La posta di D.O.C. Holliday (96) – Basta che sia Hepburn

Egregio dott. Claudio G. Fava,
in questi ultimi tempi sta crescendo sempre più quello che chiamano “culto” di Audrey Hepburn. “Colazione da Tiffany” è diventato un capolavoro,  la Hepburn è diventata quasi il simbolo della femminilità al cinema, addirittura scavalcando – dicono sui giornali – Marilyn Monroe.  Che ne pensa?  Le sembra giusto?  Era una grande attrice o una donna molto elegante?  Io appartengo ancora alla generazione per cui la grande Hepburn era l’altra, Katharine, che invece ormai non ricorda quasi più nessuno.
La ringrazio molto se vorrà rispondermi e le porgo i miei migliori saluti.
Amalia Ricci – Genova

katharine hepburn

Katharine Hepburn

Cara Signora anche per me la “vera” Hepburn è Katharine. Posso dire di aver acquistato un merito particolare dedicandole alla Rai un ciclo specifico, che a suo tempo ebbe molto successo, e per il quale posso anche vantarmi di avere scoperto un piccolo gioiello inedito: “Amore tra le rovine” (1975), interpretato dalla stessa Katharine e dall’eccellente Laurence Olivier e diretto nientemeno da George Cukor! Il titolo era stato sistematicamente trascurato dagli importatori perché all’origine era un TVFilm. Ciò detto riconosco volentieri non solo l’inattesa fama attuale di Audrey Hepburn fra le ragazze ventenni (si pensi, per cogliere il divario di generazioni, che essa era nata a Bruxelles il 4/05/1929 e morì in Svizzera, a Tolochenaz, il 20/01/1993) ma anche i suoi notevoli meriti. Nata in Belgio, da padre inglese e da madre olandese di origine aristocratiche cresciuta nei Paesi Bassi, si trasferì da ballerina a Londra nel 1948, cominciò a fare del cinema, si mise in luce in teatro, reggendo per sei mesi a New York le repliche di “Gigi”, tratto da un romanzo di Colette.

Audrey Hepbourn

Audrey Hepburn

Aveva ventitre anni, e almeno sette presenze cinematografiche, quando si sottopose ad un provino per “Vacanze romane”, che William Wyler doveva girare a Roma. Il grande regista la scelse a preferenza di Elizabeth Taylor, e il film fu, a fianco di Gregory Peck, un successo mondiale, imponendo la presenza decisiva di Audrey nel cinema di maggior richiamo. Non a caso l’anno dopo Audrey fu la protagonista di un altro film di enorme esito (a fianco di Humphrey Bogart e William Holden ) e cioè “Sabrina”(nome proprio che divenne un successo mondiale!) diretto dal grande Billy Wilder.
Fu la sua definitiva consacrazione a diva internazionale, imponendo con questi due film un personaggio di ragazza, sia altolocata che di modeste condizioni, destinata a diventare un modello femminile per generazioni e che, come la stessa lettrice rileva, esercita anche oggi un grande fascino su ragazze di un’altra epoca. “Colazione da Tiffany” (1961) non sarà un capolavoro ma certamente l’attrice è pienamente all’altezza dell’elegante regia di Blake Edwards. Del resto in quasi tutti i film in cui ha lavorato Audrey ha dimostrato duttile eleganza di recitazione e autentico talento ora comico ora drammatico.
Penso a molti titoli tipici della parte centrale della sua non lunga carriera. Ad esempio “Guerra e Pace” (1955) di King Vidor, “Arianna” (1957) ancora di Billy Wilder, il drammaticissimo “La storia di una monaca” (1959) di Fred Zinnemann, il western “Gli inesorabili” (1960) di John Huston, “Quelle due” (1961), ancora di William Wyler, “Sciarada” (1963) di Stanley Donen. “My Fair Lady” (1964), di nuovo di George Cukor, “Due per la strada” (1967) ancora di Stanley Donen, “Gli occhi della notte” (1967) di Terence Young, eccetera. Si sposò due volte, una volta con Mel Ferrer e l’altra con il medico italiano Andrea Dotti, ebbe due figli, uno per matrimonio. Via via che rallentava l’attività cinematografica aumentava quella di ambasciatrice straordinaria dell’Unicef. Morì di un cancro al colon e fu sempre una gran signora. Quando abitava a Roma io inclusi “Vacanze romane” in un ciclo e la invitai a partecipare alla presentazione. Rifiutò ma dopo la proiezione mi mandò un gentilissimo telegramma di ringraziamento. Cosa rara in un ambiente facilmente incline al cinismo.

(di Claudio G. Fava)

Postato in Numero 96, Posta di Claudio G. Fava.

Una risposta a La posta di D.O.C. Holliday (96) – Basta che sia Hepburn

  1. arcangelo scrive:

    Dissesento solo su una cosa che ho letto ,non esiste la vera Hepburn…..esistono le Hepburn ,ognuna a suo modo UNICA ,magnifiche Dive di un tempo che fù ,adorabili Dee per noi profani sognatori…