Mostra del cinema di Venezia 2018 – “The Ballad of Buster Scruggs” di Joel & Ethan Coen

di Juri Saitta.

Tra i film più attesi del concorso di Venezia 75 vi era sicuramente “The Ballad of Buster Scruggs” di Joel & Ethan Coen, titolo con il quale i due fratelli si cimentano per la seconda volta con il western dopo “Il Grinta”.

Composta da sei episodi indipendenti e autoconclusivi, l’opera inizialmente non è stata concepita come un lungometraggio, ma bensì come una serie televisiva prodotta e distribuita da Netflix. Un fatto, quest’ultimo, che ha destato non pochi dubbi e preoccupazioni, in quanto il passaggio da un progetto esteso come quello di una serie a uno più “concentrato” come quello di un film rischiava di rendere il titolo in questione piuttosto appiccicato e mal strutturato.

Un’ipotesi per fortuna sconfessata da un lavoro al tempo stesso dinamico e riflessivo, che riesce a coniugare diversi toni narrativi e a realizzare una buona sintesi tanto delle varie caratteristiche del genere di riferimento quanto della poetica autoriale dei due cineasti.

Qui, in primis, i registi omaggiano il “genere americano per eccellenza” tramite sei capitoli che ne esplorano di volta in volta i diversi tòpoi narrativi e visivi, come il paesaggio desertico e roccioso, le carovane e le diligenze in viaggio, le rapine effettuate da banditi e fuorilegge, l’attacco degli indiani e il duello finale.

Inoltre, all’interno di tali episodi, i Coen trovano spazio anche per riprendere le varie sfaccettature del loro cinema, in quanto alternano parti chiaramente ironiche e parodistiche a racconti più seri e dolenti nei quali vi sono alcune delle tematiche più ricorrenti della loro filmografia come la ricerca ossessiva del denaro, la visione fredda e cinica dell’essere umano e la presenza di un destino beffardo e ineluttabile che modifica radicalmente le esistenze dei personaggi. Qui, dunque, si passa dai toni scanzonati de “Il grande Lebowski” al pessimismo de “L’uomo che non c’era” fino alla fredda cupezza di “Non è un paese per vecchi”. Il tutto all’interno di un’operazione cinefila non troppo distante dal precedente “Ave, Cesare!”, titolo che riprendeva e parodiava la Hollywood anni Cinquanta.

L’unione qui descritta tra omaggio cinematografico e mantenimento di una poetica più personale porta con sé anche la rilettura del western, effettuata sia in chiave autoriale sia in un’ottica specificamente post-moderna, come dimostra il sesto episodio.

Quest’ultimo è, infatti, una sintesi dell’operazione attuata dai due cineasti, in quanto contiene sia l’omaggio ai grandi classici (la diligenza in cui si svolge quasi tutto il capitolo è un esplicito riferimento a “Ombre rosse” di John Ford) sia i dialoghi dolenti e riflessivi spesso presenti nel cinema dei Coen, sia una messa in scena che coniuga le ambientazioni western a un’atmosfera mistery, in quello che è un sottile mix di generi tipico della post-modernità.

Una serie di elementi che rendono “The Ballad of Buster Scruggs” un titolo interessante e raffinato, magari minore rispetto ad altri lavori coeniani, ma comunque notevole e quasi sorprendente, vista anche la sua genesi.

Probabilmente il film sarà distribuito solo su Netflix a partire da novembre, ed è un peccato, perché i grandi spazi e i campi lunghi presenti nell’opera meriterebbero di essere visti su grande schermo.

 

Postato in Festival.

I commenti sono chiusi.