La storia di Roberto Frisone


Roberto Frisone

Roberto Frisone (foto di S. Bianucci)

I problemi e la forza della nascente cinematografia ecuadoriana secondo uno scenografo italiano emigrato in Ecuador.

Al Genova Film Festival a rappresentare il cinema ecuadoriano, incontrando il pubblico e assistendo alle proiezioni dei film, non c’erano solo Clara Salgado e Fernando Mieles, ma anche un’altra personalità importante di tale cinematografia, lo scenografo Roberto Frisone.

Ieri pomeriggio, dopo la proiezione del cortometraggio La verdad sobre el caso del senor Valdemar (La verità sul caso del signor Valdemar, C. A. Vera, 2009), un horror ambientato a Quito nel 1873, tratto da un racconto di Edgar Allan Poe, di cui Frisone ha curato l’aspetto visivo (arredamento, costumi, effetti speciali, ecc.), lo scenografo ha incontrato il pubblico.

Frisone ha una storia molto interessante e curiosa da raccontare, in quanto è un italiano che è emigrato in Ecuador e che vive nel paese sud americano da 26 anni.

“Sono partito in Ecuador come turista e, successivamente, trovando l’amore e il lavoro ho deciso di restare” racconta Frisone, il quale spiega che all’inizio “nel cinema ecuadoriano non c’erano scenografi, ma solo due architetti che ricoprivano quel ruolo. Io conoscevo un aiuto regista che stava lavorando in un film. Sapeva che c’erano dei problemi tra il regista e l’architetto. Quando quest’ultimo se ne andò dal set, mi chiesero di sostituirlo. Così è cominciato il mio lavoro in Ecuador. Sono stato il primo vero scenografo del paese, ora ce ne sono circa 8”.

La vicenda di Roberto Frisone racconta molte cose sullo stato del cinema ecuadoriano e sulla sua storia: “quando sono arrivato, si producevano 1 o 2 pellicole all’anno. Ho lavorato in 31 film, ma molte erano produzioni televisive, altre erano estere, perché molti film statunitensi vengono girati in Ecuador, tanto che ho avuto occasione di prendere parte ad un film di John Malkovich. Oggi invece le produzioni ecuadoriane sono molto aumentate, dal 2006 si realizzano circa 20 pellicole all’anno. Attualmente ci sono molti giovani che stanno realizzando delle opere fresche e originali, cercando di sperimentare per non giare dei prodotti in linea con la Hollywood a cui siamo stati abituati. Nonostante ciò, i fondi son pochi, molto spesso dobbiamo improvvisare i set su dei capannoni”, ma questo permette anche d’intraprendere un percorso originale e alternativo, infatti “costruiamo gli oggetti scenici, comprese le scenografie, utilizzando del materiale riciclabile” aggiunge lo scenografo.

A proposito del cortometraggio proiettato, Frisone narra che “è stato costoso girarlo, ci sono voluti 46.000 dollari e lo Stato ha coperto le spese solo per 12.000”, ma il film “ha avuto comunque un certo successo ed è rimasto nelle sale 2/3 settimane, che per un mediometraggio è un ottimo risultato, contando anche che in Ecuador non si producono e non si vedono molti horror”.

Da questa storia particolare e interessante, di cui ci sarebbe ancora molto da dire (chissà quanti aneddoti e quante riflessioni) abbiamo avuto la conferma che quello ecuadoriano, per quanto in difficoltà economica, è un cinema pieno di vita ed energia, con molti giovani emergenti e intraprendenti, non solo tra registi e attori, ma anche tra i tecnici, che, come sappiamo, risultano fondamentali per la buona riuscita di un film.

(di Juri Saitta)

Postato in 14° Genova Film Festival, SC-Festival, Spazio Campus.

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