Il bivio


Il bivio di Fernando Cerchio e Fuoco nero di Silvio Siano (entrambi del 1951) sono stati i film proiettati al cinema America per il quarto appuntamento con la rassegna “Giovane canaglia”, organizzata dalla cineteca D. W. Griffith. Il primo è un film particolarmente solido e interessante che per stile, storia e atmosfere ricorda da vicino i noir americani degli anni ’40 e ’50, cui probabilmente si ispira.

La vicenda vede come protagonista Aldo Marchi, un capobanda che riesce a infiltrarsi nella polizia per trasmettere informazioni ai suoi compagni e organizzare con loro diverse rapine. Con il susseguirsi del tempo e degli eventi, Aldo comincia però a vedere la realtà in maniera diversa.
Anche se l’azione non manca, i numerosi primi piani e lo sviluppo della trama indicano la strada quasi intimista intrapresa dall’autore, il quale sembra interessato soprattutto a far emergere il percorso psicologico e morale del protagonista, sempre più tormentato dai sensi di colpa e dal peso delle proprie responsabilità.
Cerchio realizza tutto ciò senza dimenticare completamente il contesto storico e sociale in cui si svolge la storia: il dopoguerra è solo accennato ma comunque presente, mentre l’ambiente proletario e popolare viene mostrato sia attraverso alcuni campi lunghi che con alcuni significativi movimenti di macchina.
Ma al di là dei temi e dei contenuti, il vero punto di forza del film sta nella regia, ammirevole per l’utilizzo al tempo stesso empatico e semantico di diversi elementi tecnici e scenici. Ad esempio, i primi piani e il dettaglio del pendolo d’un orologio (inquadrato in una delle ultime scene) aggiungono pathos e indicano le “tappe” del percorso interiore di Aldo, mentre il clima teso e sinistro è trasmesso da alcune immagini distorte e dagli animali impagliati presenti nella casa dei gangster, segni evidenti di un senso di morte permanente nel mondo criminale.  Tali elementi – uniti alla contrastata fotografia in b/n – rendono Il bivio un noir notevole e avvincente, in cui la morale di fondo non edulcora troppo l’atmosfera complessivamente cupa e tormentata.

Alle 20:30 viene invece proiettato Fuoco nero, dramma italiano “alternativo” che ci introduce nell’originale ambiente delle corse dei cavalli.
All’ippodromo di Vallelunga (una trentina di chilometri a nord di Roma) è in programma un’importantissima gara: per il fantino Bruno e il suo destriero Fuoco nero è l’ultima occasione per rimettere in sesto l’intera carriera. Mentre fervono i preparativi per la corsa, Maria, moglie di Bruno, si innamora del disonesto fratello di lui, Stefano: i due progettano una romantica fuga d’amore, che finirà in tragedia.
Il film, specialmente nella seconda parte, è più che buono. Le riprese della gara sono a loro modo spettacolari; i giochi di montaggio di gran pregio. Rimarchevole la rappresentazione del rapporto tra i coniugi Bruno e Maria: per il pubblico dell’Italia dei primi anni ’50 osservare i patimenti di una donna insoddisfatta, ormai disgustata dalla vita in provincia e a rischio di claustrofobia tra le proverbiali quattro mura di casa non deve certo essere stata una passeggiata di salute; il matrimonio quale relazione di affetto e dovere viene messo in discussione ed osservato da prospettive destrutturanti e del tutto nuove: il Paese sta cambiando, e con esso la sua messinscena.
Sul versante delle note dolenti, non possiamo non citare i personaggi, più che mai stereotipati: incontriamo infatti lo Sconfitto dalla vita, la Moglie insoddisfatta, il Mascalzone, la Madre apprensiva, il Rubacuori, la Bellezza indomita quindi domata, il Servitore bonario. Eccetera, eccetera. Chiamiamole pure maschere della Commedia, ma il sospetto di una falla nel soggetto (non riempita in fase di sceneggiatura né di interpretazione) resta e sembra non potersi dissolvere.
Tra punti di forza ed evidenti pecche, comunque, vien fuori un dramma di qualità, che a tratti fa addirittura sorridere e nella sua fase conclusiva coinvolge e convince completamente.

Il prossimo appuntamento con la rassegna si terrà lunedì 8 aprile, giacché in corrispondenza del lunedì di Pasqua verrà naturalmente saltato il turno. Le proiezioni in programma sono Gioventù alla sbarra di Ferruccio Cerio (1954) e La vendetta di una pazza di Pino Mercanti (1951).
Altri due gioiellini introvabili, altre due occasioni da non mancare.
A noi non resta che augurare a voi tutti, come di consueto, una buona visione.

Di Matteo Faccio e Juri Saitta

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