Festival di Cannes 2014: Cold in July di Jim Mickle


di Renato Venturelli.
Trentacinque anni, formazione newyorkese, tre film e qualche premio ai festival già al suo attivo, Jim Mickle è uno dei pochissimi tra i nuovi registi americani ad essersi affermati nel giro dei grandi festival praticando un cinema schiettamente di genere. E forse proprio per questo è ancora praticamente sconosciuto in Italia.
Il suo esordio avvenne con l’horror “Mulberry Street” (2006), quindi ha realizzato “Stake Land” (2010, premio del pubblico a Toronto) perché “gli horror sono più facili da produrre”, e l’anno scorso era stato selezionato alla Quinzaine per “We are what we are” (2013), remake di un originale family-cannibal messicano.
“Cold in July” dovrebbe essere adesso il film della sua consacrazione. Rifacendosi al romanzo di Joe R. Lonsdale, racconta come un uomo qualunque si svegli nel cuore della notte, trovi un ladro in casa e lo uccida. I poliziotti gli spiegano che la vittima era un criminale, figlio di un altro criminale (“i cani non fanno gatti”) e liquidano l’intera faccenda con un tranquillizzante “a volte vincono i buoni”. Tutto sembra risolto, se non fosse che il padre della vittima è appena uscito di galera e si mette a minacciare l’assassino e la sua famiglia, facendo a poco scoprire una realtà molto più complicata, corrotta e brutale di quanto sembrava.
Il taglio è quello dei romanzi di Lonsdale, dove la violenza più efferata si mescola a un umorismo beffardo, e il film non si sottrae al gioco di guardare consapevolmente a situazioni e personaggi canonici: con una vicenda solida e cupa, ma raccontata in modo brillante sapendo perfettamente che si sta facendo del neonoir per un pubblico complice di quelle allusioni.
Lo stesso regista, del resto, dice di aver guardato esplicitamente al thriller degli anni ’80, per una vicenda che ha voluto manenere ambientata nel 1989, anno in cui uscì il libro di Lonsdale. “Come molti, ho sempre guardato dall’alto gli anni ’80, avevo la sensazione che fosse un decennio noioso (a parte “Velluto blu”) dopo lo splendore degli anni ’70. Ma, facendo le nostre ricerche per look e musiche, mi sono innamorato di quell’epoca e questo ha rilanciato il mio amore per certi film con i quali ero cresciuto”.
In questo revival anni ’80, si inseriscono alla grande due star dell’epoca, al fianco del Michael C. Hall di “Dexter”. Uno è Sam Shepard, nella parte del vecchio padre pregiudicato in cerca di vendetta, aspro e violento sia quando se la prende con l’americano tranquillo, sia quando capisce la vera natura del proprio figlio. Il regista dice tra l’altro che Shepard gli ha risolto almeno una scena decisiva, riscrivendola. Ma l’altro è ancora meglio: Don Johnson, in un ruolo un po’ alla Dennis Hopper, quello di un detective privato che arriva dritto dal Texas con la sua spavalderia a bordo di un’auto targata RED BTCH.
Alla fine, i più attenti hanno inserito “Cold in July” nel gruppetto dei film migliori di Cannes 2014: ora vediamo se almeno questo film di Mickle arriva in Italia, perché è ormai da un pezzo che i buoni film di genere visti a Cannes non escono nelle nostre sale, mentre arrivano piccoli titoli di pseudo-essai che magari costano pochissimo ma sono destinati ad essere proiettati in salette vuote senza lasciare memoria di sé.
(Renato Venturelli)

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