Los Angeles Neon-Noir – Intervista a Nicolas Winding Refn


Nicolas Winding RefnUna strepitosa sequenza d’apertura, un’estetica eighties rafforzata da una colonna sonora che è già cult, il premio per la migliore regia. Drive di Nicolas Winding Refn, regista danese con otto film all’attivo, ha sedotto giuria e spettatori dell’ultimo Festival di Cannes con le sue atmosfere noir astratte e dilatate, il romanticismo esasperato, le improvvise esplosioni di violenza e una struggente malinconia. Tratto da un romanzo breve di James Sallis, il padre dell’investigatore Lew Griffin, ha per protagonista uno stuntman (Ryan Gosling) che nel tempo libero offre i suoi servigi di pilota virtuoso e imprendibile a rapinatori e uomini della mafia. Personaggio opaco, “Driver” è un eroe che parla poco ma capisce tutto e prende sostanza con il passare del tempo, plasmato dai lunghissimi primi piani e dai lenti travelling che lo avvolgono. Da puro oggetto della finzione, vuoto e senza identità, diventa un essere umano dotato di un’anima, capace di sacrificarsi nel caos della violenza per amore e per difendere l’innocenza altrui. Una presenza mitologica, come e più di Bronson e del guerriero divino di Valhalla Rising. Alla prima trasferta hollywoodiana, Refn mette il suo talento considerevole – un equilibrio ideale e profondamente personale tra l’immagine, il suono e il movimento – al servizio esclusivo del suo soggetto, alternando ambientazioni e personaggi da b-movie a folgorazioni poetiche, feroci inversioni di registro a sospensioni sorprendenti ed emozionanti. Drive è un magnifico omaggio ai noir e ai gangster movie americani di fine anni settanta e inizio anni ottanta, un Vivere e morire a Los Angeles depurato e morale.

Come è nato il progetto Drive, come è finito a dirigere un film a Hollywood?
La sceneggiatura era in mano alla Universal da diversi anni, il progetto originario era un action movie da sessanta milioni di dollari con Hugh Jackman protagonista. Hanno cercato di realizzarlo inutilmente per sei anni. Poi è passato di mano e lo hanno proposto a Ryan Gosling ed è stato lui a volere me, dopo aver visto Valhalla Rising. Io me la sono immaginata così: Ryan cercava il regista ideale per la sua idea di noir e, come Steve McQueen ha voluto Peter Yates per Bullit e Lee Marvin chiese John Boorman per Senza un attimo di tregua, lui ha pensato che fossi la persona giusta per ottenere un certo tipo di risultato (ride). Questa è l’origine di un matrimonio fortunato, Ryan mi ha regalato un’opportunità straordinaria e il nostro legame è stato fortissimo fin dall’inizio.
Qual è stata la nuova direzione che avete imposto alla sceneggiatura?
La prima decisione importante è che volevamo fare un film su un uomo e una macchina. Con tutto il feticismo del caso. Io non so guidare ma sono molto sensibile all’estetica della velocità e delle automobili, che è ovviamente supercinematografica. Ho ricominciato da capo leggendo il romanzo di Sallis, una storia molto bella con una struttura semplice e diretta, e mi sono accorto che nella sceneggiatura della Universal molti elementi preziosi erano state soppressi. Per esempio avevano eliminato completamente tutta la parte che riguardava il suo lavoro di stuntman, perché volevano estrarre dal plot le eventuali potenzialità action, trasformarlo in un franchise alla Fast and Furious. Ho riportato il romanzo nella sceneggiatura e ho amplificato alcuni elementi ambientali, soprattutto quell’aspetto da noir scintillante che Los Angeles porta con sé naturalmente. Ecco, volevo spingermi più in là ed esplorare un sottogenere più preciso e meno praticato, che oggi potremmo definire il neon-noir (ride).
Si è parlato a proposito di Drive di apologo morale, è un film che ha l’andamento di una favola crudele.
Crudele? No, direi piuttosto tradizionale, le favole sono per loro statuto crudeli. Anni fa ho cominciato a leggerle alla mia bambina, prima che si addormentasse, e ne sono rimasto affascinato per la forza primordiale che hanno i personaggi e la semplicità primitiva delle emozioni che esprimono. Il protagonista di Drive è mitologico, come John Wayne o come Shane, il “cavaliere della valle solitaria”, non arriva dalla realtà ma esce diritto dal folklore americano. È l’uomo che arriva dal nulla e protegge l’innocenza contro il male senza ragione che compiono i suoi simili. Ma è anche molto femminile ed esorcizza I suoi demoni interiori sacrificandosi per la bontà dell’amore e per i suoi ideali di purezza assoluta.
Ryan Gosling è un protagonista eccezionale, capace di alternare momenti di gelida ferocia ad altri di spiazzante tenerezza.
Ryan è un attore straordinario, è James Dean e James Stewart insieme, Charles Bronson e Alain Delon, Marcello Mastroianni e Clint Eastwood. Il suo personaggio ha nel film poco più di 25 battute, eppure è capace di attraversare l’intero spettro dell’animo umano, dal vendicatore senza pietà alla madre preoccupata per il suo bambino. Io lavoro molto fidandomi dell’istinto e quando ho incontrato Ryan ho capito che era l’uomo perfetto per un progetto perfetto. È bello quando entrambi i genitori vogliono crescere il proprio bambino, in questo caso Drive, allo stesso modo.
Il budget era molto ridotto per una produzione hollywoodiana, quasi da film indipendente. Ma il salto ad un sistema produttivo più strutturato, industriale, immagino abbia avuto i suoi effetti: quanto si è liberi oggi a Hollywood?
Come molti miei coetanei e cinefili sono imbevuto di mitologia americana, soprattutto di film di genere. Il budget era ristretto ma gestibile, con il lavoro di preparazione – notti e notti a girare per Los Angeles in macchina con Ryan – avevo già tutto il film in testa e sul set non ho avuto bisogno di molte coperture. D’altra parte avevo sei settimane a disposizione per girare, non un giorno di più, e lo sapevo fin dall’inizio. Hollywood è da anni in mano a delle corporation molto dispotiche e vive nella paura di sbagliare “prodotto” ma esistono ancora delle persone intelligenti che si sanno smarcare da questo dominio e con cui si può ipotizzare di lavorare con una buona libertà. Tutto sommato sono fiducioso.

(di Roberto Pisoni)

Postato in Interviste, Numero 94.

I commenti sono chiusi.