Cattivissimo Malcolm


Malcolm McDowellMalcolm McDowell è diverso dagli altri attori. E’ un ragazzo, sì un ragazzo di 68 anni, allegro, irriverente, scanzonato, con un grande sense of humor. La sua voce, profonda e nitida, distilla con cura ogni parola con un linguaggio semplice e giovane.
Non c’è in lui velleità di raccontarsi con toni altisonanti, solo la semplicità del rispondere con franchezza. Sono passati quarant’’anni da Clockwork Orange, pellicola che lo fece diventare ‘quello di Arancia Meccanica’, (anniversario festeggiato al Festival di Cannes, dove ci siamo incontrati, con una proiezione della versione restaurata e con l’uscita di un Blu-ray che oltre al film contiene un disco bonus con speciali e interviste), ma McDowell, non pago di ruoli-icona (da Caligola, a If…, passando per O Lucky Man!, Gangster No. 1 ed Evilenko), è sempre a caccia di nuove esperienze. I suoi occhi sono infuocati d’entusiasmo, e il pubblico lo vede, così come vede il suo sguardo ghiacciarsi quando presta il volto a personaggi inquietanti, come accade nelle dodici pellicole (sei completate e sei in pre-produzione) di prossima uscita. “Guardo sempre avanti con una passione che mi spinge a cercare continuamente nuove sfide”, racconta.

Qual è la sua miglior qualità?
“Dovresti chiederlo a mia moglie! (Scoppia a ridere). Da attore, cerco il ‘senso del pericolo’ in ogni ruolo, ossia voglio essere spontaneo in ogni momento senza sfoggiare tecniche recitative sbalorditive. Ho sempre cercato di essere un attore alla James Cagney, ossia fare in modo di essere credibile…”.

Cosa ammirava di lui?
“Tutto! Il suo modo di camminare riempiva lo schermo… le sue battute erano mitragliate, sembrava naturale ma il suo era solo stile, uno stile unico”.

Lei spesso interpreta ruoli oscuri, ‘da cattivo’. E’ una scelta o un caso?
“Credo mi abbiamo sempre proposto ruoli da villain per colpa del mio aspetto fisico! Ma è grandioso, mi diverto come un pazzo a fare il cattivo, il mostro o il vampiro!”.

I suoi prossimi film, infatti, la vedo impegnato proprio in ruoli di questo tipo. Ha qualche segreto per calarsi nei loro panni?
“Se devo diventare un vampiro come in Vamps -film di Amy Heckerling, con attori straordinari come Sigourney Weaver, Richard Lewis e Alicia Silverstone- me la spasso come un bambino e cerco solo di divertirmi! Se invece devo trasformarmi in Satana come in Suing the Devil, o in un mostro ‘umano’ come in Silent Hill: Revelation 3D e Zombex , o ancora in un personaggio oscuro come in L.A., I Hate You o Lords of Magic, Mischief Night, Death Method, Mind’s Eye, First Platoon, The Spider e Judge Ice, invece di partire da me stesso, come al solito, entro nel ruolo dall’esterno e cerco un elemento umano e un pizzico di umorismo; anche se fai il maniaco omicida ci deve essere sempre un po’ di humor!”.

Come nel caso di Alex di Arancia Meccanica?
“Esatto! Nel caso di Alex DeLarge, il mio impegno è stato quello di renderlo guardabile, ma era un immorale stupratore, come poteva piacere alla gente! Perciò ho cercato qualcosa di buono in lui e l’ho trovato: amava Beethoven”.

Già, anche lei ama la musica, giusto?
“La musica ispira tutto, ispira il mondo, ispira l’arte stessa! Essendo un ragazzo di Liverpool andavo al Cavern Club, dove si esibivano vari gruppi tra cui i The Silver Beatles. Erano davvero bravi, ma non avrei mai pensato che diventassero i Beatles! Comunque conosco tutte le loro canzoni. Adoro anche Van Morrison, lo ascolto sempre. L’ho visto dal vivo, è grandioso, ha una voce straordinaria e che tocco!”.

Lei suona?
“No (con tono lungo e strascicato tipico di chi vive in California, dove risiede ormai da trent’anni). Suono solo per divertimento!” (Mentre lo dice finge di strimpellare una chitarra).

Se non sbaglio anche lei ha iniziato cantando…
“Sì, con un musical, a scuola. Avevo circa undici anni, frequentavo un noioso collegio maschile dove mi costringevano ad andare a Messa tutte le domeniche… non ne potevo più! L’unica cosa divertente era cantare gli inni. Un giorno, il direttore della scuola mi chiamò nel suo studio. Ero convinto volesse picchiarmi, invece, quando entrai, iniziò a suonare e disse: ‘Dai, canta! Bravo, sarai Aladino nel musical scolastico! Sei contento?’. Non ero affatto contento! Mi aspettavano settimane di prove mentre i miei amici se la spassavano! Poi però accadde qualcosa di magico: venne il giorno della recita, salii sul palco, e mi sentii completamente a mio agio, rilassato. Capii che quella sarebbe diventata la mia professione”.

Qual è stata la svolta nella sua carriera?
“Quando stavo per abbandonare la Royal Shakespeare Company – perché mi davano solo ruoli insignificanti, quando dannazione, se reciti Shakespeare devi avere una parte principale! – e al tempo stesso recitavo nella serie Tv Saturday Wild Sunday, dove avevo soffiato la parte a Timothy Dalton. Sentivo la mia occasione vicina, e infatti, andai all’audizione di un certo Lindsay Anderson. Il film era If… premiato con la Palma d’oro nel 1969. E’ stato così che ho incontrato Lindsay, la persona che ha cambiato la mia vita“.

In che senso?
“E’ stato il mio mentore, ma anche un amico e forse anche un padre. Era un regista straordinario, mi ha fatto conoscere il cinema di Ford, Kurosawa, Hawks. I miei preferiti? Capra, Wyler, Sturges e Lean”.

C’è un suo film a cui è particolarmente legato?
“Sì. O Lucky Man!, che parla di quando vendevo caffè nello Yorkshire (volge lo sguardo verso il mare come se lì fossero sparsi pezzi di ricordi, per poi riprendere il filo con brio). Ma wow, è incredibile, chi mai avrebbe sognato una carriera così?”.

Immagini ch’io Il Genio della Lampada: qual è il suo desiderio?
“A parte l’immortalità, desidero essere un buon padre per i miei tre figli di 28, 30 e 2 anni: sono la cosa più vicina all’eternità che ho. Sono così fortunato…”.

(di Barbara Zorzoli)

Postato in Festival di Cannes, Interviste, Numero 94.

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