Karlovy Vary 2018- Vince Radu Jude

di Furio Fossati.

Chiusa l’edizione numero 53 con grande successo, parlando col direttore artistico Karel Och e la consulente artistica Eva Zaoralová – che ha portato dal 1995 ad oggi il Festival a livello internazionale – sembra quasi che siano alla vigilia della nuova edizione, pensando già su che cinematografia puntare, quali artisti premiare, quali nuove sezioni si potrebbero creare.

Il festival (KVIFF) è la rassegna di film più vecchia d’Europa dopo quella di Venezia (è sorta nel 1946 e ha proposto la prima edizione 70 anni orsono, nel 1948). Durante il periodo della dominazione del paese dall’Unione Sovietica, ebbe cadenza biennale dal 1956 al 1994 alternandosi con la rassegna di Mosca.

I film premiati dalle giurie istituzionali non hanno avuto contestazioni, forse anche per una certa attenzione dei giurati nel valutare i gusti del pubblico. Il lunghissimo e davvero interessante Non mi preoccupo se finiamo nella storia come i Barbari („Îm i este indiferent dacă în istorie vom intra ca barbari”) del rumeno Radu Jude racconta di una giovane regista che progetta di ricostruire un evento storico dal 1941, durante il quale l’amministrazione rumena attraverso l’esercito aveva compiuto un massacro etnico sul fronte orientale, con tutte le possibili censure che il produttore le pone quando si accorge della pericolosità della vicenda.

Tutt’altro tema e tono narrativo in Sogno Florianópolis (Sueño Florianópolis) dell’argentina Ana Katz – Premio Speciale della Giuria – una commedia dai toni a tratti melanconici, che segue le disavventure di una vacanza a budget limitato nella località balneare brasiliana di Florianópolis di coppia in crisi assieme ai figli adolescenti; partono da Buenos Aires in un giorno di calura soffocante con la scassatissima auto di famiglia e da allora tutto diviene un problema. E’ una storia di primi amori, amanti del passato, incontri fatidici e gioie fugaci.

Come ormai tradizione, le sorprese più belle le ha riservate East to West, la rassegna in cui vengono presentate varie opere prime o seconde di paesi spesso poco noti nel ambito internazionale, soprattutto film dell’ex blocco socialista.

Anche in questa sezione non ci sono state grosse sorprese nella scelta dei vincitori.

La montagna di Suleiman (Suleiman Gora, 2017) ha ottenuto il Gran Premio. È uno dei pochi realizzati in Kyrgyzstan – opera prima della talentuosa Elizaveta Stishova – girato all’interno e nei dintorni del mistico sito patrimonio dell’Umanità montagna Suleiman di Osh. Il film racconta la storia della maturazione di un uomo solo apparentemente adulto che deve prima perdere l’amore per poi ritrovarlo e, forse, mantenerlo. Gioca d’azzardo, è un forte bevitore, un immaturo che mette sé stesso prima della famiglia. Quando sua moglie Zhipara lo chiama per dirgli che ha trovato il loro figlio scomparso, Uluk, l’uomo si precipita da lei con sgomento della sua giovane ed incinta seconda moglie. Presto le nuove dinamiche familiari si estendono oltre i loro limiti, e Karabas entra in crisi cercando di fare convivere le sue vecchie abitudini e le due donne madri di suoi figli: uno rinato e uno ancora da venire.

Giusto riconoscimento – Premio speciale della giuria – all’ungherese La valle dei fiori (Virágvölgy, 2018), un road movie originale anche se non privo di difetti. Il regista László Csuja conosce bene il linguaggio cinematografico e televisivo; per il suo debutto nel lungometraggio si è avvalso di due attori non professionisti: Bianka Berényi, autentica icona di Instagram popolare non solo in Ungheria, e László Réti, un pluripremiato campione delle Olimpiadi per diversamente abili. I due hanno conferito grande naturalezza ai loro personaggi che sono subito adottati dal pubblico. Si possono considerati come dei pazzi, sicuramente sono asociali ma la loro logica li porta a fare credere che tutto sia possibile. Questi innamorati in fuga con un neonato non loro – rapito dalla ragazza – sono raccontati nel loro vitale caos con immagini poetiche di grande dolcezza.

Per capire cosa rappresenti Karlovy Vary nel panorama europeo e mondiale dei Festival, è giusto iniziare a parlare di questa cinquantatreesime edizione con dei freddi numeri:

Complessivamente 13080 partecipanti accreditati di cui 10857 col Festival Pass, 403 film makers, 1190 della film industry, 630 giornalisti, 140135 biglietti venduti per 501 proiezioni, oltre 250 titoli presentati, presenza di attori, registi e di persone che nel ambito del cinema ufficialmente 432, ma è realmente difficile calcolarne il numero perché presenti ma non accreditati dalla oliata organizzazione del Festival.

Tutto girava attorno ai 225 titoli presentati, suddivisi in 17 sezioni principali di cui tre in competizione. I Paesi presenti produttivamente sono stati 65:  Repubblica Ceca, Cecoslovacchia, Repubblica Slovacca, Argentina, Australia, Austria, Bielorussia, Belgio, Bosnia Herzegovina, Brasile, Bulgaria, Canada, Cile, Cina, Corea del Sud, Croazia, Cipro, Danimarca, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Giamaica, Gran Bretagna, Grecia, Islanda, Iran, Irlanda, Israele, Italia, Kazakhstan, Kenya, Kyrgyzstan, Lettonia, Libano, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Messico, Nepal, Norvrgia, Olanda, Palestina, Polonia, Portogallo, Qatar, Repubblica Dominicana, Romania, Serbia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Tunisia, Turchia, Ucraina, Ungheria, USA, USSR, Uruguay.

KVIFF è una finestra sul cinema del Est che permette non solo di capire meglio la loro produzione, ma anche una piacevole occasione per incontrare persone e personaggi non sempre presenti in altri Festival.

 

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