The Boxtrolls (e il brie)


The Boxtrollsdi Antonella Pina.
The Boxtrolls (Boxtrolls – Le scatole magiche) è il terzo film d’animazione della Laika Entertainment dopo Coraline e ParaNorman, realizzato con la tecnica stop motion: “la tecnica più adatta per creare una realtà tangibile. Una delle più antiche, quella che usava Méliès, e una delle più complesse.
A questo film hanno lavorato più di trecento persone: un animatore impiega sette giorni per completare quattro secondi di pellicola…. ”. Ci sono voluti sette anni perché Antony Stacchi e Graham Annable insieme agli adattatori Irena Brignull e Adam Pava, riuscissero a distillare dalle molte pagine del libro di Alan Snow, Here Be Monsters!, questo delizioso film di 90 minuti.
La storia si svolge a Cheesebridge, una città dall’atmosfera vittoriana che potrebbe essere uscita dalla penna di un Dickens burlone, dove gli abitanti, come il titolo suggerisce, hanno un’immensa passione per il formaggio. Ciò che conferisce potere e autorevolezza ai notabili della città è un’enorme tuba bianca e il loro più grande privilegio consiste nel poter accedere alla sala degustazione, dove si assaporano cose sublimi: brie, cheddar, erborinati dal gusto “pungente, complesso, aromatico, con una venatura di sorriso di mamma”…..
Archibald Snatcher che, nella versione originale ha la voce di Ben Kingsley, è il cattivo della storia, ha una banale tuba rossa e brama per averne una bianca. Per riuscire nel suo intento convince gli abitanti di Cheesebridge ad odiare e temere i boxtrolls, le creature strane e misteriose che vivono nel sottosuolo, dipingendole come esseri mostruosi assetati di sangue: il sangue dei bambini di Cheesebridge, secondi, nella considerazione di tutti, soltanto al formaggio. Snatcher, sdoppiandosi nella cantante Madame Frou Frou, il suo alter ego dalle forme appariscenti e inevitabilmente volgari, cattura i cuori ed i favori dei notabili, mentre con la sua squadra di disinfestatori cattura i boxtrolls.
I boxtrolls sono creature dall’ aspetto effettivamente mostruoso ma una delle tante cose che questo film insegna è che non bisogna mai fidarsi delle apparenze: sono bizzarri, miti e laboriosi, comunicano con suoni incomprensibili e indossano una scatola di cartone da cui fuoriescono braccia, gambe e testa. Sono molto timidi e nel caso occorra nascondersi possono entrare completamente nella scatola , e allora tutto ciò che resta è la scatola, ed è questa che fornisce loro un nome, a seconda di ciò che in origine conteneva: Uovo se si trattava di uova, Pesce se si trattava di pesci. Sono molto intelligenti, hanno la capacità di capire con immediatezza il funzionamento di meccanismi di ogni tipo. Durante la notte emergono dalle caverne sotterranee e gironzolano nelle strade alla ricerca di cose rotte e abbandonate per ripararle o assemblarle in nuovi oggetti con nuovi utilizzi.
Il bambino che Snatcher li accusa di aver rapito alcuni anni prima, all’età di due anni, il piccolo Trubshaw, in realtà è stato da loro adottato per potergli salvare la vita, sottraendolo allo stesso Archibald Snatcher che avrebbe potuto ucciderlo. Cresciuto felice nel sottosuolo, amato e coccolato dai boxtrolls che lo hanno chiamato Eggs, dal momento che la sua scatola conteneva uova, sarà lui a cambiare la natura remissiva dei boxtrolls, ad infondere nel cuore mansueto di queste creature il coraggio e il desiderio di ribellarsi al loro destino. E questa è un’altra delle cose che il film insegna, perché come qualcuno aveva già sostenuto in Brian di Nazareth, ….”ciò che Gesù non riesce a capire è che a volte sono proprio i mansueti il problema”….
Forse non è un caso che la canzone dei Boxtrolls, cantata da Madame Frou Frou, sia stata scritta da Eric Idle, uno dei Monty Python. Il resto della bella colonna sonora è del pisano Dario Marianelli, già premio Oscar per le musiche di Espiazione. Segnaliamo l’esilarante canzone Quattro Sabatino dove, con toni da opera buffa, si elenca una serie infinita di formaggi italiani: …”caciocavallo, fontina, ricotta e caprino….la burrata e il grana padano….son senza dubbio le cose più buone”….Il film è stato presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia e non poteva essere altrimenti – come hanno affermato gli autori –perché solo il pubblico italiano poteva apprezzare tutta la delirante bellezza di Quattro Sabatino.
Il formaggio più amato dagli abitanti di Cheesebridge è il brie, al punto da decidere di dirottare il denaro stanziato per la costruzione di un ospedale pediatrico nell’acquisto di un’enorme forma di questo formaggio, che i deliranti notabili della città paragonano alla bellezza di Madame Frou Frou: ….”una donna così è come un buon brie. E’ grasso e un po’ puzzolente, ma basta un assaggio e non puoi più farne a meno”…
Nonostante questo accostamento, il brie è davvero notevole, “il re dei formaggi”, secondo Talleyrand, e il formaggio dei re: fu molto apprezzato da Carlomagno e da Filippo Augusto che lo conobbe per averlo ricevuto in dono da Bianca di Navarra, contessa di Champagne. Il poeta Carlo Valois-Orléans, padre di Luigi XII, ne cantò le lodi, e da uomo galante quale era, usava offrirlo alle dame della sua corte durante le feste. Divenne famoso in Europa nel 1814, quando Metternich, rivale di Talleyrand sia nelle questioni politiche che in quelle gastronomiche, lanciò una sorta di sfida a tutti i diplomatici invitandoli a portare quello che loro ritenevano essere il miglior formaggio. Vennero assaggiate più di sessanta varietà, ma fu il brie che Talleyrand portò dalla fattoria di Baulny vicino a Meaux, che si aggiudicò il primo premio.
Il brie proviene dall’Île-de-France, la regione che circonda Parigi. La grande pianura di Brie si trova a sud-est della capitale, tra la Senna e la Marna, e da sempre vi si allevano bovini. Qui vengono prodotti molti formaggi, due di questi nel 1980 hanno avuto l’AOC (appellation d’origine contrôlée): il brie di Meaux e il brie di Melun. Hanno una pasta molle, di colore giallo paglierino e la crosta coperta da una fioritura bianca ottenuta con il Penicillium candidum. L’affinamento dura quattro settimane. Il sapore è ricco e intenso con note di nocciola per il Meaux e di muffa per il Melun.
La richiesta di brie è cresciuta molto negli ultimi decenni e per rispondere alla domanda del mercato, la produzione industriale ha soppiantato quella artigianale. I piccoli allevatori si limitano a fornire il latte, ma anche i piccoli allevatori stanno sparendo, a causa dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione crescenti della zona di produzione. L’AOC quindi non ne garantisce l’artigianalità ma solo l’utilizzo di latte crudo. Per questa ragione il gusto del brie, comunque squisito, difficilmente sarà come quello decantato nel 1646 dall’accademico di Francia Marc Antoine Girard nel suo poema les Goinfres : “Ô Dieu, quel manger précieux / Quel goût rare et délicieux!”…
(Antonella Pina)

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