Contra el silencio – Seconda giornata


Altri sguardi sul mondo
O carcere e a ruaSempre nella seconda giornata della rassegna cinematografica, dalle produzioni indipendenti si è passati all’altro grande tema affrontato nel Festival, le carceri, con le proiezioni di O carcere e a rua (Liliana Sulzbach, 2004) e Relatos desde el encierro (Guadalupe Miranda, 2004).

La prima pellicola firmata dalla giornalista brasiliana e vincitrice del Premio Ex-Aequo categoria Diritti Umani, Festival Voces Contra El silencio, segue le vite parallele di tre donne, tre età, tre destini disperati e senza futuro che oscillano nell’altalena tra la durezza del mondo-carcere di Madre Pelletier e l’inadeguatezza del mondo-libero tra le strade del Brasile. È lo sguardo di Claudia, 54 anni,scavata da oltre diciassette di carcere, a sfuggire volutamente agli occhi dei passanti nel suo primo giorno di semi-libertà; è quello di Claudia, 19 anni, macchiata dal crimine di omicidio del proprio figlio ad essere smarrito nel vuoto di una vana attesa della madre; è quello di Betania, trentenne, ricco di speranza nel poter vivere senza dovere più rendere conto di sé a nessuno, disposta ad abbandonare le regole di un regime semilibero per vivere una storia d’amore con la sua compagna di cella. Sono sguardi tagliati dalle sbarre arrugginite di un penitenziario. Sono occhi accecati dalla luce della strada troppo luminosa e a misura d’uomo per chi è rimasto intrappolato nel buio labirinto della routine carceraria. Sono voci smarrite nell’eco del vuoto dei lunghi corridoi e confuse nel pieno dei suoni metallici di porte di ferro, di passi sempre lontani e scanditi dal ritmo di un sistema serrato. Una strada e un carcere: due facce opposte della stessa medaglia, quella di una Libertà negata dagli altri e mai restituita da se stessi.

Concetto di libertà-da e libertà-di espresso con delicatezza e profondità nella seconda proiezione, vincitrice del Premio Ex-Aequeo categoria Donne, Festival Voces Contra El Silencio. All’interno della prigione Puente Grande di Jalisco, in Messico, la regista ha realizzato nell’arco di otto mesi un laboratorio di fotoromanzo rivolto alle detenute. Un’occasione che per i soggetti coinvolti ha dato vita a un rapporto di confidenza, fiducia e rispetto reciproco. Una pellicola nella quale vengono impresse le esperienze emotive della reclusione, indagato il valore prezioso della libertà, tratteggiata la condizione umana di solitudine, dipingendo così il mondo di vite, storie e anime prigioniere delle proprie inclinazioni e dei propri amori prima ancora della giustizia e delle sue sbarre.

È l’alternanza delle sequenze a calore e in bianco e nero a sottolineare quello scarto incolmabile tra l’oggi-dentro e il ieri-fuori. Ed è in questo mondo sospeso tra le cause del passato e le sue conseguenze del presente a rendere difficile la riconquista di una propria autonomia, psicologica e fisica. È l’immagine in bianco e nero di grande cesoie che tagliano l’erba vecchia e troppo alta del proprio giardino ad ancorare negli abissi del remoto la possibilità di trovare una via d’uscita allo stato prigioniero. È il primo piano di mani che lavano accuratamente i propri panni a conferire la volontà di chiudere con il vissuto dimenticando però che è nel tessuto stesso di quei vestiti che risiede la parola prigione. Per avventura, per casualità, per gioco, per amore, sono vite rubate alla totalità della vita, sottomesse all’impossibilità “di non potersi più prendere cura di”, annientate e nello stesso tempo alimentate dalla circolarità sulla quale trascorrono i giorni, i mesi, gli anni, i pensieri, le paure, le mancanze della prigione. Sono le testimonianze di cuori divenuti “duri” che non sono più disposti ad ascoltare la voce dei loro corpi, il silenzio delle proprie anime, l’eco delle più semplici ragioni di vita.

Perché forse, il trait d’union delle pellicole proiettate nella seconda giornata della rassegna, il filo rosso sul quale si sono alternate le voci degli oggetti ripresi sono gli “altri” sguardi, le “altre”storie, le “altre” vite. Dimenticate e omesse da una società muta e smemorata ma incorniciate nell’obiettivo di una telecamera, registrate nel nastro di una pellicola e fatte girare nel proiettore della Vita. Per una lotta Contra el Silencio di chi ha creduto, lavorato, amato, sbagliato e pagato con tutto se stesso.

(di Chiara Accogli)

Postato in SC-Rassegne, Spazio Campus.

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