Nessuno mi può giudicare

Nessuno mi può giudicareDopo la morte improvvisa del marito industriale nel ramo dei sanitari il quale la lascia sommersa di debiti e con un figlio di 9 anni che rischia di essere affidato ai servizi sociali, una “sciura” della Roma burina e coi soldi fatti da poco si ritrova catapultata dal benessere più caciarone al baratro della miseria.

Come venirne fuori? In un paese in cui sembra che tutto ruoti intorno a giovani donne brave a vendersi al migliore offerente in cambio del sogno a portata di mano, anche la protagonista di questo gustoso ritratto dell’Italietta amorale dei giorni nostri sceglie la via del rito abbreviato e accetta di farsi addestrare al nobile mestiere di escort di lusso da una professionista incontrata a una festa nel proprio giardino.

A metà tra l’analisi sociale e la commedia di costume, il lungometraggio d’esordio dello sceneggiatore di quasi tutti i film diretti da Fausto Brizzi ha il pregio di parlare dell’hic et nunc senza sembrare un film imposto dalla realtà che ci circonda incastonando con sapienza un ricco campionario di riuscite macchiette di quartiere su uno sfondo narrativo da neo-commedia all’italiana priva pero dei vezzi beceri di molti altri film analoghi. E se il film riesce nell’intento ambizioso prefissatosi, buona parte dei meriti va ascritta a Paola Cortellesi, grandiosa nel regalare al pubblico un’eroina del “mordi e non fuggire” che è l’imperativo kantiano dei tristi giorni toccati in sorte al nostro tramonto di civiltà.

(di Guido Reverdito)

Nessuno mi può giudicare
(Italia, 2011)
di Massimiliano Bruno con Paola Cortellesi, Raoul Bova

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