“Chiamami con il tuo nome” di Luca Guadagnino

di Aldo Viganò.

Non esageriamo con gli elogi. Nemmeno con l’orgoglio nazionale per aver ottenuto quattro nominations agli Oscar con un film interpretato da attori stranieri e parlato in inglese. E neanche con le citazioni culturali. Perché Bernardo Bertolucci non c’entra proprio con il tono di questo racconto d’iniziazione sentimentale e Jean Renoir è inesorabilmente molto lontano dal calligrafismo patinato di “Chiamami con il tuo nome”.

Il quinto lungometraggio di Luca Guadagnino (classe 1971) è solo un piccolo film con lo sguardo rivolto al mercato internazionale che cerca di sedurre riservando una particolare attenzione all’aspetto figurativo della storia raccontata e al paesaggio scelto con cura in prevalenza nella campagna lombarda tra Bergamo e Cremona. È un tenero e languido melodramma su una relazione omosessuale consumata nel corso di un’estate, tra passeggiate in bicicletta, feste danzanti nella piazza del paese e nuotate in piscina o negli slarghi del fiume locale.

Tutto ha inizio quando il padre di Elio (interpretato questo dal giovane statunitense Timotèe Chalamet), come suole fare ogni anno, invita nella sua tenuta italiana un proprio allievo americano che ha il bel aspetto di Armie Hammer. Tra Oliver ed Elio nasce subito un reciproco gioco di complici sguardi destinati, nonostante le parallele esperienze eterosessuali con due ragazze del posto, a sfociare in un intenso rapporto fisico, osservato con  accondiscendente curiosità dai colti genitori del protagonista.

Guadagnino mette in scena questa relazione tra i due giovani con evidente complicità. Ne sa cogliere le sfumature in rapporto con gli scorci paesaggistici scelti sempre con forte valenza metaforica. Ne osserva gli sviluppi sino all’inevitabile separazione con il finire delle vacanze. E, nel rispetto delle convenzioni narrative del melodramma, non nega neppure allo spettatore una lunga spiega di quanto è accaduto, tramite il commento partecipe e commosso (“Un po’ invidio questa tua esperienza”) del padre di Elio.

Così va la vita. Con il suo inevitabile corollario d’intimità e di lacrime. Sino al lungo primo piano sul volto di Chalamet che suggella la conclusione del film, qualche tempo dopo. La vita che comunque va avanti. L’amico annuncia al telefono il suo imminente matrimonio e, come anticipatogli dal padre, anche Elio ha davanti a sé un nuovo futuro. L’happy end è garantito. Anche se con malinconia.

Come già aveva fatto in “Io sono l’amore”, Guadagnino punta le sue carte migliori sul rapporto tra la natura e i personaggi di cui diventano parte, ma così facendo guadagna solo in lirismo quello che inesorabilmente perde in forza narrativa. E consegna al grande schermo un film esplicitamente complice di quella relazione omosessuale, con tutto quanto di torbido e ammiccante è in essa presente.

Come già accadeva in “Maurice” (film scritto e diretto nel 1987 da James Ivory, che di “Chiamami con il tuo nome” ha firmato la sceneggiatura), anche quello di Guadagnino è un lungometraggio (troppo lungo, nelle sue più di due ore di durata) che racconta con delicatezza le tentazioni sentimentali dei due giovani. E lo fa in modo intimo, con un film fondamentalmente incapace di aprirsi verso uno sguardo più ampio e articolato sull’esistenza. Questo fa di “Chiamami con il tuo nome” un racconto di fatto molto privato e piccolo, anche se questa volta (a differenza di quanto accadeva in “Maurice”) Guadagnino e Ivory si concedono il lusso di esplicite concretizzazioni carnali di quella giovanile e intensa relazione omosessuale.

  

CHIAMAMI CON IL TUO NOME

(Call Me by Your Name, Italia-Francia-Brasile-USA, 2017)  Regia: Luca Guadagnino – soggetto: dal romanzo di André Aciman – sceneggiatura: James Ivory – fotografia: Sayombhu Mukdeeprom – musica: Sufjan Stevens – scenografia: Samuel Deshors – costumi: Giulia Piersanti – montaggio: Walter Fasano. Interpreti e personaggi: Timothèe Chalamet (Elio Perlman), Armie Hammer (Oliver), Michael Stuhlbarg (prof. Perlman), Amira Casar (Annella Perlman), Esther Garrel (Marzia), Victoire Du Bois (Chiara). Distribuzione: Warner Bros. – durata: 2 ore e 12 minuti

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