The Killer Inside Me


The killer inside meViolenza senza anima
Tratto dall’omonimo romanzo pubblicato nei primi anni Cinquanta da Jim Thompson (1906-1977), l’ultimo film di Michael Winterbottom è stato accolto come un’indebita invasione di campo, anche da parte di coloro che pur avevano parlato bene delle prove precedenti (da Benvenuti a Sarajevo a Genova) del cinquantenne regista inglese. I cultori dei noir di Thompson non vi hanno ritrovato la folle ossessione dell’originale.
I fans di Stanley Kubrick non hanno persa l’occasione di ricordare che persino il loro beniamino, pur avendo collaborato con Thompson per le sceneggiature di Rapina a mano armata e di Orizzonti di gloria, fece un passo indietro di fronte alla tentazione di portare sullo schermo questa storia costruita nel crescendo del monologo interiore di un protagonista in viaggio verso un’irreversibile follia fatta di violenza e di masochismo senza via di ritorno. Qualcuno ha cercato anche di screditare il film paragonandolo a quello, sicuramente ben pochi lo hanno visto, che Burt Kennedy trasse dallo stesso romanzo, nel 1976, con Stacy Keach nel ruolo che Winterbottom affida ora a Casey Affleck. Troppo rumore per nulla, perché se questo The Killer Inside Me non è certo un film pienamente convincente ciò dipende soprattutto dai limiti di fondo di tutto il cinema di Winterbottom, che pur realizza qui una delle sue opere migliori. Nello scorrere delle sue immagini, comunque, c’è un clima (il Texas polveroso, che sa di soldi e petrolio) e c’è un tono che ben prelude agli improvvisi scoppi di violenza di un tutore della legge (il protagonista fa di mestiere il vice sceriffo), che è il primo a stupirsi delle forze inconsce che si agitano dentro di lui. Quello che manca al film è soprattutto ciò che Winterbottom non è mai stato capace di portare sullo schermo, probabilmente perché in quanto regista non lo possiede: vale a dire, un’anima delle cose rappresentate, uno sguardo capace di dare senso universale al comportamento dei personaggi, un’autentica partecipazione a quanto costoro stanno facendo, siano essi vittime o carnefici. E’ questo che rende The Killer Inside Me un film che non soddisfa mai pienamente, né nei suoi silenziosi campi lunghi sui grandi spazi texani, né negli improvvisi e insistiti momenti di violenza (il vice sceriffo si accanisce con pugni e calci sul volto e sul corpo delle due donne che ama). Troppo programmatici ed esteticamente compiaciuti entrambi. Testimonianza di un cinema senz’anima, appunto. Anche se poi, nel suo complesso, il film si lascia vedere: non solo perché in fin dei conti sa restituire nelle sue linee generali l’assunto narrativo di Thompson, ma anche per la capacità dei suoi interpreti (compreso l’attonito Casey Affleck) di suggerire una possibile credibilità ai loro personaggi.

(Aldo Viganò)

The Killer Inside Me
(Usa, 2010)
Regia: Michael Winterbottom
Sceneggiatura: John Curran, dal romanzo di Jim Thompson
Fotografia: Marcel Zyskind – Musica: Joel Cadbury e Melissa Parmenter
Scenografia: Mark Tildesley
Costumi: Lynette Meyer
Montaggio: Mags Arnold.
Interpreti: Casey Affleck (Lou Ford), Kate Hudson (Amy Stanton), Jessica Alba (Joyce  Lakeland), Ned Beatty (Chester Conway), Elias Koteas (Joe Rothman), Tom Bower  (sceriffo Bob Maples), Simon Baker (Howard Hendricks), Bill Pullman (Billy Boy Walker)
Distribuzione: Bim
Durata: un’ora e 49 minuti

Postato in Numero 91, Recensioni, Recensioni di Aldo Viganò.

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