TFF 2014 – Rada di Alessandro Abba Legnazzi


Radadi Renato Venturelli.
La casa di riposo per gente di mare di Camogli era già stata il set del film forse più controverso e sottovalutato di Renato Castellani, “Mare matto” (1963): è su quella scalinata davanti al mare, sotto la luce piena del sole, che il vecchio marittimo Odoardo Spadaro scopriva in una lunga scena beffarda e patetica di essere stato ingannato dai propri figli, con Belmondo e gli altri che lo spingevano cinicamente verso l’ospizio, dopo avergli fatto credere che fosse la villa di un avvocato.

Mezzo secolo dopo, quella stessa casa di riposo è adesso al centro di “Rada”, un film che gioca continuamente lungo il sottile confine tra documentario e finzione, attraverso la messa in scena di persone che reinventano se stesse davanti alla camera. Sono ex-marinai, palombari, sommergibilisti, comandanti, che hanno trascorso tutta la loro esistenza in mare e che adesso si ritrovano in una villa che il film trasforma in una sorta di nave, imbarcati per il loro ultimo viaggio, dove il terrazzo può diventare il ponte e le stanze sono le singole cabine.

Il regista Alessandro Abba Legnazzi dice di aver costruito la sceneggiatura insieme agli ospiti della casa di riposo, secondo un’idea di “cinema condiviso” basato su un libero canovaccio in cui i marittimi potessero proiettare le loro personalità. C’è chi ogni giorno va a compiere il rito dell’alza e dell’ammainabandiera, chi perseguita i compagni con la lettura delle proprie poesie, chi s’immerge in interminabili riflessioni sulla nascita dell’universo, chi rievoca avventure con donne esotiche, chi a 95 anni sogna di vincere al superenalotto e tornare in mare da ricco crocierista.  E tutto in questo clima di sospensione, che è quello della “Rada” del titolo, in un’attesa che sta tra la navigazione in mare aperto e l’approdo (definitivo) alla terra.

Realizzato con la Babydoc, montato dall’Enrico Giovannone dei film di Gaglianone, “Rada” è un piccolo film che riesce a mantenere un suo equilibrio lavorando sulla finzione (o l’autofinzione) in modo da rispettare le persone, trovando una sua naturalezza senza prevaricazioni, e soprattutto evitando che l’aspetto teorico si divori l’aspetto umano. Vincitore della sezione TFFDoc/Italiana.doc.   (renato venturelli)

Postato in 32° Torino Film Festival, Eventi, Festival.

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