“Con i piedi per terra”: intervista ad Andrea Pierdicca

di Juri Saitta.

Il 2 ottobre al Cinema Cappuccini di Genova viene proiettato “Con i piedi per terra”, un documentario di Andrea Pierdicca e Nicolò Vivarelli incentrato sui temi dell’ambiente e dell’agricoltura.

Il film in questione è un viaggio on the road in cui un gruppo di persone attraversa le campagne italiane per incontrare una serie di contadini, pastori e artigiani che – spesso provenienti dalle metropoli – hanno scelto di tornare alla natura per lavorare autonomamente e fuori dalle multinazionali, portando avanti così un modello colturale non intensivo e più vicino alla terra, ai suoi tempi, alle sue necessità.

Temi, quelli del ritorno alle campagne e dell’agricoltura “alternativa”, molto sentiti nella nostra contemporaneità, tanto da essere al centro di varie inchieste e documentari, tra cui “Transumanza Tour” di Valerio Gnesini e “Ritorno sui monti naviganti” di Alessandro Scillitani, simili anche per struttura narrativa, basata appunto su un percorso a tappe.

E, infatti, la particolarità più significativa del lavoro in questione consiste nel suo legame con il teatro. Non è un caso, dunque, che il regista Andrea Pierdicca provenga dal palcoscenico, in quanto ha lavorato e continua a lavorare come attore e drammaturgo in spettacoli a tema perlopiù ecologico. Un’esperienza che l’autore si porta dietro anche nell’attività cinematografica, spesso collegata al teatro, come dimostra anche il fatto che l’opera in questione faccia parte di un progetto più ampio quale “Radici nel cielo”, che oltre al film, comprende anche due spettacoli dal vivo, uno già messo in scena, l’altro in fase di realizzazione.

Abbiamo parlato di tutto questo con Andrea Pierdicca nella conversazione qui riportata.

 Come nasce l’idea di “Con i piedi per terra”?

 Tutto parte nel 2015 con “Radici nel cielo”, un progetto di ricerca artistica sul rapporto tra l’uomo e la terra. Da qui siamo partiti su un furgone per le campagne italiane a cercare tutte quelle persone che hanno ritrovato un legame più stretto con l’ambiente e la natura.

Un tour di quattromila chilometri, ventisei tappe e settanta interviste dal quale è sorto il documentario “Con i piedi per terra”, lavoro in cui abbiamo incontrato e dialogato con alcune realtà agricole lontane dalla coltura industriale e intensiva. Il tutto supportato da una serie di interviste sull’argomento fatte ad alcuni esperti del settore come professori, medici e ricercatori.

E da questo lavoro è nato in seguito anche lo spettacolo agri-culturale “In teatro con i piedi per terra” con la regia di Antonio Tancredi, dove “intervistiamo” alcune grandi personalità del passato che hanno meditato sul legame tra l’essere umano e la terra (per esempio Lev Tolstoj, Maurice Maeterlinck e Jean Giono), facendoli inoltre “dialogare” con i contadini di oggi tramite il supporto di alcuni video tratti dal materiale che abbiamo girato per il film.

Una modalità drammaturgica tesa a sottolineare il legame che intercorre tra il passato e il presente, in quanto i concetti attualmente espressi da molti agricoltori sono gli stessi di quelli elaborati secoli addietro dagli intellettuali prima citati.

Il collegamento tra l’opera audiovisiva e quella teatrale è un elemento che caratterizza non solo il progetto “Radici nel cielo”, ma anche altri tuoi lavori. Potresti raccontare le tue produzioni precedenti?

In effetti, “Radici nel cielo” ha le sue origini più profonde da due esperienze passate. La prima è del 2008 e riguarda “Il racconto del fiume rubato”. Si tratta di uno spettacolo itinerante sull’ACNA di Cengio che grazie a Federico Canibus ha portato il teatro fuori dal teatro, ovvero nelle piazze, nelle cascine, ma anche tra movimenti, associazioni, rifugi, spiagge e nelle feste, e sul quale è stato realizzato anche un documentario, “Il viaggio del fiume rubato”, girato da Diego Scarponi.

Successivamente, l’Unione Nazionale Apicoltori Italiani con gli Yoyo Mundi ci ha commissionato uno spettacolo a tema ambientale, “La Solitudine dell’Ape”, che in un secondo tempo abbiamo trasformato in versione on the road ed è diventato “Il cantico delle api”, che ha dato vita a un’altra opera cinematografica, “La zappa sui piedi”, realizzata insieme ad Enzo Monteverde.  Anche in tal caso è stato ripreso il nostro tragitto teatrale per le campagne, percorso che ci ha dato l’occasione di conoscere diversi contadini e apicoltori che abbiamo intervistato per il documentario. Questo lavoro è stato premiato al Bee Film Festival di Praga nel 2016.

“Radici nel cielo” intende dunque mettere insieme quello che abbiamo raccolto in questi progetti e allargare ulteriormente la visione, incontrando tutte quelle umanità rurali, e non solo, che sanno dare voce alla natura, e che spesso parlando di terra evocano indirettamente quella spiritualità di cui la natura è intrisa.

Il tuo ambito di provenienza è soprattutto teatrale. Da drammaturgo e attore, come ti sei approcciato a un mezzo espressivo diverso come quello del documentario?

Per ora ho girato due lavori audiovisivi: “La zappa sui piedi” e, appunto, “Con i piedi per terra”. Ma mentre il primo parte da una messa in scena teatrale e ne riprende il tour e gli incontri fatti, qui il percorso è inverso, perché prima nasce il film e poi la rappresentazione dal vivo. Sono state quindi due esperienze diverse, perché nella prima c’era una sorta di “sceneggiatura” o comunque un lavoro preparatorio più strutturato, mentre il lungometraggio in questione è stato girato con più spontaneità, in quanto – a parte il tema di partenza – non sapevamo bene di cosa avremmo parlato con le persone che incontravamo durante percorso.

In questo caso, la fase più difficile è stata dunque quella inerente al montaggio perché abbiamo dovuto selezionare molte ore di girato per arrivare agli ottantasei minuti finali, strutturati in capitoli corrispondenti alle varie tappe del nostro viaggio.

Tutti i tuoi ultimi lavori – da “Il racconto del fiume rubato” a “Il cantico delle api” fino al progetto “Radici nel cielo” – affrontano, pur da angolazioni diverse, tematiche ambientali. Perché questo è un argomento così importante nella tua opera?

 Per me il legame tra lo spettacolo (cinematografico o teatrale) e l’ambiente è molto forte, ed è dimostrato dal fatto che due delle parole che le esprimono (coltura e cultura) hanno la stessa radice semantica, che sta nel coltivare.

E, infatti, proprio da qui nascono alcuni parallelismi: nella coltura si seminano piante che crescono e si sviluppano, così come nella cultura si seminano e si coltivano idee e  linguaggi, in una continua ricerca di senso; così come c’è una coltura industriale, c’è un cultura ammantata di retorica e conformismo; così come esiste un coltura che cerca di avere un rapporto più diretto e leale con l’ambiente, c’è una cultura che cerca una relazione autentica con l’altro.

Simmetrie importanti anche nei miei lavori, perché qui parto dall’ambiente e dalla natura per arrivare all’essere umano, a piccole realtà che hanno una grande dignità, ai comportamenti di integrità e bellezza nei confronti della terra, della comunità e del vivente tutto.

Come avete curato la distribuzione del film?

Inizialmente l’abbiamo presentato in diversi festival cinematografici, tra cui il California Film Festival, il Clorofilla Film Festival e il Festival Cinemambiente di Torino 2017, dove abbiamo vinto la Menzione Speciale di Legambiente. In questa prima fase è stato fondamentale il contributo Francesca Ciri Capra, che ha curato le relazioni e gli invii nelle diverse manifestazioni cinematografiche.

Successivamente, ci ha contattato FairMenti, una realtà di distribuzione toscana specializzata in temi ambientali, che ci ha offerto di organizzare la diffusione del documentario anche nei circuiti cinematografici.

Grazie a loro, da marzo 2018 il film è stato proiettato in diverse sale cinematografiche italiane, tra cui Milano, Torino, Bologna, passando per Cagliari, Firenze, Ancona ecc…ecc… fino al 2 ottobre a Genova per poi andare subito dopo a Bari.

Inoltre, abbiamo anche realizzato un dvd nel quale, oltre al film, vi è molto materiale extra, costituito principalmente da una serie di interviste interessanti che non siamo riusciti però a inserire nel montaggio finale.

Oltre al tour di “Con i piedi per terra” e allo spettacolo collegato, state lavorando ad altre opere?

 “Radici nel cielo” è un progetto in tre tappe: le prime due (il film e la rappresentazione teatrale inerente) sono già state realizzate, mentre la terza è in fase di progettazione e consisterà in uno spettacolo in cui affronteremo la questione dell’agricoltura da un punto di vista più ampio e universale. Infatti, qui cercheremo di capire cosa succede ai contadini di varie parti del mondo, come per esempio India e Sud America. Questo nuovo lavoro assumerà la forma di un “Processo alle Multinazionali”, cercheremo cioè di potare alla luce le responsabilità di chi ha devastato l’ambiente danneggiando fortemente la salute dell’essere umano. Questo in nome di un falso progresso che da molti punti di vista si è rivelato in realtà un regresso dell’umanità, in quanto, come dice Capo Seattle, «l’uomo non ha tessuto la trama della vita ma ne ha soltanto il filo, e tutto ciò che fa alla trama lo fa a se stesso».

Uno spettacolo necessario perché vi è un intero modello economico da mettere in discussione, in quanto basato esclusivamente sulla massimizzazione del profitto, pronto per questo scopo a porsi in conflitto con le vere esigenze dell’uomo e della terra. Una questione della quale abbiamo parlato anche in un articolo pubblicato per la Bocconi, dove abbiamo citato una frase di un medico che ci sembra significativa: «La tutela dell’ambiente e il rispetto della salute nuocciono gravemente all’economia».

 

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