Call Girl di Mikail Marciman. Un thriller ambientato nella Svezia anni ’70

Il cinema nordico continua a cavalcare le formule dei suoi bestseller, mescolando sesso e politica, thriller e corruzione all’interno di una società apparentemente limpida, illuminata e progressista, ma sotto sotto pervasa da una corruzione morale da portare alla luce con compiacimento.

Qui siamo nella Svezia degli anni ’70, quella del sogno socialdemocratico, del modello ideale di equità sociale sostenibile, e del record di suicidi. Proprio mentre stanno per svolgersi le elezioni che potrebbero far cambiare il governo, la madre troppo remissiva di una quattordicenne si lascia convincere da un’assistente sociale a depositare la figlia in un istituto per minori, nella speranza di toglierle il vizio di scappare di casa. Naturalmente, la ragazzina irrequieta troverà terreno fertilissimo: insieme a un’amica, si unirà a due compagne più scafate, e nelle sistematiche fughe notturne finirà impelagata nel loro giro di prostituzione, agli ordini di una maitresse che fornisce minorenni in alberghi di lusso a una clientela sempre più importante. A far precipitare in un thriller sempre più soffocante la storia di ragazzine costrette ad andare a letto con imprenditori, politici e ministri sarà poi l’indagine di un giovane poliziotto zelante: lo scandalo finisce per esplodere, ma viene ridotto ai minimi termini e disinnescato, mentre intanto comincia la caccia a chi potrebbe parlare e va eliminato ad ogni costo…

Tutto ispirato a fatti veri, ma leggermente romanzati – dice una scritta. E tutto raccontato con stile pianamente efficace e ritmi serrati: il regista Mikail Marcimain dice del resto di volersi ispirare al thriller americano degli anni ’70, ha lavorato con Thomas Alfredsson ed è qui alla sua opera prima dopo una lunga carriera televisiva. Notevole come sempre Pernilla August, nella parte della maitresse; curioso che l’attacco all’ipocrisia svedese e al suo classismo mimetizzato guardi direttamente a un’icona come Olaf Palme. Passato a Torino in concorso, con gli italiani che discutevano se siano peggiori i politici che candidano le proprie amanti o quelli che cercano di farle fuori.

(renato venturelli)

Postato in 30° Torino Film Festival, Festival.

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