Benvenuti a tavola – Quando il cinema sposa la cucina

Benvenuti al sudIn principio era Bienvenue chez les Ch’tis, ovvero: benvenuti nel nord-est della Francia, nella regione Nord Pas de Calais, dove agli abitanti, gli Ch’tis, a cui si attribuiscono una certa arretratezza culturale e bizzarre abitudini alimentari – ricordate il formaggio Maroilles spalmato sul pane e inzuppato nel caffè di cicoria? – parlano un linguaggio incomprensibile. Si trattava di una commedia francese diretta da Dany Boon uscita nel 2008, distribuita in Italia con il titolo Giù al Nord, espressione paradossale ma efficace affinché fosse immediatamente chiaro il messaggio che si intendeva far arrivare: i pregiudizi che nutriamo verso coloro che vivono giù al Sud, qui riguardano una regione del Nord.

L’incredibile successo avuto dal film ha fatto pensare ad un remake per il mercato italiano, dal momento che in Italia i cliché riguardanti il Sud abbondano. Ecco quindi il film di Luca Miniero di cui Boon è produttore esecutivo e interprete di un piccolo cameo: Benvenuti al Sud, ovvero a Castellabate, in provincia di Salerno, nella regione Campania, dove gli abitanti fanno colazione con il sanguinaccio – sangue di maiale mescolato con crema pasticcera e cioccolato fuso, arricchito con pinoli e cedro candito – e parlano il napoletano. L’impianto narrativo del film, pur collocando i protagonisti nel contesto culturale italiano, segue pedissequamente l’originale francese. Come molti di voi già sanno, Alberto – Claudio Bisio – lavora in un ufficio postale in Brianza, è membro dell’illustre Accademia del gorgonzola, forse è leghista, dal momento che la moglie milita nelle ronde cittadine ed ha un sogno che insegue da anni: essere trasferito a Milano. Verrà invece punito e mandato a Sud, dove “tutti sono terroni. Anche i gatti e i cani sono terroni”, dove ”vedi Napoli e poi muori. Sì, perché lì ti ammazzano” e dove le abitudini alimentari sono primitive, esagerate e prive di gorgonzola. Parte piangendo, con un giubbotto antiproiettile, una trappola per topi e abbondanti scorte di gorgonzola. Dopo il primo traumatico impatto, capirà di aver trovato un luogo incantevole abitato da persone generose ed ospitali che, in una sera d’estate, sedute attorno al tavolo di un ristorante che guarda il mare, lo introducono ai suoni della loro lingua e alla ricchezza del loro cibo.

La tavola è imbandita con prodotti del Parco Nazionale del Cilento, come il fico bianco e la soppressata di Gioi: un insaccato inserito tra i presìdi Slow Food, un impasto fine e totalmente magro di carne suina con al centro un filetto di lardo che, oltre a conferire alla fetta il suo caratteristico aspetto, mantiene umido l’impasto. E non mancano alcuni grandi piatti della tradizione campana: fusilli al ragù, impepata di cozze, alici arreganate, alici abbottonate…. Una cena strepitosa, nonostante l’assenza del gorgonzola.

Data la bontà e la semplicità delle ricette, proviamone due.

Alici arreganate: diliscate le alici, circa due etti per persona, disponetele a strati in un ruoto – termine napoletano per teglia rotonda – versatevi sopra olio extravergine, aglio tagliato a fettine – per tagliarlo nel modo corretto dovreste riguardarvi Paul Sorvino, di origini napoletane, in Quei bravi ragazzi – origano, sale, pepe e due cucchiai d’acqua. Mettetele in forno per un quarto d’ora e a fine cottura aggiungete due cucchiai d’aceto.

Impepata (’mpepata) di cozze: mettete le cozze ben lavate in un ruoto largo con abbondante pepe macinato al momento, copritele e fatele aprire a fuoco vivo mescolando di tanto in tanto, quando saranno aperte aggiungete prezzemolo tritato e servitele con il brodo di cottura. Se potete, evitate il limone.

Trovandoci in Campania, rendiamo omaggio a Avanti! di Billy Wilder e abbiniamo un’Ischia Biancolella.

(Antonella Pina)

Postato in Numero 92, Quando il cinema sposa la cucina.

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