La nobildonna e il duca

Come tutte le eroine di Rohmer, Grace Dalrymple Elliott ha una precisa visione del mondo e vuole tenacemente preservarla. Con le parole e con i fatti. Pur nei limiti di quanto il suo sesso e l’ambiente circostante le permettono. Di fronte a questa sua profonda, assoluta sincerità, permeata da autentica sofferenza e passione umana, il fatto che il mondo di cui Grace non accetta il disfacimento sia quello dell’ancien régime e che, pertanto, lei stessa possa con piena legittimità essere definita una reazionaria o una nostalgica, in fin dei conti poco importa.

Attingendo alle memorie di questa trentenne inglese sposata con un Lord, già madre della figlia del principe di Galles, trasferitasi in Francia per amore (ormai trasformato in amicizia) del duca di Orléans, l’ottantenne Eric Rohmer racconta in chiave esistenziale il dramma della fine di una gerarchia sociale, di un ordine politico, di un sistema di valori. E lo fa ancora una volta in modo magistrale, partecipando pienamente sul piano umano al dolore della sua protagonista, ma prendendone sapientemente le distanze su quello storico e ideologico. Il grande fascino di La nobildonna e il duca deriva innanzitutto da questa dicotomia consapevolmente assunta.

Come già in Perceval le Galois, il grande regista francese separa nettamente la realtà del racconto dal verismo della sua ambientazione. Collocandosi così, sia detto tra parentesi, su un piano diametralmente opposto a quello che caratterizza i film didattici di Rossellini. La storia di Grace, del suo amore e odio per il duca, della sua tenace fedeltà monarchica, del suo coraggio e della sua paura di fronte alla presa del potere da parte del popolo – la storia della sua vita, appunto – è indubbiamente reale, come realistica è, sin nei dettagli più minuziosi, la recitazione di tutti gli attori, con il primo piano la fremente Lucy Russell (Grace) e l’ottimo Jean-Claude Dreyfus (il titubante Philippe Egalité). Ma questo non significa affatto che sia vero anche il mondo entro il quale essi agiscono.

Anzi, facendo ricorso all’elettronica per la ricostruzione d’epoca, Rohmer immerge i personaggi in una Parigi essenzialmente pittorica, bella e affascinante, ma appartenente più al regno dei sogni passati che a quello della realtà presente. In tutto il film è il punto di vista che conta e questo è sempre quello, singolare, di una donna che alla storia e alla ragione antepone sempre i suoi sentimenti e la propria educazione.

La nobildonna e il duca
(L’anglaise et le duc, 2001)
Regia: Eric Rohmer
Sceneggiatura: Eric Rohmer, dalle memorie di Grace Elliott
Fotografia: Diane Baratier
Scenografia: Antoine Fontaine
Costumi: Nathalie Chesnais e Pierre-Jean Larroque
Montaggio: Mary Stephen
Interpreti: Lucy Russell (Grace Elliott), Jean-Claude Dreyfus (Filippo d’Orléans), François Marthouret (Dumourier), Léonard Cobiant (Champcenetz), Caroline Morin (Nanon), Alain Libolt (duca de Biron), Marie Rivière (Madame Laurent)
Durata: due ore e 8 minuti
Distribuzione: Bim

(di Aldo Viganò)

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