“Cry Macho – Ritorno a casa” di Clint Eastwood

di Aldo Viganò.

Che Clint Eastwood sia vecchio è un dato di fatto certificato dall’anagrafe di San Francisco che lo registra come nato il 31 maggio 1930; ma suo coetaneo è all’incirca anche “Mike” Milo, il protagonista di Cry Macho, uscito alquanto acciaccato dagli incidenti avuti nel corso della carriera di cowboy da rodeo. Nessun evidente anacronismo fisico, quindi (come sovente è accaduto ad altri attori avanti negli anni). Anche perché, pur col passare del tempo, il regista Eastwood resta fedele al suo modo classico di fare del cinema, accentuandone caso mai la propria fascinazione per gli spazi aperti (come in The Mule) e la sua simpatia per il giovane coprotagonista (come in Gran Torino).

Il “macho” del titolo del suo ultimo film, però, non è lui. Infatti Clint è il protagonista, ma l’appellativo (come la maggior parte dei primi piani privilegiati dalla cinepresa) appartiene di diritto all’onnipresente gallo da combattimento che il giovane “Rafo” Polk (interpretato da Eduardo Minett, reduce dal successo di numerose serie televisive) porta sempre con sé nel viaggio di ritorno dal Messico al Texas. Viaggio che Milo accetta di compiere per mal riposta amicizia nei confronti del suo ex manager di sempre, che preso da improvviso (e interessato, si saprà solo verso la fine del racconto) rigurgito d’amore paterno, gli chiede (l’azione si svolge nel 1979-80) di recarsi in Messico per riportare a casa suo figlio, che, afferma, la madre rifiuta di lasciarlo tornare dal padre.

Un lungo viaggio dal Texas al Messico e ritorno, che dapprima sembra facile nonostante l’iniziale ostilità del ragazzo tredicenne, ma che ben presto si complica per la volontà di vendetta della potente (è legata ai clan del narcotraffico) e poco “materna” moglie e madre (interpretata dalla brava Fernanda Urrejola) la quale scatena i suoi scagnozzi sulle piste dei due fuggitivi e denuncia Milo di rapimento. Ne nasce così un complesso percorso a inseguimento lungo il confine dei due Stati sorvegliato dai “federales” e da poliziotti corrotti, nonché dagli uomini della mamma che più volte avevano punito corporalmente l’indisciplinato ragazzo, ma anche tale da permettere l’incontro di persone per bene come la vedova proprietaria del luogo di ristoro, dove l’uomo e il ragazzo trovano protezione, ricovero e affetto.

Ben girato e ottimamente interpretato (anche con un saporito pizzico di ironia), ne nasce così uno strano western inevitabilmente senile in cui il vecchio Milo si guadagna da vivere domando i cavalli selvaggi di un vicino e nel corso del quale ricorrono, in modo ugualmente inevitabile, le autocitazioni di alcune opere precedenti di Eastwood: dai già citati Gran Torino a The Mule, sino al ballo tardamente sentimentale con la bella vedova (Natalia Traves) che ricorda un quarto di secolo dopo  quello di Eastwood con Meryl Streep in I ponti di Madison County.

Anche se forse non è uno dei suoi film migliori, Cry Macho è però, anche in virtù di queste autocitazioni, una delle opere di Clint più riconciliate con la vita e capace di suscitare l’affetto dello spettatore (e non solo quello dei suoi tanti fans) per la tenerezza con cui vengono descritti i suoi personaggi.  C’è infatti nel film un autentico amore per gli esseri umani. Per tutti. Anche per quegli sciagurati genitori che per egoismo reciproco ora si contendono il figlio e per le pur corrotte forze dell’ordine; ma soprattutto per i giovani e le donne, verso i quali Eastwood dimostra qui un autentico affetto.

Il risultato è che, rinunciando per età alla dinamica violenza di personaggi come Callaghan, e alla “spietata” volontà di vendetta dei suoi ultimi western, Clint Eastwood dimostra, invecchiando, non solo di essere diventato più “buono”, ma che ha saputo anche mettere le sue capacità di attore e di regista al servizio di un umanesimo che, pur essendo a volte anche un po’ stucchevole, dimostra ancora oggi la sua virtù artistica, facendoci rimpiangere che un grande cineasta come lui abbia ormai più di novant’anni e possa solo farci sperare che riesca a trovare ancora le forze per realizzare altri film come questo. Li aspettiamo. E noi “cinéphiles”, come spero tutto il cinema internazionale, ne avvertiamo il bisogno.

 

 

 

CRY MACHO – IL RITORNO A CASA

(Cry Macho – USA 2021)  regia: Clint Eastwood – soggetto: dal romanzo di N. Richard Nash – sceneggiatura: N. Richard Nash e Nick Schenk – fotografia: Ben Davis – musica: Mark Mancina – scenografia: Ronald R. Reiss – costumi: Deborah Hopper – montaggio: Joel e David Cox. interpreti e personaggi: Clint Easwood (Michael “Mike” Milo), Eduardo Minett (Rafael “Rafo” Polk), Natalia Traven (Marta), Dwight Yoakam (Howard Polk), Fernanda Urrejola (Leta), Horacio Garcia-Rojas (Aurelio)  distribuzione: Warner Bros. – durata: un’ora e 44 minuti

 

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