Bologna XXVI edizione – Senza un attimo di tregua

cineteca bolognaDopo Ford e Hawks Il Cinema Ritrovato di Bologna ha reso omaggio, nella sua XXVI edizione, ad un altro mito del cinema, Raoul Walsh, ovvero: “l’avventura e il cinema puro, l’azione e la meditazione, lo spettacolo e il silenzio” per usare le parole di Peter von Bagh, direttore artistico della manifestazione.

E’ stato quindi possibile vedere i suoi film muti, tra questi: il primo lungometraggio del 1915, Rigeneration (La rigenerazione), perduto e poi ritrovato nel 1976; il modernissimo melodramma del ‘22, Kindred of the Dust (Come polvere), dal grande pathos griffithiano dove, dopo vicissitudini e tormenti di ogni tipo, una ragazza madre può sposare il giovane erede di una delle famiglie più facoltose del Nord-Ovest del Pacifico; il celebre The Thief of Bagdad (Il ladro di Bagbad) del ’24 con il pirotecnico Douglas Fairbanks e le scenografie art nouveau di William Cameron Menzies e What Price Glory (Gloria) del ‘26, un film pacifista sul massacro della prima guerra mondiale, con una bellissima e audace Dolores del Rio che firma una delle didascalie: “Ci deve essere qualcosa che non va in un mondo che ogni trent’anni deve bagnarsi con il sangue di giovani soldati” e interpreta Charmaine de la Cognac, una “ragazza spaventata dalla guerra ma affascinata dagli uomini che si fermano davanti al suo sorriso prima di andare a morire”, frivola eppure profonda, innamorata, seppur temporaneamente, di uno strepitoso Victor McLaglen. Tra i film sonori in programma ricordiamo: The Yellow Ticket (Il passaporto giallo) del ’31, un film coraggioso che racconta la repressione del popolo russo durante il regime zarista, con un giovanissimo Laurence Olivier al suo debutto nel cinema americano e l’esuberante Lionel Barrymore nel ruolo del crudele barone Igor Andreeff; Wild Girl (Ragazza selvaggia) del 32 con Joan Bennett, girato in California tra gli alberi secolari del Sequoia National Park; Me and My Gal (Io e la mia ragazza) del ’32, dove Spencer Tracy e Joan Bennett si contrappongono in un duetto fatto di freddure e battute esilaranti – “Sei dolce, perché non vieni nel parco ad aiutarmi a pestare i fiori?” – e dove, con un pretesto da gangster film, Walsh racconta il mondo poetico del Lower East Side fatto di ubriachi, pescatori, poliziotti, criminali, cassiere terribilmente sexy eppure oneste e donne perdute, e Persued (Notte senza fine) del ’47, melodramma noir travestito da western interpretato da un grande Robert Mitchum.

Anche questa edizione ha avuto un programma ricco di eventi. Ricordiamo, tra le molte emozioni: la proiezione di Lola, il film che Jacques Demy girò a Nantes nel 1961 presentato da Agnés Varda; la retrospettiva dedicata a Jean Grémillon, curata da Paul Vecchiali, che ha consentito al pubblico di Bologna di scoprire il grande e pressoché sconosciuto regista francese attraverso i suoi film più belli, tra questi: L’ètrange monsieur Victor del’38, Remorques del ’39 -41, Le ciel est à vous del’43 e Gueule d’amour del’37 con un inedito Jean Gabin disposto a mostrare un’insospettata fragilità abbandonandosi in lacrime – nel finale del film – tra le braccia dell’amico René (Lefèvre) in un gesto così intenso da lasciare nel pubblico, abituato all’amicizia virile di Hawks, un certo imbarazzo.

Ricordiamo infine, tralasciando molto altro, l’omaggio a John Boorman con la proiezione in Piazza Maggiore di Point Blank (Senza un attimo di tregua) e la presentazione al Cinema Lumière del film documentario Me and Me Dad, realizzato da Katrine Boorman, una delle figlie di John: un affettuoso e ironico ritratto del padre che racconta un po’ della sua vita alla figlia e al pubblico. Durante la presentazione, mentre Katrine parlava del suo lavoro con grande trasporto, Boorman, uno splendido settantanovenne, cercava di sopravvivere all’imbarazzo.

Dall’incontro, decisamente emozionante per i fans di Un tranquillo weekend di paura, abbiamo appreso ciò che Boorman pensa di se stesso e del cinema: ”Durante la guerra la mia famiglia si era trasferita lungo il Tamigi ed è lì che per la prima volta vidi una troupe. Pensai che era proprio una bella idea rifare il mondo anziché accettarlo così com’è. E quello è stato l’inizio. Sono una persona chiusa che tiene per sé i suoi segreti. Ho fatto i miei film e mi ci sono nascosto dietro. Ho lavorato con grandi attori, uomini veri, duri e belli e gli ho fatto vivere le avventure che io avrei voluto vivere. Sono diventato Merlino: ho creato la magia grazie alla macchina da presa. Sulla mia tomba dovrebbero scrivere: Ecco, il film è finito. Stop”.

(di Antonella Pina)

Postato in Numero 99, Varie.

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