonostante le sue ottime qualità di direttore d’attori, il film si è probabilmente aggrovigliato subito a causa della incompatibilità culturale e stilistica tra i suoi due principali artefici, tendente l’uno  (O’Brien) a guardare ai modelli giovanilistici dei blockbusters e l’altro (Apted) essendo invece molto più attirato dall’ambiguità dei rapporti tra i protagonisti, i quali vivono una storia in cui tutti (personaggi e spettatori) sono costretti a sospettare degli altri. E poco importa se, mentre i primi (cioè, i personaggi) mettono a rischio sul grande schermo la propria vita, i secondi (cioè, gli spettatori) si limitano a porre in palio solo il pericolo di annoiarsi tra questo trionfo di inganni e doppiogioco, di  corse e di scazzottature, di pugnali e di mitra, di morti ammazzati in un bagno del proprio sangue.

Chi si aggira in questo paese dalle poche meraviglie è Alice: un agente della CIA in crisi per non aver saputo sventare un attacco terrorista a Parigi. In virtù della sua riconosciuta bravura negli interrogatori del nemico, è lei che viene richiamata in servizio dai superiori per ottenere informazioni da un arabo arrestato dalla polizia con il sospetto di far parte di un complotto inteso a preparare un attentato biologico a Londra. E lei, da buona professionista, riesce a scoprire la pista di un piano finalizzato alla contaminazione dell’intero occidente. Mal gliene incoglie, però. Intorno a lei, infatti, nessuno e nulla è mai quello che sembra. Tutti tradiscono tutti. E il tempo a disposizione per smascherare chi è giusto e chi è ingiusto diventa sempre meno.

Nasce così un thriller che punta decisamente verso l’azione, ma che poi complica tanto le cose da dover sovente fermarsi per lasciare che i personaggi spieghino (anche troppo) le loro motivazioni e i vari passaggi narrativi, con il risultato di complicare continuamente la faccenda, senza però accrescere la suspense e l’attesa di una soluzione finale, che quando poi arriva – come si conviene proprio all’ultimo secondo – questa risulta sin troppo ovvia e scontata.

Per dar vita a questo pasticcio in salsa thriller, reso invano verosimile da costanti riferimenti a una realtà che risale ormai a tre anni fa, Michael Apted (pur forte della sua esperienza di regista di un film di James Bond: 007, il mondo non basta) non può far altro che curare il cast internazionale chiamato a raccolta, ricavando da tutti il meno peggio possibile. Così il dato più accettabile di Codice Unlocked viene fornito dalla sempre ottima Noomi Rapace (già protagonista dei film inaugurati con Gli uomini che odiano le donne), ma anche (con riserva) dal divo giovanilistico Orlando Bloom (la cui fama riposa tra la mitologia di Troy a significative presenze nella saga del Signore degli anelli o dei Pirati dei Caraibi); nonché da veterani di qualità quali la rinsecchita sino ai limiti della anoressia Toni Colette, nel ruolo del capo dei servizi segreti britannici, e del sempre più mefistofelico John Malkovich, in quello del capo della CIA; mentre all’alquanto imbolsito Michael Douglas spetta l’impossibile compito di dare credibilità ad un “cattivo”, che sino a metà del film deve fare il possibile per farsi credere inscritto nello sparuto manipolo dei “buoni”.

Certo, un simile cast stellare era meritevole di un migliore e più funzionale utilizzo. Ma ciascuno, comunque, cerca invano di far vivere il proprio personaggio, indipendentemente dal fatto che né il regista, né lo sceneggiatore sembrano voler far nulla affinché la loro personale bravura non finisca per relegare decisamente in secondo piano quello che invece sembrava poter essere il vero dramma raccontato da Codice Unloched: cioè, come la ferocia del terrorismo internazionale finisca col contaminare le anime, quando non anche i corpi, di coloro che lo combattono, scatenandoli in una lotta di tutti contro tutti. Ma questo, se pur era nelle intenzioni, resta inesorabilmente un altro film, tutto da (ri)fare.

  

CODICE UNLOCKED

(Unlocked, USA e GB, 2017)  Regia: Michael Apted – Sceneggiatura: Peter O’Brien – Fotografia: George Richmond – Scenografia: Ondrej Nekvasil – Musica Stephen Barton – Montaggio: Andrew MacRitchie.  Interpreti: Noomi Rapace (Alice Racine), Orlando Bloom (Jack Alcott), Michael Douglas (Eric Lasch), John Malkovich (Bob Hunter), Toni Colette (Emily Knowles). Distribuzione: Notorious Pictures – Durata: un’ora e 38 minuti

 

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