Rinascere con le spezie

marigold hotelThe Best Exotic Marigold Hotel, il titolo originale dell’ultimo film di John Madden, è l’insegna di un decrepito hotel di Jaipur, gestito dal giovane Dev Patel, inserito nei dèpliant turistici dopo mirati ritocchi con photoshop per attirare pensionati stranieri alla ricerca di un luogo esotico ma economico in cui finire la propria vita: una “delocalizzazione della vecchiaia”.

L’argomento è triste ma in realtà di tratta di una commedia. E’ un film convenzionale, traboccante folclore e buoni sentimenti, ma l’umorismo è britannico e gli attori, inglesi, sono eccellenti. Tom Wilkinson è gay ed era un giudice della corte suprema, Judi Dench è vedova e senza denaro, Maggie Smith è una zitella acida, razzista e con un femore rotto, Bill Nighy è tristemente sposato con Penelope Wilton, Celia Imrie è ancora alla ricerca di un marito milionario e Ronald Pickup di un’ultima notte di passione. Ognuno di loro sa che il termine è vicino, talmente vicino che Maggie Smith non compra più le banane ancora verdi, ma non vogliono arrendersi alla solitudine, ad un appartamento per anziani con i corrimano per non scivolare, a vivere con i propri figli, a convivere con il rimorso per aver rinunciato alla vita. Per strade diverse tutti raggiungono l’India dove “non accade niente se prima non lo hai sognato” e dove “alla fine, tutto andrà bene, e se non andrà bene vorrà dire che non è ancora la fine”.

Cosa possa fare quel continente ad un cittadino inglese lo avevamo già appreso da Passaggio in India, ma si trattava di uno splendido dramma del tutto privo di umorismo. L’India di Madden è colorata, calda e caotica e sferza i sensi come le spezie sferzano le papille gustative ormai assuefatte alla cucina britannica, affermazione questa, cioè l’esistenza di una “cucina britannica”, che molti considerano un ossimoro. La cucina indiana dà il suo contributo al folclore della storia: in principio sorprende e spaventa, poi, infiammando il palato, scuote le coscienze e risveglia i sensi.

Ciò che caratterizza le ricette indiane, in realtà molto diverse da zona a zona, trattandosi di uno stato vasto e multietnico, sono le spezie. I ristoranti indiani per non indiani ne fanno un uso misurato, ma non la cucina tradizionale. Generalmente le pietanze vengono servite con un mélange di molte spezie, il masala, sempre preparato per l’occasione, mai acquistato preconfezionato. Il masala più diffuso è il Garam Masala. Ogni famiglia prepara la propria versione.

garam masalaPer la nostra ricetta seguiremo i consigli di Santha Rama Rau, figlia di diplomatici indiani nata a Madras nel 1923 che, nel 1984, collaborò con Lean alla sceneggiatura di Passaggio in India. Per una tazza di masala occorrono: cinque stecche di cannella da 12 cm, una piccola tazza di capsule di cardamomo verdi, otto cucchiai di chiodi di garofano, otto cucchiai di cumino in grani, quattro cucchiai di coriandolo in grani, otto cucchiai di pepe nero in grani. Potete mettere il tutto nel mixer oppure fare ciò che farebbe una famiglia indiana attenta alle tradizioni: cuocere le spezie per trenta minuti nel forno a 100°, muovendole almeno due volte perché non prendano colore. Estrarre con le dita i grani di cardamomo dalla capsula. Avvolgere le stecche di cannella in uno strofinaccio e ridurle in polvere con un mattarello. Riunire il tutto dentro una tazza e mescolare bene. A questo punto occorre prenderne piccole quantità e pestarle nel mortaio, quello che normalmente utilizzate per il pesto – non osiamo neppure pensare che per il pesto usiate il mixer!!! – fino a ridurle in polvere finissima. Mettete la polvere in un contenitore ermetico e il Garam Masala conserverà il suo profumo per alcuni mesi. Potrete utilizzarlo per molte ricette prelevandone un cucchiaino ogni volta. Nessuno dei vostri commensali saprà mai se i bocconcini che avete servito con il masala appartenevano a un gambero oppure a un capretto. Vi ricordiamo che quando Splendini nel film Scoop porta Sondra al ristorante indiano, le dà il seguente suggerimento: “Prendi i gamberoni all’acido cloridrico, io li ho assaggiati, ti piaceranno”. Circa il vino siamo perplessi, la “superiorità” del Garam Masala è tale da renderlo superfluo. Del resto gli indiani bevono acqua e succhi di frutta oppure, se proprio volete, il lassi: il siero ottenuto da latte a cui si era aggiunto succo di limone, successivamente arricchito con dahi (yogurt e un pizzico di sale), foglie di menta e acqua di rose.

(di Antonella Pina)

Postato in Numero 98, Quando il cinema sposa la cucina.

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