Terraferma – L’isola e il mare


terrafermaFedele alla sua idea di un cinema realisticamente metaforico, Emanuele Crialese ha individuato nella dimensione insulare lo spazio ideale della sua ispirazione poetica. L’isola diventa così il luogo in cui le tradizioni si sedimentano e, insieme, la prigione dalla quale si vuole fuggire: sia per vincere la depressione (Respiro), sia per poter sognare il futuro (Mondo nuovo). Ma l’isola è anche la “terraferma” circondata dal mare: approdo sognato da chi affida alle onde la propria disperazione e punto di partenza per chi spera nel diverso. Nel suo ultimo film premiato a Venezia, Crialese sembra voler sintetizzare quanto già detto e sviluppato nelle sue opere precedenti. In Terraferma, tre generazioni si confrontano con l’insularità e con le trasformazioni etico-sociali provocate dal turismo e dai fenomeni migratori. Fedele alle leggi del mare, il nonno Ernesto (Mimmo Cuticchio) accoglie a bordo del suo piccolo peschereccio un pugno di naufraghi, i quali fuggono nella notte appena giunti a terra; ma Sara (interpretata da Timnit T. protagonista di una vicenda simile a Lampedusa) resta, perché sta per partorire. Poi, c’è la madre Giulietta (Donatella Finocchiaro), che il mare ha reso vedova e insofferente di quel mondo circoscritto. E’ lei che fa nascere la figlia di Sara, ospitandola suo malgrado nel garage; ma è anche lei che vorrebbe spingere il figlio Filippo (Filippo Pucillo) a cercare fortuna nel Continente. L’estate è vicina e con le nuove leggi i controlli della Guardia di Finanza e dei Carabinieri si fanno sempre più stringenti, anche perché i turisti stanno per arrivare. Educato dal nonno al rispetto delle tradizioni, incitato dallo zio Nino (Beppe Fiorello) ad approfittare delle risorse offerte dai villeggianti, turbato dalla presenza in casa sua (affittata dalla madre per la stagione) di una bionda coetanea arrivata dal nord (Martina Codecasa), Filippo diventa il protagonista di un viaggio di formazione, che lo obbliga a scelte etiche e sociali, per le quali non possiede gli strumenti culturali. E’ questa la componente più interessante e personale del film, che Crialese costruisce con forti salti narrativi e privilegiando le “scene madri”. Quelle notturne in cui appaiono come fantasmi le nere ombre dei clandestini, ma anche quella della provocatoria risposta dei pescatori all’arroganza del potere costituito. Quelle, invero alquanto maldestre nella loro appiattimento sui modelli dello stile “vanziniano”, del coreografico parco di divertimenti testardamente animato dallo zio Nino; quella efficace del parto e quella speculare dei turisti che accolgono i cadaveri dei fuggiaschi, gettati dal mare sulla spiaggia. Il mare, appunto. Nei momenti più ispirati di Terraferma, Crialese lo eleva a vero protagonista del film: testimone silente nelle numerose riprese subacque o, soprattutto nel finale, limacciosa divinità arcaica alla quale l’inquadratura dall’alto affida il futuro di Sara e di Filippo.

(di Aldo Viganò)

Terraferma
(Italia, 2011)
Regia e soggetto: Emanuele Crialese – Sceneggiatura: Vittorio Moroni e Emanuele Crialese – Fotografia: Fabio Cianchetti – Musica: Franco Piersanti – Scenografia: Paolo Bonfini – Costumi: Eva Coen – Montaggio: Simona Paggi.

Interpreti: Donatella Finocchiaro (Giulietta), Beppe Fiorello (Nino), Mimmo Cuticchio (Ernesto), Filippo Pucillo (Filippo), Martina Codecasa (Maura), Tiziana Lodato (Maria), Timnit T. (Sara).

Distribuzione: 01 Distribution – Durata: un’ora e 28 minuti

Postato in Numero 94, Recensioni, Recensioni di Aldo Viganò.

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