Libri e riviste (91)


Clint Eastwood
Clint Eastwooddi Alberto Castellano (Gremese, Roma 2010, 224 pp, 30 euro)
Tutta l’opera di Clint Eastwood film per film, dalle apparizioni giovanili in La vendetta del mostro o Tarantola, fino a Gran Torino, Invictus e all’ultimo Hereafter: cast, soggetto, antologia critica, più un’ampia introduzione, informazioni biografiche e un ricchissimo apparato iconografico…
Torna in libreria aggiornato lo “storico” libro di Alberto Castellano su Clint Eastwood, una guida realizzata quando ancora il regista di Mystic River non riceveva i consensi unanimi di oggi, ma era invece etichettato da molti come un attore inespressivo o un inaccettabile reazionario, ritrovandosi sostenuto da una pattuglia molto più ridotta (ma combattiva) di sostenitori. Nell’introduzione, Castellano si sofferma sul suo
stile di recitazione, su quell’understatement così tipico della grande scuola del cinema americano, ma che viene spesso scambiato per inespressività: uno stile fondato “sull’economia recitativa, sulla sottrazione piuttosto che sull’accumulo: i gesti, le parole, le espressioni sono
ridotti al minimo, la tonalità vocale e la comunicazione verbale sono misurate. Semplicità, essenzialità, naturalezza, laconicità, distacco ironico sono i tratti distintivi della recitazione eastwoodiana».

Halloween
Hallowen
di Massimo Causo e Davide Di Giorgio (Le Mani, Recco 2010, 149 pp, 14 euro)
Un libro tutto dedicato alla saga di Michael Myers, dal grande film di John Carpenter che diede praticamente il via al filone slasher, ai vari sequel che la serializzarono negli anni Ottanta e Novanta, fino alla recente ripresa “d’autore” firmata Rob Zombie, realizzata in controtendenza rispetto alla pratica del remake horror hollywoodiano.
Con appendice genealogica sulle varie relazioni familiari dei personaggi nella continuity principale e in quella secondaria dei dieci film che finora compongono la saga.

Patrie visioni
Patrie Visionidi Lino Micciché (Marsilio, Venezia 2010, 315 pp., sip)
Dieci saggi sul cinema italiano di Lino Micciché recuperati da volumi collettanei e ristampati a cura della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro e della Sic., la Settimana della Critica organizzata dal Sindacato nazionale Critici Cinematografici: due manifestazioni a suo
tempo volute e a lungo guidate da Micciché. Gli articoli raccolti vanno dagli anni ‘30 al gruppo di “Cinema”, dal neorealismo agli anni ‘60 e ‘70, con un ultimo intervento più breve sul “lungo decennio grigio”, gli anni ’80. Nella prefazione Bruno Torri individua in Micciché l’esempio
più valido e persuasivo di “critico totale”: un critico cioè che non si è occupato solo di film e registi, ma anche “di economia cinematografica, di politica cinematografica, di istituzioni cinematografiche, ben sapendo dello stretto rapporto dialettico esistente tra il cinema e i film”.

Psycho & Psycho
Psyco & Psycodi Massimo Zanichelli (Le Mani, Recco 2010, 182 pp., 15 euro)
A mezzo secolo dall’uscita del film di Hitchcock, un libro che analizza il film, ripercorre le varie fasi della sua realizzazione e si sofferma sui principali aspetti della sua importanza seminale: l’influenza esercitata sulla storia del thriller (e del cinema), i sequel realizzati negli anni Ottanta, la rielaborazione operata da Brian De Palma e il particolarissimo remake realizzato da Gus Van Sant nel 1998.
Sottotitolo: “Genesi, analisi e filiazioni del thriller più famoso della storia del cinema”.

Robert Fuest e L’abominevole Dottor Phibes
Robert Fuestdi Mario Gerosa (Falsopiano, Alessandria 2010, 213 pp, 19 euro)
Monografia dedicata a Robert Fuest, regista eccentrico e visionario, famoso soprattutto per L’abominevole dottor Phibes (1971) e per il suo sequel, Frustrazione (1972), entrambi interpretati da uno strepitoso Vincent Price. Nato a Londra, formatosi come pittore, affermatosi nella swinging London anni ’60, Fuest aveva lavorato come grafico alla Decca Records ed era poi stato ingaggiato come scenografo dalla catena televisiva Abc: oltre a parlare del dittico cult dedicato al dr.Phibes, il libro si sofferma sulla sua attività televisiva, sui telefilm della serie The Avengers/Agente speciale, su altri film originali come Il mostro della strada di campagna (1970) e sulla sua concezione eminentemente visiva del cinema. Con intervista conclusiva, in cui Fuest dice di essere stato influenzato in particolare da due registi: innanzitutto Peter Hammond, conosciuto all’ABC (“era un ribelle, con idee molto chiare e un grande talento visivo”), e poi Richard Lester, significativamente ammirato perché “capace di catturare subito le nuove tendenze”.

Sotto un’altra stella – Il cinema di Gianni Amelio
a cura di Claudio Carabba, Gabriele Rizza, Giovanni Maria Rossi (Aida, Firenze 2010, 108 pp, 13.50 euro)
Volume realizzato in collaborazione col Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) in occasione del Premio Fiesole. Comprende una raccolta di saggi critici sui film di Gianni Amelio, un’ampia intervista al regista, una dettagliata fotografia. Dettaglio importante: il libro si sofferma in più occasioni sulla collaborazione di Amelio al settimanale “Film tv” da cui sono scaturite le raccolte Il vizio del cinema e Un film che si chiama desiderio, testimonianze appassionate della cinefilia di Amelio.

Italoamericani – tra Hollywood e Cinecittà
Italoamericanidi Flaminio Di Biagi (Le Mani, Recco 2010, 175 pp, 15 euro)
Il cinema e gli italoamericani al di qua e al di là dell’oceano.
Prima una panoramica di attori e registi americani di origine italiana, oltre che dei film che tematicamente hanno affrontato la questione degli italoamericani: dai tempi del muto ai gangster-movie anni Trenta, fino alla rivendicazione forte di un’identità italoamericana nel cinema anni ’70 degli Scorsese, degli Al Pacino e dei De Niro, o alla progressiva assimilazione successiva. Poi, una seconda parte del libro dedicata invece al modo in cui il cinema italiano ha rappresentato gli italo-americani e più in generale l’emigrazione negli Stati Uniti. Con informazioni sul circuito di film e di sale statunitensi rivolti a un pubblico italoamericano.
E con accenni alle accuse di razzismo culturale mosso agli italiani dagli italoamericani.

100 caratteristi del cinema americano
100 caratteristi cinema americanodi Massimo Giraldi, Enrico Lancia, Fabio Melelli (Gremese, Roma 2010, 288 pp., 35 euro)
Nella Hollywood classica erano le colonne dello spettacolo, volti notissimi ma dal nome spesso ignoto al grande pubblico, che ritornavano di film in film per disegnare impeccabilmente un personaggio laterale: il vecchietto dei western, il sicario segaligno, il borghese corpulento, la governante maligna… Erano i caratteristi, presenti eccome anche nel cinema di oggi, anche se in certi casi si tratta ormai di attori famosi
utilizzati come non protagonisti, magari a caccia di Oscar. Il libro di Giraldi, Lancia e Melelli ne scheda un centinaio, a partire da Danny Aiello per finire con Burt Young, il cognato di Rocky. In mezzo ci sono autentici prototipi del grande caratterista classico, come Walter Brennan, Elisha Cook jr. o il fordiano Ward Bond (ma non c’è stato l’altro fordiano, Victor McLaglen). Ci sono semplicemente dei grandissimi attori, dei vertici assoluti, che però per il loro aspetti fisico furono confinati a ruoli secondari: come lo straordinario Peter Lorre. Ci sono presenze memorabili come Donald Crisp, Barry Fitzgerald, Sidney Greenstreet, l’Edward Everett Horton dei film con Fred Astaire, Thomas Mitchell
o Clifton Webb, la grande Elsa Lanchester (moglie di Charles Laughton), l’indimenticabile Margaret “Miss Marple” Rutherford (attiva però soprattutto nel cinema inglese). Attori di peso spesso impiegati quasi da co-protagonisti, come Ernest Borgnine, Arthur Kennedy, Karl Malden, Martin Balsam, Lee J. Cobb. E grandi contemporanei come Paul Sorvino, Donald Pleasance e John Goodman, oppure il Joe Pesci dei film di Scorsese, o un’attrice veramente degna delle puntuali caratteriste di un tempo come Joan Cusack (bravi gli autori a ricordarsene). Tutti e cento raccontati con schede esaurienti, corredate da molte belle foto, anche se per motivi di spazio prive delle filmografie, che sarebbero state per lo più lunghissime. Alla fine anche una lista dei grandi caratteristi dolorosamente esclusi. E l’invito al lettore a partecipare al gioco di chi si vorrebbe aggiungere (io sosterrei subito la causa di John Carradine). Per tutti quanti amano il cinema americano classico, o un’idea classica del cinema americano. Dagli stessi autori del fondamentale “100 caratteristi del cinema italiano”.

Postato in Libri e riviste, Numero 91.

I commenti sono chiusi.