Cinema Ritrovato 2014 – John Ford, Sergio Leone & Co.: Ritrovati e Restaurati

di Antonella Pina.
Il Cinema Ritrovato ha suddiviso il suo ricco programma in quattro capitoli, uno di questi ha un titolo eloquente: Il paradiso dei cinefili. In effetti tra le sue sezioni si trovano cose sorprendenti. Una di queste è Ritrovati e Restaurati:  film del passato sottoposti a restauro per essere riportati alle condizioni d’origine. I risultati a volte sono straordinari, soprattutto per i film in bianco e nero. Alcune tra queste pellicole vengono presentate la sera sul grande schermo di Piazza Maggiore. Ne ricordiamo alcune.

Les croix de bois di Raymond Bernard del 1931. Una rievocazione della Guerra del ’14 – ’18, tra le più cupe che il cinema abbia proposto. Si tratta di un film pacifista senza sottolineature retoriche. Il messaggio è affidato alle sole immagini. La morte lenta di un soldato ferito che implora ed attende un soccorso che non arriverà, appoggiato ad un palo e circondato da altri corpi, da altre invocazioni e dal filo spinato, mentre con lo sguardo cerca di trattenere le immagini della sua vita, produce nel pubblico un’angoscia quasi insostenibile.

Le jour se lève (Alba tragica) di Marcel Carné del ’39. Il film ha inizio con uno sparo: un uomo esce barcollando da un appartamento e rotola giù dalle scale, ferito a morte. E’ il tragico epilogo di una storia che Jean Gabin, protagonista e assassino, ci racconterà con una serie di flashback. Non era mai accaduto. Per la prima volta nella storia del cinema, un film iniziava dalla fine. L’originalità della struttura narrativa non piacque alla critica. La trama, decisamente triste e senza lieto fine, non piacque al pubblico, che disertò le sale. Era il giugno del 1939, tre mesi più tardi la Francia sarebbe entrata in guerra: “…non era un momento propizio, tutti cercavano il divertimento per dimenticare le incombenti minacce e il mio film grondava malinconia e senso di morte. Davanti al Madeleine Cinéma dove veniva proiettato, non si ammassarono quindi lunghe file di spettatori.” Carné non si scoraggiò: continuava a credere nel suo lavoro ed era certo che questo film sarebbe invecchiato meno in fretta di altri. Rivedendolo restaurato a Bologna, presentato da Studio Canal, possiamo dire che non si sbagliava. Gabin, chiuso in una camera, con lo sguardo fisso e la pupilla dilatata, ricorda gli eventi che hanno determinato quel punto di non ritorno: “Eppure sembra ieri…ricordi?”. E con lunghe dissolvenze il passato torna, come da un sogno, a spiegare il presente.

My Darling Clementine (Sfida infernale) di John Ford del 1946. L’opera di restauro ha riportato il contrastato bianco e nero di Joe MacDonald al suo antico splendore. L’inquadratura  in cui Henry Fonda parla con il fratello morto: chino sulla tomba, la sua figura stagliata contro il cielo e il profilo della lastra di pietra, sono di un’intensità visiva oltre che emotiva davvero strazianti. Non è escluso che vi possiate commuovere fino alle lacrime.

Per un pugno di dollari di Sergio Leone del 1964. La sera della proiezione, la grande sala del Cinema Arlecchino era completamente piena, molte persone sono rimaste in piedi addossate ai muri, mentre altre hanno riempito i gradini dei tre corridoi del cinema. A presentare il film, oltre a Farinelli, c’era Sir Christopher Frayling, autore del libro Once Upon a Time in Italy. The Westerns of Sergio Leone. La serata è stata dedicata a Eli Wallach, scomparso lo scorso giugno. “I’m Eli, the Ugly”, usava dire, nel presentarsi. Frayling ha mostrato al pubblico alcune immagini della mostra allestita a Los Angeles sulla Trilogia del dollaro ed ha riassunto la storia della lavorazione del film, le scelte fatte a causa del budget molto ridotto. Come è noto, infatti, Clint Eastwood venne scritturato perché si accontentò di 15000 dollari, mentre il prescelto, James Coburn, ne chiedeva 25000. Leone raccontava così il suo primo incontro all’aeroporto con Clint: “Quando Michelangelo guardò il blocco di marmo vide Mosè, quando io guardai Eastwood vidi un blocco di marmo”.  Prima del film sono stati proiettati i fuori scena e così il pubblico ha dovuto constatare la fallibilità del suo eroe, lo ha visto ripetere alcune scene perché impacciato nei movimenti: nell’estrarre la pistola, nel sollevare il poncho. Ma lo ha anche visto sorridere disinvolto e divertito insieme a Gian Maria Volonté.

Salvatore Giuliano di Francesco Rosi del 1962. Martin Scorsese, che ha contribuito al restauro, lo considera una pietra miliare nella storia del cinema. E il film, presentato da Giuseppe Tornatore e proiettato in Piazza Maggiore, ha confermato un impianto narrativo decisamente moderno. Privo di una narrazione lineare, va avanti e indietro nel tempo tornando all’unico punto fermo di tutta la vicenda: il cadavere di Salvatore Giuliano. Ed è sempre e soltanto in forma di cadavere che Rosi mostra il bandito. Nelle scene d’azione Salvatore è solo una figura tra tante, non vediamo mai il suo volto. Ciò che interessava al regista, oltre alla ricostruzione di questa misteriosa vicenda, era lo sfondo, il contesto storico, politico e geografico in cui i personaggi si muovevano. “Il mio scopo non era quello di dedicarmi al personaggio di Giuliano: era di interessarmi alla Sicilia, ai valori umani, alla tragedia umana scaturita dai rapporti tra Giuliano e gli altri Siciliani, tra Giuliano e i carabinieri, tra Giuliano e la vera politica italiana di quell’epoca. [….] I fatti mi davano la possibilità di far capire allo spettatore quanto era accaduto tramite l’emozione: ecco il cadavere”.

Antonella Pina

 

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