“Ore 15,17: attacco al treno” di Clint Eastwood

di Aldo Viganò.

L’ultimo film di Clint Eastwood nasce e si costruisce come un’opera sperimentale. Una scommessa. Innanzitutto con se stesso. Un sorprendente atto di gioventù da parte di un ottantottenne. Il risultato di una ricerca squisitamente estetica, prima che ideologica.

L’esperimento consiste nel realizzare un film rigorosamente fedele ai temi essenziali della sua filmografia (in particolare a quello delle sue ultime “storie vere”), ma farlo con un’audacia tutta nuova, finalizzata a verificare la possibilità di far coincidere la finzione con la realtà, il cinema con la vita.

Come in “American Sniper” o in “Sully”, nasce così il progetto di raccontare l’eroismo di uomini qualunque attraverso la vicenda veramente accaduta di quei tre ragazzi americani (due militari bianchi e un civile nero) che nell’estate del 2015 sventarono un attacco terroristico sul treno da Amsterdam a Parigi. E di dargli corpo tramite la presenza fisica e la non professionale recitazione degli stessi protagonisti della vicenda, come se si trattasse di un film del neorealismo, che pur culturalmente si colloca agli antipodi del suo modo di intendere il cinema.

Che l’esperimento sia compiutamente riuscito si può dubitare, anche se il dubbio nasce da motivi squisitamente estetici più che ideologici, come invece è stato sottolineato dalla maggior parte della critica italiana e internazionale. Significativo, comunque, è che la prova sia stata fatta e decisamente apprezzabili sono i risultati ottenuti su un piano squisitamente attinente a quel linguaggio cinematografico che Eastwood ha imparato con gli anni a padroneggiare da maestro.

La scommessa del vecchio regista consiste nel voler andare oltre l’azione dell'”attacco al treno” e al tema attuale del pericolo terrorista, dedicando solo pochi minuti all’azione finale, pur anticipata da alcuni brevi inserti cronologicamente asincroni, per risolverla in modo sintetico e senza alcuna  enfasi epica. Perché il tema del film resta dichiaratamente un altro. Cioè quello, da sempre caro a Eastwood, di portare sullo schermo degli autentici esseri umani e raccontare tramite loro come l’eroismo sia cosa che possa appartenere quasi per caso a chi conduce una vita giusta.

“The 15:17 to Paris” diventa così soprattutto la storia di una amicizia tra tre giovani come tanti altri, che non hanno altro merito se non quello di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. I tre ragazzi si sono conosciuti sui banchi di scuola; poi ciascuno ha preso la propria via esistenziale, ma nel corso degli anni hanno mantenuto stabili contatti e ora si ritrovano insieme per trascorrere alcuni giorni di vacanza in Europa. Un soldato, un membro della guardia nazionale e un impiegato. Non sono persone particolarmente dotate o con vocazione specifica. Come si diceva, ciò che interessa a Clint Eastwood è raccontare come proprio dalla normalità possa nascere l’eroismo. E di farlo attraverso un uso consapevole del cinema.

Qui sta il tessuto narrativo dell’esperimento. Esperimento riuscito, il suo? In tutta la prima parte dedicata ai ragazzi negli anni della scuola, il racconto scorre in modo efficace e coinvolgente. Poi, il risultato è inevitabilmente condizionato dalla presenza di attori non professionisti, che paradossalmente corrono continuamente il rischio di risultare meno “veri” dei loro personaggi, negando loro sullo schermo quella consistenza umana che degli autentici attori avrebbero potuto dar loro.

Spencer, Alex e Anthony si sono conosciuti da bambini nell’anticamera della presidenza di una scuola privata cattolica, dove vengono ripetutamente convocati a causa del loro comportamento insubordinato. Insofferenti all’ordine costituito, amano come molti loro coetanei dire di no e giocare alla guerra. Hanno anche dei sogni (in particolare questi appartengono a Spencer che diventa ben presto il protagonista del film), tenacemente perseguiti nonostante la realtà si assuma il compito di frustrarli più volte. Sono tre ragazzi come tanti. Senza particolari qualità. Soprattutto, sono tre amici, che rimangono tali nel trascorrere del tempo. Ragazzi felici di fare ora quella vacanza in Europa, che la regia di Eastwood regala loro, non senza ironia, nella forma di un veloce e banale viaggio turistico nei luoghi più ovvi di Roma, Venezia, Berlino e Amsterdam, visitati come consultando una guida turistica. Da bravi americani.

Improvviso, quindi, arriva l’evento eccezionale. Mentre sono in viaggio verso Parigi, un uomo esce semi nudo dalla toilette del treno, imbracciando un kalashnikov. La reazione istintiva di Spencer e dei suoi amici, aiutati da un inglese, li fa diventare eroi per caso. Immobilizzano il terrorista e salvano la vita al passeggero gravemente ferito, evitando così una possibile strage. A Parigi i tre amici arriveranno alcune settimane dopo, con le rispettive famiglie, per ricevere dal presidente Hollande la legion d’onore, nel corso di una cerimonia con immagini di repertorio che Eastwood monta abilmente come se fossero girate appositamente per il suo film. E, infine, c’è il trionfo in patria, nella natia Sacramento, che ancora una volta chiude con immagini dal vero l’avventura di quei tipici “eroi” americani.

“The 15:17 to Paris” è tutto qui. Un piccolo film con qualche momento di stanca solo nella parte centrale. Un esperimento dagli esiti forse inferiori a quelli dei capolavori del regista statunitense. Ma anche uno splendido saggio di messa in scena (basta soffermarsi sui pochi minuti dell’assalto al treno) e una straordinaria prova di sintesi narrativa da parte di un vecchio “metteur en scène” che sa giovanilmente fare a meno dei dettagli superflui e delle dichiarazioni di principio per giungere allo scopo di raccontare quella che si potrebbe definire la banalità dell’eroismo.

 

ORE 15, 17: ATTACCO AL TRENO

(The 15:17 to Paris, USA, 2018)  regia: Clint Eastwood – soggetto: dal libro di Jeffrey E. Stern, Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos – sceneggiatura: Dorothy Blyskal – fotografia: Tom Stern – musica: Christian Jacob – scenografia: Kevin Ishioka – montaggio: Blu Murray. interpreti e personaggi: Spencer Stone (se stesso), Anthony Sadler (se stesso), Alek Skarlatos (se stesso), Judy Greer (Joyce Eskel), Jenna Fischer (Heidi Skarlatos), Thomas Lennon (il Preside), Tony Hale (il maestro di ginnastica). distribuzione: Warner Bros. – durata: un’ora e 34 minuti

 

 

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