Libri e riviste – Numero 95


nero avatiNero Avati
di Ruggero Adamovit, Claudio Bartolini, Luca Servini (Le Mani, Recco 2011)
Dopo “Il gotico padano”, ecco un altro libro utilissimo rivolto ai cultori di Pupi Avati e in particolare ai fan della sua prima fase, quella più estrosa e fantastica che va dagli esordi di Balsamus (1968) all’horror Zeder (1983), passando attraverso Thomas… gli indemoniati (1969), La mazurka della santa, del barone e del fico fiorone (1974), Bordella (1975), La casa dalle finestre che ridono (1976), Tutti defunti… tranne i morti (1977) o Le strelle nel fosso (1978). Il volume guarda soprattutto alle curiosità del set, raccogliendo le testimonianze di attori e collaboratori come Gianni Pizzirani, Lino Capolicchio, Cesare Bastelli, Gianni Minervini, Steno Tonelli (figlio di Bob). Della Mazurka, Avati ricorda la propria reverenza psicologica nei confronti di Tognazzi: “alla fine di ogni ciak, anziché dire stop, dicevo grazie”. Anni dopo, quando il regista era ormai affermato e l’attore si ritrovava invece emarginato dall’industria, Avati volle Tognazzi come protagonista di Ultimo minuto, nella speranza di rilanciarlo: “volevo anche dimostrargli di essere cresciuto, di avere imparato e di non aver dimenticato cosa aveva fatto per me. Secondo me e sua moglie è una delle sue interpretazioni più belle”.

romy schneiderRomy Schneider
di Hildegard Knef (Gremese, Roma 2011, pp.157, 12 euro)
Su Romy Schneider esistono già svariate monografie, soprattutto in paesi come la Francia dove il mito dell’attrice è rimasto più forte. Ma questo libro tradotto adesso in Italia ha la particolarità di essere scritto da una sua collega, come era appunto Hildegard Knef (1925-2002), star del cinema tedesco del dopoguerra attiva per qualche tempo anche a Hollywood. Più che analizzare le interpretazioni della Schneider, il libro ci racconta così la sua esperienza umana: l’infanzia tra genitori assenti (madre attrice, padre attore sempre lontano); il collegio in cui fu rinchiusa e da cui fu tirata fuori per essere gettata direttamente sul set, senza alcuna esperienza teatrale; l’oppressione di una madre autoritaria, decisa a sfruttare il successo della figlia… Il successo arrivò col ciclo di Sissy, cui fece seguito immediatamente il trasferimento in Francia, il legame con Alain Delon, l’affermazione teatrale grazie a Visconti, una carriera destinata ad essere sempre più frenetica negli ultimi anni: anche perché, come spiega ampiamente il libro, Romy Schneider era incapace di amministrare i suoi soldi, e dopo essere stata depredata da madre e patrigno aveva finito per dissipare i guadagni con amanti giovani e spendaccioni, coprendosi di debiti. Quanto al mistero della sua morte, sostiene Curt Riess nell’introduzione, mise un ostacolo decisivo Alain Delon, impedendo l’autopsia.

l'alba degli zombieL’alba degli zombie
di Danilo Arona, Selene Pascarella, Giuliano Santoro (Gargoyle, Roma 2011, 267 pp., 17 euro)
L’epopea degli zombie e il cinema di George A.Romero raccontati a partire da La notte dei morti viventi, il film che nel ’68 non ha solo sconvolto e rivoluzionato il genere horror, ma ha anche fornito una potente chiave metaforica per l’interpretazione del mondo contemporaneo. Nella prima parte, un esperto di horror come Danilo Arona ricostruisce il ciclo a partire dal suo capostipite: tra le altre cose, analizza l’impatto dei film sulla cultura cinefila del momento e ricorda come il regista abbia sempre detto di aver preso spunto dalla lettura di I Am a Legend di Richard Matheson e di non aver voluto intenzionalmente rispecchiare nel suo primo film le violenze e gli orrori del Vietnam. Gli altri interventi di Giuliano Santoro e Selene Pascarella approfondiscono le ricadute culturali della Dead Saga, soffermandosi sull’uso simbolico nelle più diverse discipline, o più in generale sul tema della pandemia permanente e della minaccia del contagio globale. In appendice, una lunga intervista di Paolo Zelati a Romero: tra le altre cose, dice “gli zombie sono solo un simbolo del cambiamento rivoluzionario in una società, qualunque esso sia: è una metafora che trova il suo centro nella relazione delle eprsone nei confronti dei cambiamenti (…) Una cosa che ho sempre pensato di comunicare attraverso questi film è che loro, cioè gli zombie, non sono altro che noi stessi. Loro erano come noi e ora, forse, sono colamente una nostra variante”.

cuore tenebra apocalisseDal cuore di tenebra all’Apocalisse
a cura di Luigi Cimmino, Daniele Dottorini, Giorgio Pangaro (Rubbettino, Soveria Mannelli 2011, 205 pp., 14 euro)
Cuore di tenebra di Joseph Conrad e Apocalypse Now di Francis Ford Coppola analizzati attraverso una serie di saggi che forniscono altrettanti incroci disciplinari: con interventi di anglisti, specialisti di Conrad, studiosi di cinema e di letteratura, di storia e di politica, di psicoanalisi e di musicologia. Mario Curreli ricorda Riusciranno i nostri eroi… di Scola come “prima traduzione intersemiotica di Cuore di tenebra”, Dario Biocca affronta la questione imperialista rievocando la storia tragica dell’ex-Congo belga come dominio personale di Leopoldo II (“un genocidio di dimensioni allora sconosciute, un olocausto in cui persero la vita milioni di donne, uomini e bambini”), e così via fino a Gianni Sarro che ricostruisce l’accoglienza critica del film in Italia. Con ampia bibliografia critica.

cinecriticaCineCritica
(n.61-62, gennaio-giugno 2011, pp.134, 8 euro)
La rivista del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) dedica il primo piano di questo numero a Stefano Incerti, con una lunga intervista all’autore di Gorbaciof curata da Anton Giulio Mancino e saggi dello stesso Mancino e di Goffredo Di Pasquale. Incerti rievoca tutta la sua carriera e come “film della vita” indica C’era una volta in America. Tra gli altri argomenti affrontati, il cinema ispanoamericano, il cinema e Il Capitale di Marx, Herzog e Caspare David Friedrich, Zurlini, John Barry, i registi italiani Agostino Ferrente e Fabio Caramaschi.

audrey hepburnAudrey Hepburn.
La principessa di Tiffany di Robyn Karney (Gremese, Roma 2011, 189 pp. 25 euro)
“Audrey mi fa volare, mi rende leggero. La guardo e sto bene“. La frase è di Stanley Donen ed è uno dei tanti giudizi sulle qualità umane ed artistiche della Hepburn, riportati nella nuova edizione del libro sulla carriera cinematografica dell’attrice scritto da Robyn Karney, già autrice del volume dedicato a Burt Lancaster sempre per la collana Cinema & Miti. La vita dell’attrice (1929 – 1993) viene suddivisa in capitoli che raccontano i momenti salienti del suo percorso privato, inscindibilmente unito a quello artistico: l’infanzia agiata, l’adolescenza resa difficile dalla guerra, le prime lezioni di ballo con Sonia Gaskell, l’incontro con Colette che la scelse per interpretare Gigi, i matrimoni, i due figli, gli amanti, l’amicizia con David Niven e Givenchy, l’amore per gli animali, la sua missione come ambasciatrice dell’UNICEF. Tutti i suoi film, dai cinque del debutto nel 1951, al successo raggiunto con Vacanze romane di Wyler del ’53, fino alla sua ultima apparizione in Always – Per sempre di Spielberg nell‘89, passando per le pellicole realizzate con Billy Wilder, Stanley Donen, Blake Edwards, George Cukor, sono analizzati criticamente e raccontati con dovizia di particolari riguardanti non solo gli stati d’animo dell’attrice, le sue apprensioni e i suoi entusiasmi, ma anche l’atteggiamento che il regista e gli altri interpreti avevano nei confronti del film e della Hepburn. Il racconto dei molti fuori scena, a volte drammatici, altre volte divertenti ma sempre decisamente interessanti, rende la narrazione ancora più accattivante. Il tutto è arricchito e movimentato da moltissime foto in bianco e nero e a colori, e da dichiarazioni di amici, familiari, personaggi del cinema che hanno avuto il piacere di incontrarla. Billy Wilder, che la adorava ed era stato suo vicino di casa sul Wilshire Boulevard, le dedicò molte ammirate riflessioni, tra le tante, una ne mette in risalto la leggendaria eleganza: “Non si era mai vista una come lei dai tempi della Garbo, a parte forse Ingrid Bergman. Dopo tante e tante cameriere da drive-in, con lei finalmente anche nel cinema è arrivata la classe”.
(di Antonella Pina)

doppiaggio cinema italianoIl doppiaggio nel cinema italiano
A cura di Massimo Giraldi, Enrico Lancia, Fabio Melelli (Bulzoni, Roma 2010, 333 pp., 30 euro)
Sul doppiaggio e sui doppiatori esiste in Italia una buona bibliografia, ma l’apporto di questo libro fondamentale è particolarissimo: affronta infatti non il doppiaggio dei film stranieri, ma all’interno degli stessi film italiani! E cioè quel fenomeno per cui, fin dagli anni Trenta, alcuni attori italianissimi venivano doppiati da altri, dando a volte origine a curiosi cortocircuiti. Il fenomeno comincia a dilagare dal 1936, quando Roberto Villa, giovane divo per ragazzine, viene doppiato da Mario Pisu nel film Il grande appello: paradossalmente, Villa diventerà un attivissimo doppiatore nel dopoguerra! In film molto più vicini a noi, sono proverbiali i casi di attori famosi doppiati da altri attrettanto celebri, come Sordi che dà la voce a Mastroianni in Domenica d’agosto. O casi in cui un attore viene doppiato, ma a sua volta presta la voce a un altro interprete dello stesso film!
Il volume di oltre trecento pagine stampate su due colonne, si divide in tre parti. La prima traccia una storia del doppiaggio nel cinema italiano attraverso i decenni. La seconda presenta una serie di schede sui vari doppiatori, citando gli attori italiani che hanno doppiato e (per facilitare l’identificazione) anche alcuni attori stranieri. In questa sezione, spicca per interesse la schedatura degli attori italiani doppiati: da casi famosi come quelli di Claudia Cardinale e Sophia Loren, Massimo Girotti e Giuliano Gemma, ad altri più sorprendenti, come Giorgio Albertazzi, Paola Borboni, Walter Chiari, Gabriele Ferzetti e tanti altri. Vittorio Gassman è ad esempio doppiato in una decina di film, oltre a quelli hollywoodiani, da Anna a La tratta delle bianche. Il motivo di queste soluzioni bizzarre varia da caso a caso: talvolta poteva essere scelta una voce più adatta al ruolo, spesso poteva trattarsi di indisponibilità dell’attore, impegnato al momento della registrazione dei dialoghi. Questo, al di là dei casi in cui ad essere doppiati erano interpreti ancora inesperti o con una voce considerata inadeguata: ad esempio, molti cantanti di musicarelli nelle parti dialogate. Infine, la terza parte del volume è dedicata ad interviste con doppiatrici e doppiatori: e siccome si tratta di personaggi importanti che raramente possono parlare del loro lavoro, si tratta di testimonianze particolarmente interessanti. Scritto dagli esperti Enrico Lancia, Massimo Giraldi e Fabio Melelli, con introduzione di un osservatore particolarmente attento come Claudio G.Fava che è da anni direttore artistico del festival “Voci nell’ombra”, al cui direttore organizzativo Bruno Paolo Astori si deve invece la postfazione.

Postato in Libri e riviste, Numero 95.

I commenti sono chiusi.