Nameless Gangster: the Rules of the Time di Yoon Jong-Bin. L’irresistibile ascesa di un padrino coreano

Dalla Corea del sud arriva questo terzo film di Yoon Jong-Bin, che ci racconta la spavalderia e l’ebbrezza degli anni Ottanta attraverso una particolarissima storia criminale.

Al centro del film c’è infatti un oscuro funzionario di dogana, sensibile alle bustarelle, che trova una notte un carico di droga e cerca subito il modo di piazzarla agli yakuza, sostenendo che rifilare droga ai giapponesi è in fondo un’azione patriottica. Ma siccome ha anche il chiodo fisso di appartenere a un’antica e importante famiglia coreana, appena incontra il cupo e taciturno gangster disposto al traffico, subito lo interroga sulle sue origini, scopre di appartenere a un ramo della famiglia più importante del suo, ricorda che il padre del gangster era un modesto pescatore aiutato dal proprio padre. E così si getta nel business criminale, fornendo alla banda coperture politiche e amministrative, sentendosi il vero boss della situazione: almeno finché il nuovo Presidente coreano anni ’90 scatena una guerra alla malavita che finisce per travolgere tutti. O quasi.

Il racconto è intriso di un vitalismo spavaldo e grottesco al tempo stesso, dovuto in buona parte al suo protagonista cinico e cialtrone, un uomo mediocre spinto da un meschino desiderio di rivalsa. La sua immersione in un mondo di violenza e di ferocia che gli è sostanzialmente estraneo assume tratti un po’ cartooneschi: il doganiere arrivista del porto di Busan pretende l’ossequio di gangster spietati, s’inebria di un potere che in realtà non ha, sopravvive miracolosamente nel bel mezzo di una ferocia che finisce solo per sfiorarlo. Ma al tempo stesso va a toccare una più sostanziale connessione tra le gerarchie criminali e la struttura familiare arcaica della stessa società coreana, facendo beffardamente sovrapporre tradizione e degenerazione, antichi valori e moderna rapacità.

Un film immediatamente paragonato dagli americani all’epopea mafiosa di Scorsese, e che a Torino è passato nella sezione “Festa mobile”: da un regista 33enne che al suo primo film, The Unforgiven, era stato selezionato a “Un Certain Regard” di Cannes, e che qui dice di aver voluto mostrare come gli anni Ottanta abbiano “avuto un fascino drammatico superiore a qualsiasi altro decennio”.    (renato venturelli)

 

Postato in 30° Torino Film Festival, Festival.

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