Rassegna le strade del noir – Evoluzione storica


Il mistero del falcoEvoluzione storica
Per la maggior parte di critici e studiosi, il noir inizia negli anni ’40, ha il suo apice in questo decennio e la sua fine tra l’inizio e la metà degli anni ’50, almeno per il suo periodo classico.

Considerato il fatto che molti capolavori del genere sono stati realizzati proprio tra metà e la fine degli anni ’50, basti pensare a L’infernale Quinlan (O. Welles, 1958), noi siamo più propensi a ritenere che la fine del primo ciclo sia da attenersi verso la fine del decennio.

Qual è stato però il primo noir della storia del cinema?

Se la maggior parte di critici vede in Il mistero del falco – film con Bogart nel ruolo di un detective privato in preda ad una trama intricata e ad una pericolosa dark lady – il capostipite del filone, non bisogna dimenticare il B-movie Lo sconosciuto del terzo piano (B. Ingster, 1940) – una sorta di pre-noir – in cui sono presenti molte caratteristiche del genere: le ombre e le inquadrature distorte che richiamavano all’espressionismo, l’uso delle soggettive, la voce off e la continua oscillazione tra la realtà e il sogno, tra verità e menzogna.

Anche se negli anni ’40 e ’50 il noir ha avuto diverse tendenze ed evoluzioni (la differenza tra la produzione A e quella, forse primaria, B; la corrente semi documentaristica; la concentrazione sul detective privato nei ’40 e sul comune poliziotto nei ’50; ecc.), tale periodo viene visto come un unico ciclo, il primo di questo genere.

In ogni caso, gli avvenimenti che decretarono la fine della prima fase del genere sono molteplici, ma quelli che prenderemo in considerazione sono tre: produttivo, fotografico e teorico.

L’evento della televisione mise in crisi molte case cinematografiche: quelle maggiori dovettero abbandonare il settore B (da cui provenivano molti noir importanti), mentre quelle minori e povere chiusero del tutto i battenti.

Altro aspetto che ha contribuito alla fine del noir classico è l’avvento dell’espansione del colore.

Visto che molte ricerche visive del noir furono fatte in bianco e nero, il colore non era da subito adatto al genere, e il suo espandersi ha fatto in modo che questo a poco a poco finisse.

Il terzo aspetto, quello teorico, è forse quello più importante, perché oltre a decretare la fine del primo ciclo, ha influenzato anche il noir successivo.

Ebbene, negli anni ’50 e ’60 i critici francesi, ma non solo, cominciarono a definire che cos’era esattamente il noir, vedevano e raggruppavano determinate pellicole con caratteristiche simili in un ciclo, in un genere.

Così, con la consapevolezza di produrre dei film noir, anche lo spirito con cui si realizzavano mutò, soprattutto negli anni ’70.

In questo decennio, infatti, molti noir vennero girati a scopo nostalgico e citazionista, riprendendo gli stili e, soprattutto, le atmosfere classiche, senza quindi quello spirito “rivoluzionario” che aveva caratterizzato il ciclo dei ‘40/’50. L’esempio più calzante risulta indubbiamente uno dei capolavori di Roman Polanski, Chinatown (1974).

Allo stesso tempo, però, il genere venne fortemente rivisitato.

Questo è il caso, ad esempio de Il lungo addio (R. Altman, 1973), in cui la figura dell’ispettore Marlowe viene completamente rivisitata rispetto a quella classica incarnata da Bogart, e di Taxi driver (M. Scorsese, 1976), in cui la vicenda e il protagonista noir vengono messi in un contesto modernissimo e contemporaneo (l’opera è ambientata in una New York sporca e notturna del post Vietnam).

Oggi quello che è veramente sopravvissuto, più che il genere in sé (comunque ancora presente), è il suo spirito, la sua cupezza, il suo onirismo, che sono presenti in pellicole non immediatamente riconducibili al noir.

Basti pensare a due casi: Blade Runner (R. Scott, 1982) e parte della filmografia di David Lynch.

L’opera di Ridley Scott è considerata come uno dei migliori film di fantascienza della storia del cinema, sia per stile che per contenuti. Eppure la pellicola non può essere ricondotta solo al genere fantascientifico, in quanto i toni e l’atmosfera cupa e notturna, per non paralare dei tormenti che attanagliano il protagonista, rimandano moltissimo al noir.

David Lynch, a parte Velluto blu (1986), non ha mai realizzato dei noir veri e propri, ma in film come Mulholland Drive (2001) e Inland Empire (2006) estremizza una delle caratteristiche più importanti del genere: la confusione tra verità e menzogna, tra realtà e immaginazione.

In questi film, il cineasta porta alle estreme conseguenze questa fusione, come mai aveva fatto il noir, fino a sfociare in veri e propri incubi allucinati.

Altro film esempio curioso di come il noir sia entrato in altri generi è il piccolo capolavoro di Robert Zemeckis Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988).

La pellicola in questione in alcuni momenti e per alcune caratteristiche omaggia il genere: l’atmosfera iniziale, il tormentato investigatore privato, per la scena nel locale notturno, per il personaggio della dark lady (l’ormai mitica Jessica Rabbit).

L’opera, però, non può essere considerata un noir vero e proprio, in quanto lo unisce ad altre forme cinematografiche: la tecnica mista tra attori in carne ed ossa e personaggi d’animazione (tra cui la femme tale), la comicità slapstick tipica dei cartoni animati, dialoghi da commedia e un co-protagonista (il coniglio Roger) dal ruolo comico.

Insomma, il lavoro dio Zemeckis è un fantasy, che ha nella trama e nell’atmosfera noir una delle tante caratteristiche che lo rendono un film imprescindibile.

Un autore che invece sembra ritornare alla classicità del noir, pur mantenendo un aspetto moderno e certamente non troppo citazionista è James Gray, che con film come Little Odessa (1994) e I padroni della notte (2007) riporta temi e personaggi tipici del primo ciclo del genere: la crisi del poliziotto (e in tal caso anche del criminale), una descrizione critica dell’ambiente in cui è ambientata la vicenda, ecc.

È indubbio quindi che nel corso degli anni il noir abbia subito diverse rivisitazioni e modifiche, con pellicole che talvolta restavano comunque nella classicità, come nel caso di Gray o di certi film anni ’70, talvolta con opere che hanno portato avanti il discorso originale uscendo però completamente fuori dagli schemi, come in certi lavori di Lynch e di certa fantascienza.

In conclusione, abbiamo deciso di approfondire sette film dell’era classica per dare una panoramica più completa di quel periodo, che forse resta il più importante (certamente il più ricco) e il più puro del noir.

(di Juri Saitta e Nicola Garbarino)

Postato in SC-Rassegne, Spazio Campus.

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