Perchè Sean Penn


Sean PennOgni copertina di FilmDoc vuole avere un significato che va al di là della semplice attualità. A novembre c’era Hayao Miyazaki, in occasione dell’uscita in sala di Porco Rosso e della mostra all’Accademia. A gennaio Clint Eastwood. A marzo Nanni Moretti. Tutti nomi che non hanno bisogno di molte spiegazioni. Stavolta c’è Sean Penn, presente a Cannes con due film che si annunciano tra i più importanti della stagione: The Tree of Life di Malick e This Must Be the Place di Sorrentino.

Se gli dedichiamo la copertina è perché Sean Penn è qualcosa di più di un grande attore e di un ottimo regista. Sean Penn è il cinema americano che noi amiamo. Uno dei suoi punti di riferimento.
Quando si impose come attore, incarnava sotto molti aspetti gli anni ’50 degli anni ’80, quel movimento sotterraneo che si snodava tra le finte nostalgie retrò, con i Peggy Sue si è sposata, I guerrieri della 56° strada o Rumble Fish di Coppola, con l’altra faccia di Mickey Rourke e tanti altri ancora. Fin dal suo primo apparire, dimostrava di volersi apertamente ricollegare alla generazione dei James Dean e dei Sal Mineo, di Dennis Hopper e dei ribelli senza causa passati attraverso le esperienze di Cassavetes e del cinema anni ’70.

Ogni suo film da regista ha continuato a dimostrare questa volontà di stabilire un legame profondo con quelle radici del cinema americano, classiche e moderne al tempo stesso. Lo ha dimostrato ogni volta scegliendo attori come Charles Bronson o Ernest Borgnine, lo stesso Jack Nicholson e ovviamente Dennis Hopper: scelte mai citazioniste, mai superficialmente cinefile, ma al servizio di un lavoro comune e di una ricerca di scavo e di continuità col passato. E lo ha fatto con le sue scelte di indipendenza, diametralmente opposte rispetto al famigerato “stile Sundance”, di chi crede che indipendente sia ”non aver nessuna storia da raccontare” (parole sue), cosciente invece di una libertà che va pacatamente contrattata giorno per giorno, film per film.

Sean Penn è la continuità del miglior cinema americano, capace di guardare intensamente al passato senza ombra di nostalgie, di difendere libertà e indipendenza senza ideologismi. Non sarà un caso se Eastwood lo ha voluto per sé in Mystic River: e proprio nel momento in cui veniva massacrato da mezza America per il suo episodio di 11 settembre 2001.

Postato in Numero 93, Una voce per il cinema.

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