“Qui rido io” di Mario Martone

di Aldo Viganò.

Come accade sovente a molti registi italiani, anche la filmografia di Mario Martone è caratterizzata da opere che, nonostante le sue ambizioni autoriali, hanno soprattutto l’andamento di uno sceneggiato televisivo.

E puntualmente questo si ripete anche in Qui rido io che, pur ammantato nel sogno di rievocare il diritto del comico e di comporre il ritratto dell’Italia negli anni a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, finisce con essere solo poco più di una biografia un po’ romanzata del commediografo e attore Eduardo Scarpetta (1853 – 1929), con al centro la sua famiglia allargata composta soprattutto con la complicità delle tre De Filippo (Rosa, Luisa e Anna, madri di cinque dei suoi figli), nonché la storica disputa legale con Gabriele D’Annunzio per il plagio denunciato di La figlia di Iorio, con la sua parodia in versi intitolata Il figlio di Iorio.

Interpretato nel ruolo del protagonista da Toni Servillo, Qui rido io inizia con gli anni dei trionfi napoletani di Scarpetta e cioè con le rappresentazioni di Miseria e nobiltà, per dipanarsi poi in tanti capitoli divisi l’uno dall’altro dal risuonare fuori campo di molte e celebri canzoni partenopee.

Mentre ciò concorre ad accentuare quella che dicevo essere la prevalente impostazione televisiva del film, per raccontare la biografia del più grande teatrante napoletano intervengono poi anche tre giovani attori (Marzia Onorato, Alessandro Manna e Salvatore Battista)  impegnati ad abbozzare i ritrattini “da giovani” dei fratelli Titina, Eduardo e Peppino: figli non “legittimati” di Luisa De Filippo, nipote della moglie  Rosa De Filippo, della quale Scarpetta aveva consapevolmente riconosciuto il primogenito nato dalla relazione adulterina con il re Vittorio Emanuele II in persona. Si forma così il primo abbozzo di quella grande famiglia composta da otto figli, comprendente i due “legittimi” partoriti da Rosa e i tre “non riconosciuti” avuti da Luisa; nonché Maria, figlia dell’insegnante di musica Francesca Giannetti e gli altri due nati dal concubinaggio  con la sorellastra della moglie, Anna: uno dei quali riconosciuto poi da Vincenzo Murolo, padre del cantautore Roberto.

Tra un figlio e l’altro,  il prolifico Scarpetta (ammiratore e discepolo di Antonio Petito, il più famoso Pulcinella dell’Ottocento) trovò modo di scrivere e interpretare decine di commedie che ai suoi tempi ne fecero il più popolare autore e attore  del teatro napoletano ed è proprio dal più grande dei suoi successi (Miseria e nobiltà) che prende le mossa il film di Martone, il quale  sposta poi sempre più il centro dell’interesse drammaturgico del suo racconto cinematografico sulla causa legale che D’Annunzio intraprese contro Scarpetta dopo di avergli fatto balenare la possibilità dell’autorizzazione a comporne la parodia.

Fu questo uno dei processi più clamorosi degli ambienti teatrali del primo decennio del Novecento. E Mario Martone – facendo sovente ricorso a un napoletano stretto, bisognoso di sottotitoli – lo rievoca attraverso lo schieramento dei commediografi Bracco e Di Giacomo (forse invidiosi) contro Scarpetta e di Benedetto Croce a suo favore, ma in modo ancora più convincente con la collaborazione e l’aiuto di Toni Servillo, il quale dà voce al protagonista  mentre s’impegna nella caratterizzazione dell’attore che in tribunale interpreta istrionicamente colui che è impegnato a difendere il proprio diritto comico alla parodia (cosa molto diversa dal plagio) degli autori più famosi, dando così origine e legittimazione al teatro “leggero” nei confronti di quello ufficiale e “serioso” che, anche tramite D’Annunzio, andava allora per la maggiore.

Tutto questo, in Qui rido io, Martone lo racconta con la sua collaudata eleganza, avendo cura di evidenziare che lui personalmente si schiera tutto dalla parte di Scarpetta e contro D’Annunzio; Ma questa dichiarazione, con la quale non è oggi difficile essere d’accordo,  resta poi soprattutto relegata sul piano ideologico, perché  troppo schematica nell’assunto e molto generica sul piano estetico: poco convincente infine sia nelle scelte strutturali che negli esiti squisitamente comici di un film molto frammentario e sempre troppo incerto sulla via rappresentativa da intraprendere.         

 

 

QUI  RIDO IO

(Italia e  Spagna, 2021)

Regia: Mario Martone – soggetto e sceneggiatura: Mario Martone e Ippolita Di Majo – fotografia: Renato Berta – musica: canzoni del repertorio napoletano – scenografia: Giancarlo Muselli e Carlo Rescigno – costumi: Ursula Patzak – montaggio: Jacopo Quadri – interpreti e personaggi: Toni Servillo (Eduardo Scarpetta),  Maria Nazionale (Rosa De Filippo), Cristiana Dell’Anna (Luisa De Filippo), Eduardo Scarpetta (Vincenzo Scarpetta), Roberto De Francesco (Salvatore Di Giacomo), Lino Musella (Benedetto Croce), Paolo Pierobon (Gabriele D’Annunzio), Iaia Forte (Rosa Gagliardi), Nello Mascia (giudice istruttore).

Distributore: 01 Distribution – durata: due ore e 13 minuti

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