Incontro con Francesco Falaschi in occasione della proiezione del suo ultimo film Questo mondo è per te
La difficoltà di un diciannovenne nel conquistarsi un’autonomia economica e psicologica. Il rapporto padre-figlio. La capacità di scegliere e decidere in un’età di passaggio vissuta in un’epoca di crisi, le intermittenze nell’amore e nell’amicizia sono alcuni dei temi proposti da Questo mondo è per te di Francesco Falaschi, presentato il 15 aprile scorso al Cinema Eden, in collaborazione con il Missing Film Festival, con in sala il regista e il protagonista Matteo Petrini.
Nell’occasione sono stati proiettati anche due tra i cortometraggi più apprezzati del regista toscano: Quasi fratelli (1998) con Renato Carpentieri e Adidabuma (1999) con Pierfrancesco Favino. ‘Sono legato particolarmente a questa città perché qui, al Genova Film Festival nel 2007, mi è stata dedicata la retrospettiva completa dei miei lavori – ha esordito Falaschi – e sono genovesi, tra l’altro, gli autori delle musiche di questo film: Pivio & Aldo De Scalzi con Luca Cresta & Claudio Pacini’. Nato come un workshop della scuola di cinema di Grosseto, in cui insegna lo stesso Falaschi, il film sarà proposto al pubblico dei cineclub e delle sale FICE del circuito regionale.
A differenza di tanto cinema giovanilistico e para-televisivo, che va per la maggiore, Questo mondo è per te sa raccontare in modo leggero e umoristico, che non vuol dire superficiale, l’eterna condizione giovanile.
‘Sono stato sempre scettico di fronte ai giudizi paternalistici sui giovani, sulla loro presunta diseducazione culturale e sentimentale. E quindi ho pensato che raccontare una storia di formazione su un ragazzo di oggi può mettere in campo temi universali. E raccontare alcuni sentimenti diffusi di questi anni, che appartengono a tutte le generazioni.’
Questo mondo è per te è la storia di Teo, un ragazzo di 19 anni appena diplomato, aspirante scrittore cresciuto con il mito di John Fante, Bukowski e Bianciardi, chiamato a dover essere economicamente autonomo a causa delle traversie finanziarie dovute ai problemi di salute del padre. Tra lavori precari, talvolta assurdi e grotteschi, ed esperienze affettive e sentimentali, resterà a galla senza annegare.
‘Abbiamo cercato di raccontare – ha continuato Falaschi – non tanto il precariato ma la sensazione di precarietà che affligge la società odierna, una sensazione attualmente molto diffusa in tutte le fasce d’età che inibisce le decisioni, castra i sogni e mina la sicurezza e la stima di sé ‘.
Significativo, in fase di sceneggiatura, l’apporto dello scrittore Filippo Bologna, autore di “Come ho perso la guerra“, finalista al Premio Strega 2009, alla sua prima collaborazione cinematografica.
‘Ognuno cerca di fare i film che vorrebbe vedere – ha proseguito Falaschi – abbiamo provato a scrivere una commedia italiana nel senso più alto. Anche in scrittura abbiamo concepito un film che avesse una sua dimensione piuttosto contenuta nei costi ma che potesse aspirare a un pubblico vasto, giovanile e non. Si tratta quindi di un film indipendente ma non per questo non pensato per il pubblico’. Lo sguardo con cui seguiamo la vicenda è sempre quello di Teo, il protagonista del film (un convincente Matteo Petrini al suo esordio), gli occhi di un adolescente sognatore e intransigente che diventano una sorta di soggettiva morale con cui l’obiettivo fotografa e giudica il mondo. Altro elemento di pregio del terzo lungometraggio di Francesco Falaschi, dopo Emma sono io (2002) e Last Minute Marocco (2006), sono le location.
‘Girato tra Follonica, Grosseto e Scansano – ha precisato il regista – ho cercato inquadrature non oleografiche, immagini non esclusivamente descrittive, ma che avessero una loro funzione narrativa. Ho provato a concepire gli esterni non come fondali da cartolina, sebbene bellissimi, ma come paesaggi dell’anima, capaci di suggerire le emozioni e il senso di spaesamento dei protagonisti’
(di Giancarlo Giraud)