Capire i comici


di Renato Venturelli.
Paolo Costella ha cominciato come sceneggiatore con Marco Ferreri, ma ha poi scoperto il piacere di lavorare nella commedia. Dirigendo Salemme, Boldi, Finocchiaro e Littizzetto, Aldo Giovanni & Giacomo…

HA DIRETTO BUONA PARTE DEGLI ATTORI COMICI ITALIANI ed è ormai considerato uno specialista della commedia. Ma ha lavorato per anni anche con Marco Ferreri, e con Laura Betti ha fatto un film su Pasolini: Paolo Costella era partito giovanissimo da Genova all’inizio degli anni ’80 per fare cinema, e il cinema lo ha fatto veramente in tutti i modi.

«Ero andato a Roma per seguire un corso di sceneggiatura di Ugo Pirro e Leo Benvenuti, e da lì s’è messo in moto tutto. Benvenuti mi ha presentato a Carlo Verdone e ho fatto l’assistente in Cuori nella tormenta, girato tra l’altro nello spezzino. Poi Verdone mi ha chiamato come aiuto per I due carabinieri, Enrico Oldoini mi ha fatto diventare sceneggiatore… A Oldoini devo moltissimo, è una collaborazione che dura fino ad oggi».

E Marco Ferreri?

Mi piacevano moltissimo i suoi film e quando facevo il giornalista l’avevo tampinato alla Mostra di Venezia dell’81. A portarmi da lui fu una sceneggiatrice con cui nel frattempo avevo cominciato a collaborare, Liliana Betti.

Grande personaggio, la “musa” di Fellini…

Era una persona molto intelligente e stimolante, ebbe una collaborazione lunghissima con Fellini, poi più breve con Ferreri. Li accompagnava nel lavoro in modo creativo: aveva sensibilità, cultura letteraria, ma soprattutto una capacità straordinaria di entrare nel mondo poetico dei registi con cui lavorava e di aiutarli ad esprimerlo.

Con che film cominciasti con Ferreri?

Pur di lavorare con lui accettai di retrocedere a secondo aiuto per La casa del sorriso, che poi vinse l’Orso d’oro a Berlino. Il primo aiuto era Radu Mihaileanu, il futuro regista di Train de vie. C’è una cosa poco nota: Ferreri voleva dei pigmei come inservienti della casa di riposo in cui si svolge il film…

Era la sua ossessione di quegli anni: la vecchiaia, l’infermità, gli extracomunitari ad assistere il nostro disfacimento.

Forse era legata anche al fatto che era morta da poco sua madre, credo che La casa del sorriso sia nata anche da quello. Comunque, Radu andò in Africa per fare questo casting di pigmei, ma poi il governo africano creò un sacco di complicazioni burocratiche e non se ne fece niente: i pigmei dovetti andare a cercarli io a Castel Volturno! Nel frattempo Radu ebbe altri impegni e diventai primo aiuto. Tra le altre cose, andavo in giro a intervistare gli anziani negli ospizi. Venni all’Albergo dei Poveri di Genova, parlai con una strana ex-spia russa, con un latinista, tutti spunti su cui Ferreri creava poi i suoi personaggi.

Con Ferreri scrivesti anche alcune sceneggiature.

Sì, ma la cosa più interessante era quello che succedeva tra un film e l’altro, vivere con lui mentre pensava ai film da fare, leggere libri, viaggiare insieme. A un certo punto scoprì nel Ponente ligure un concorso sul più bello d’Italia e riuscì ad infilarmi come membro della giuria: voleva farci un film. A quell’epoca avevo un assistente belloccio, lo feci iscrivere al concorso… e vinse! Ferreri aveva intuizioni continue. Con lui scrissi La carne. E Diario di un vizio, che nasceva da un diario autentico, trovato da Liliana Betti nella pensione in cui viveva. Bucchi reinventò quel diario graficamente, ma il testo originario era rispettato nel film in modo a volte letterale. In quegli anni si accusava Ferreri di sciattezza di stile, ma era lui che provocatoriamente voleva girare in modo da concentrare l’attenzione su quello che nel film gli interessava, anche in polemica con i critici e con l’ambiente.

Hai lavorato con Laura Betti, altro personaggio.

L’avevo conosciuta per un corto, L’amore era una cosa meravigliosa, storia di un vecchio che non vuole morire in ospedale e cerca di tornare a casa, ma la moglie (Laura Betti) non vuole che muoia da lei e gli impedisce di entrare: così si aggrediscono, il giorno dopo li trovano morti avvinghiati e tutti credono sia un estremo abbraccio d’amore…  Quando poi Laura Betti fece Pier Paolo Pasolini e La ragione di un sogno, mi chiamarono per affiancarla. Fu molto generosa ad accreditarmi come coregista: il film in realtà era suo. E’ molto bello, racconta Pasolini in una chiave sentimentale, poetica. Laura Betti e Ferreri vengono ricordati come persone aggressive, turbolente. In realtà erano di grande generosità e dolcezza. E di grande rigore: qualunque dettaglio lo curavano in modo maniacale.

E la commedia?

È un genere che non avrei mai pensato di fare, ma avendo cominciato a lavorare in quel campo e siccome mi piace fare film ho finito per diventare un regista di commedie. Però sono lavori su commissione: il vero autore dei film comici è sempre il comico, è lui che stabilisce le cose fondamentali, anche se poi il film lo dirigo io.

Cosa ti interessa di più nei film comici?

Mi affascina cercare di tradurre quel mondo che il comico rappresenta e la storia che vuole raccontare. Ho lavorato con comici molto diversi. In tv ho fatto Dio vede e provvede con Angela Finocchiaro, con cui mi ero trovato in grande sintonia. Poi ho fatto Tutti gli uomini del deficiente con Gialappa’s, Littizzetto, Hendel, Crozza, De Luigi, Aldo Giovanni e Giacomo… Questi erano di una generazione vicina alla mia, in altre occasioni ho lavorato con attori molto diversi da me sia come età che come tipo di comicità. Il cinema comico mi interessa come regia non autoriale, come modo di stare accanto al comico. E mi diverte la diversità di rapporto che si crea di volta in volta, un po’ come fossi un attore che cambia ruolo e personaggio.

Ma che tipo di film sentiresti più vicino a te?

Preferisco tempi di racconto più lunghi, con uno stile semplice ma con immagini forti. Mi sono piaciuti molti film nordici: ad esempio Kitchen Stories, che mette insieme comicità e sentimenti in modo molto originale. Oppure mi piace Se mi lasci ti cancello, con una sceneggiatura meravigliosa di Charlie Kaufman e una struttura drammaturgica sofisticatissima. Del resto sono cresciuto nella tradizione della commedia italiana ma i film di Gassman e Sordi li ho visti anni dopo che erano stati fatti, mentre sono più vicini a me, che so, i Ben Stiller o il Saturday Night Live.

Postato in Numero 100, Registi.

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