“Il clan” di Pablo Trapero

clan-130x90-1di Aldo Viganò.

La dittatura militare argentina, inaugurata nel marzo 1976 dal colpo di stato del generale Jorge Rafael Vileda, ebbe ufficialmente fine con le elezioni del dicembre 1983 dalle quali uscì eletto il radicale Raul Alfonsin, ma già nel giugno del 1982, in seguito alla veloce sconfitta dell’Argentina nella guerra delle Falkland, la prossimità di questa fine era evidente. E non è certo un caso che proprio allora un ex-dirigente dei servizi segreti argentini, Arquimedes Puccio, abbia pensato di trasferire dal pubblico al privato i metodi usati per anni con i cosiddetti “desparecidos”, fondando con l’appoggio esterno del potere militare un “clan” specializzato in sequestri di persona, di cui facevano parte quattro suoi amici e complici degli anni passati e, pur con diversi ruoli, la sua intera famiglia composta dalla moglie insegnante di matematica e dai suoi cinque figli (tre maschi e due femmine).

Dall’estate 1982 all’agosto 1985, il “clan” portò a compimento almeno quattro sequestri con richiesta di riscatto (e programmata eliminazione fisica del sequestrato): i primi due “colpi” andarono a “buon fine” e riguardarono persone dell’ambiente frequentato dal figlio maggiore dei Puccio (Alejandro, applauditissimo campione della squadra nazionale di rugby), ma con il terzo qualcosa iniziò ad andare storto, mentre il quarto sequestro a carico di una ricca imprenditrice si concluse con la denuncia dei parenti e l’intervento della polizia sollecitata dai politici ormai decisi a non proteggere più lo scomodo “clan” di Puccio.

In modo veloce ed efficace, consapevolmente mediato dai modelli narrativi del “noir” hollywoodiano classico, il regista Pablo Trapero – già noto in Europa per essere stato presente a Cannes con i suoi tre film precedenti: Leonera (2008), Carancho (2010), Elefante bianco (2012) – ha realizzato sulla base di questi fatti attinti alla storia e alla cronaca nera un’opera cinematografica (vincitrice del premio per la migliore regia a Venezia 2015) rispettosa dei fatti documentati (con le inevitabili scritte finali per raccontare allo spettatore la fine che hanno fatto i suoi protagonisti), ma anche avvincente nel suo sviluppo narrativo e soprattutto capace di rappresentare con immagini nitide ed essenziali la banalità del male già evidenziata da altri per raccontare i crimini nazisti, ma ora utilizzata con simile tensione etica per dare autonomia cinematografica a un episodio solo in apparenza marginale della storia argentina.

La cinepresa di Trapero indugia soprattutto sui fatti quotidiani: i pasti in famiglia con l’immancabile preghiera di ringraziamento e la meticolosa preparazione dei rapimenti; sottolinea senza retorica i rapporti patriarcali all’interno di quella piccola comunità in cui l’obbedienza si accompagna all’interesse e la consuetudine apre ben pochi varchi alle crisi di coscienza. Ed è proprio questa meticolosità nell’analisi dei comportamenti, appoggiata all’ottima interpretazione sopratutto del suo protagonista (Guillermo Francella), il merito maggiore di un film (curiosamente coprodotto dai fratelli Almodovar) al quale si perdona senza eccessiva difficoltà quanto di banale eppure c’è nella ripetitiva rappresentazione dei sequestri, raccontati tutti con l’invadente sovrapposizione sonora di inserti musicali e di canzoni ai cui versi in spagnolo il regista ha voluto forse affidare la non necessaria manifestazione di un giudizio etico, molto meglio però espresso altrove: sopratutto nei silenzi dei personaggi e negli sguardi che questi si scambiano reciprocamente nel corso dell’azione.

 

Il Clan    

(El Clan, Argentina e Spagna, 2015)  Regia: Pablo Trapero – Sceneggiatura: Pablo Trapero, Estebán Student, Julian  Loyola – Scenografia: Sebastián Orgambide – Fotografia: Julián Apezteguia – Musica: Sebastián Escofet – Montaggio:  Alejandro Carrillo Penovi e Pablo Trapero.  Interpreti: Guillermo Francella (Arquimedes Puccio), Juan Pedro Lanzani (Alejandro Puccio), Antonia Bengoechea (Adriana Puccio), Lili Popovich (Epifania Puccio), Gaston Cocchiarale (Daniel “Maguila” Puccio), Stefania Koessel (Monica). Distribuzione: 01 Distribution – Durata: un’ora e 50 minuti

Postato in Recensioni, Recensioni di Aldo Viganò.

I commenti sono chiusi.