Mostra del Cinema di Venezia 2018 – “Vox Lux” di Brady Corbet

di Juri Saitta.

A Venezia 75, oltre a “Sunset” di László Nemes, è stata presentata un’altra opera seconda tanto attesa quanto divisiva: “Vox Lux”, film con il quale il giovane regista statunitense Brady Corbet è tornato al Lido tre anni dopo i due premi vinti dall’esordio  “L’infanzia di un capo”. E come il precedente, anche questo lavoro risulta alquanto intrigante e curioso, anche se forse non del tutto risolto.

L’opera racconta la biografia di una fantomatica popstar americana partendo dalla sua ascesa – avvenuta da adolescente – per arrivare fino ai trent’anni, quando la donna è una musicista affermata e consolidata. Un percorso che viene seguito non solo dal punto di vista professionale, ma anche da quello psicologico, in quanto la protagonista passa dall’essere una ragazzina religiosa e innocente a una giovane un po’ isterica, quasi alcolizzata e con una figlia preadolescente con la quale ha un rapporto piuttosto complicato.

Come si può intuire da tale sinossi, il film in questione si divide nettamente in due parti: la prima dedicata all’adolescenza dell’eroina, la seconda incentrata sulla sua vita adulta. Un passaggio, quello tra i due tempi, che avviene bruscamente lasciando fuori campo una serie di avvenimenti significativi e che serve perciò a evidenziare con ancora più forza il cambiamento caratteriale della cantante.

In ogni caso, i due momenti in questione sono molto diversi tra loro non solo per fasi della vicenda, ma anche per i tempi del racconto (il primo è ambientato nell’arco di qualche anno, il secondo si svolge in un solo giorno) e qualità cinematografica.

La prima parte è, infatti, davvero notevole, in quanto riesce contemporaneamente a delineare un personaggio dalla psicologia complessa e contraddittoria e a tracciare uno spaccato ironico e caustico sul mondo della pop music, ritratto come un universo pronto a commercializzare qualsiasi cosa e avvenimento, dalla religiosità alle stragi scolastiche. Il tutto avvolto in un’atmosfera al tempo stesso sinistra e dimessa che ricorda vagamente quella di alcuni film statunitensi anni Settanta.

Un livello molto alto che purtroppo la seconda fase non riesce a mantenere del tutto, in quanto – pur essendo interessante e complessivamente riuscita (grazie anche all’ottima interpretazione di Natalie Portman) -, non sviluppa sufficientemente gli spunti introdotti nella prima, riguardanti soprattutto il contesto culturale e l’interiorità della donna.  Questo, fino a una conclusione fuori luogo, che rischia di rasentare il ridicolo nei suoi connotati improvvisamente e inspiegabilmente metafisici (la voce narrante accenna di colpo a un presunto patto tra il diavolo e la popstar).

Elementi che confermano quanto Corbet sia un regista ambiguo e bizzarro, difficile da inquadrare, in quanto porta avanti una poetica nella quale il confine tra serietà e presa per i fondelli risulta sempre labile e poco localizzabile.

Una caratteristica che rende “Vox Lux” – proprio come il film precedente – un lavoro pieno di imperfezioni ma comunque intrigante e a tratti affascinante, capace di attrarre lo spettatore spiazzandolo tramite svolte narrative e scelte stilistiche inaspettate e sorprendenti.

A Corbet, dunque, il talento e la vitalità non mancano, ciò che invece deve ancora arrivare è la piena maturità autoriale. Il suo è quindi un cinema lontano dalla compiutezza formale ma comunque carico di promesse e vitalità che fanno ben sperare per gli anni futuri.

 

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