TFF 2018 – “Alpha, the Right to Kill” di Brillante Mendoza

di Juri Saitta.

Il filippino Brillante Mendoza ha dimostrato con opere come “Kinatay” e, in parte, “Ma’ Rosa” di essere un regista capace di unire uno stile filmico molto realista e semidocumentaristico con una narrazione vicina al cinema di genere, in particolare al thriller e al poliziesco. Una caratteristica che l’autore conferma anche nella sua ultima fatica “Alpha, the Right to Kill”, presentata al 36° Torino Film Festival nella sezione After Hours.

Basato su episodi realmente accaduti, il film è incentrato sul contrasto al narcotraffico e vede come protagonista Moises Espino, il poliziotto a capo della squadra antidroga, un uomo che nel corso della vicenda si rivelerà a sua volta corrotto e pericoloso, in quanto spaccia parte delle sostanze che sottrae ai criminali. Questo avvalendosi del contributo dell’informatore Elijah, un giovane pregiudicato che obbedisce a ogni ordine per non rischiare di tornare in prigione.

Nel raccontare tale vicenda, il cineasta asiatico dà prova di un forte senso del ritmo e di una buona sapienza enunciativa, in quanto riesce a partire quasi subito con le azioni più incalzanti dei personaggi mantenendo al contempo una certa gradualità nel dosaggio delle informazioni su di loro. Un’unione tra concisione e progressione che ricorda da vicino sia alcuni b-movie hollywoodiani anni Quaranta e Cinquanta sia la filmografia di un Don Siegel o di un Walter Hill.

Il tutto portato avanti con uno stile visivo molto vicino al documentario, in cui le riprese vengono realizzate in posti reali e la regia sembra impegnata a descrivere i vicoli intricati e i mercati affollati di Minala, nei quali la cinepresa s’intrufola seguendo i svariati movimenti dei personaggi.

Questo in un’opera che – come in parte del noir anni Cinquanta – affronta in modo diretto i problemi della polizia, della sua corruzione, del suo abuso di potere e della sua violenza, come emerge nella sequenza dell’operazione antidroga, dove si mostrano militari dalla pistola facile e dai metodi poco ortodossi.

Un elemento tematico che il regista espone in maniera molto chiara ed esplicita, a volte persino troppo, rischiando in alcuni momenti di essere un po’ didascalico  e scopertamente programmatico, in quello che è il difetto più evidente del titolo in questione.

Al tempo stesso, però, “Alpha, the Right to Kill” possiede un livello di complessità e di stratificazione piuttosto profondo e interessante, in quanto è un film che – dietro alle sequenze d’azione e alla lampante denuncia politica – descrive le disparità e le ingiustizie socioeconomiche presenti nel Paese.

Un aspetto evidente soprattutto nella seconda parte, strutturata perlopiù da un montaggio alternato che ritrae parallelamente la quotidianità del poliziotto e quella dell’informatore, facendone emergere affinità e divergenze. Così, se da un lato i due hanno destini e situazioni familiari simili (entrambi sono sposati con figli ed entrambi agiscono contro la legge), dall’atro versano in condizioni materiali ed esistenziali assolutamente distanti: la casa a due piani per Moises, la baracca poco attrezzata per Elijah; la rispettabilità piccolo borghese per l’autorità, l’invisibilità sottoproletaria per il ragazzo; gli onori pubblici per l’uomo in divisa, la diffidenza dello Stato per il pregiudicato.

Tutto ciò in un’opera senza fronzoli e dal piglio deciso che ha il grande merito di unire in modo compatto ed efficace uno scattante ritmo narrativo, uno stile documentaristico e una certa stratificazione tematica, risultando per questo uno dei titoli migliori visti durante la 36a kermesse torinese.

 

Postato in 36° Torino Film Festival.

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