Rassegna le strade del noir – Il grande caldo – (The Big Heat)


il grande caldo locandinaDopo il suicidio di un poliziotto e l’omicidio della sua amante, l’investigatore Dave Bannion (G. Ford) cerca d’indagare sull’avvenimento. I superiori vogliono però impedirgli d’andare avanti, arrivando persino al licenziamento, in quanto alle due morti è collegata la figura di Lagana, l’uomo politicamente ed economicamente più importante della città. Il protagonista continua comunque ad investigare. Inoltre, da quando sua moglie viene assassinata per errore da dei gangster, sarà la sete di vendetta a possederlo e a spingerlo con ogni forza a tentare d’incastrare i colpevoli.

Il grande caldo è considerato uno dei capisaldi del noir anni ’50 e uno dei migliori film americani di Fritz Lang.

Il cineasta tedesco firma una delle sue opere più politiche e graffianti, mostrando quanto il potere (dai politici alla polizia) sia corrotto, protetto e colluso con la criminalità organizzata.

Come nelle pellicole precedenti, quali M – Il mostro di Dusseldorf (1931) e Furia (1936), Lang dimostra di non avere alcuna fiducia nella giustizia ufficiale, quella organizzata e istituzionale, o in quanto corrotta, o perché incapace. Non si deve pensare, però, che il regista sia favorevole alla vendetta e alla giustizia “fai da te”, in quanto nel caso di The big heat (questo il titolo originale del film) il vendicatore solitario diventa violento e pericoloso quasi quanto le persone contro cui vuole combattere, arrivando talvolta ad usare i loro stessi metodi.

In questo senso è bene citare una frase di Lang a proposito della distinzione tra “buoni” e “cattivi”: «Ci sono solo due categorie di persone: i cattivi e i molto cattivi. Ma noi siamo giunti ad un accordo e chiamiamo buoni i cattivi e cattivi i molto cattivi».

Tale affermazione conferma il cupo pessimismo del cineasta, il quale non crede né alle istituzioni, né all’individuo, vedendo sempre il lato oscuro dell’uomo e dell’umanità, come dimostra almeno in parte nel noir in questione.

Altra tematica della pellicola è l’aggressività presente nella nostra società e dentro noi stessi.

Il film, infatti, è considerato come uno dei più violenti degli anni ’50 e non è un caso che l’inquadratura iniziale mostri proprio una pistola, mostrando efficacemente e da subito le “intenzioni” del regista.

Da notare che in questo noir gran parte degli omicidi, esplosioni e risse presenti avvengono fuori campo, senza che la violenza venga mostrata direttamente al pubblico.

In un’intervista, Lang dichiarò che la scelta di far percepire la brutalità invece che d’inquadrarla direttamente serviva a coinvolgere lo spettatore in modo più forte e profondo.

Infatti, quello che veramente interessa al regista tedesco non è tanto mostrare la violenza in sé e fine a se stessa, quanto riflettere su di essa e sulle conseguenze che provoca.

Come nelle sue opere precedenti, comprese quelle tedesche, il regista affronta il tema del doppio.

Infatti, in Il grande caldo tutto, o quasi, ha una duplice valenza: l’investigatore Bannion, che da un lato rappresenta il poliziotto onesto dalla famigliola felice, ma che dall’altro si dimostra vendicativo e violento; la pupa del gangster (G. Grahame), da una parte cinica nell’accettare i soldi e il lusso sporco del compagno, dall’altra stanca degli omicidi e dei soprusi che vede commessi quotidianamente; la villa di Bannion, apparentemente “per bene”, ma che in realtà serve per orribili complotti.

L’immagine che più di altre racchiude tale argomento è senza ombra di dubbio quella del volto sfigurato per metà della Grahame: il “bene” (le virgolette sono d’obbligo, visto il pensiero di Lang sopra citato) e il male rappresentato in una figura sola e in una sola persona.

L’idea è entrata così nell’immaginario, che Almodóvar l’ha citata nel film Che ho fatto io per meritare questo? (1984).

Alcune fasi del racconto, come scritto nel libro L’età del noir di R. Venturelli, sembrano procedere quasi come un western: dalla scena dello scontro al bar tra G. Ford e L. Marvin (il capo banda dei gangster) alla sparatoria finale.

Questo non è casuale, in quanto il western affronta temi come la vendetta, la violenza e il conflitto tra giustizia ufficiale e individuo, problematiche trattate anche da questo noir.

Piccola curiosità: l’espressione The big heat, nel gergo della malavita americana sta a indicare un’azione più aspra e forte da parte della polizia contro la criminalità.

Considerando che nel film l’unico che porta avanti dall’inizio alla fine la lotta contro i gangster è un solo investigatore e che, in gran parte, la conduce fuori e contro le istituzioni di cui faceva parte viene da porsi una semplice domanda: il titolo è ironico?

(di Juri Saitta)

Guarda il video – Il grande caldo

Regia: Fritz Lang
Cast: Glenn Ford, Gloria Grahame, Lee Marvin
Sceneggiatura: Sydney Boehm, William P. McGiven
Anno: 1953
Genere: Noir
Durata: 87 minuti circa

Postato in SC-Rassegne, Spazio Campus.

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