La guerra per bande


Vallanzasca CastArriva nelle sale il Vallanzasca di Michele Placido, ultima incursione del cinema italiano in una mitologia della cronaca nera fatta di personaggi autentici, con nomi, cognomi e imprese da prima pagina impostesi nell’immaginario collettivo di una nazione. Idealmente, all’origine di tutto potremmo mettere il Salvatore Giuliano (1962) di Francesco Rosi, riflessione su una figura cruciale del banditismo italiano, con tutti i misteri irrisolti, le connessioni politiche, le ombre cupissime che la sua vicenda getta sulla storia della neonata Repubblica nella fosca Sicilia dell’immediato dopoguerra: come poi ha ribadito a tanti anni di distanza l’ottimo Segreti di stato (2003) di Paolo Benvenuti.

Quello di Rosi è anche un film nodale per il modo in cui affronta l’argomento, combinando rigore teorico e impianto spettacolare. Ma il modello più popolare è stato forse quello praticato in più occasioni da Carlo Lizzani, con la sua combinazione di neorealismo italiano, action all’americana e instant-movie destinata a trionfare soprattutto in Banditi a Milano. E chi ha saputo rilanciare in questi ultimi anni il filone è stato proprio Michele Placido, col suo Romanzo criminale cui ha fatto seguito la notevole serie tv. Ecco le nostre tappe di un’ideale guerra per bande del cinema italiano: senza dimenticare i film dedicati all’ondata terroristica, ma quella, come si dice, è un’altra storia…

Il gobbo (1960)
La storia del “gobbo del Quarticciolo”, partigiano, antifascista e bandito, morto ammazzato nel gennaio 1945 dopo aver combattuto i tedeschi e pure gli americani. Un ritratto cupissimo della Roma 1943-45, realizzato da Carlo Lizzani per raccontare “le ambiguità, i lati oscuri di quella ripresa italiana dopo la Liberazione di Roma”: con Gérard Blain protagonista, e Pier Paolo Pasolini che collabora ai dialoghi romaneschi, interpretando anche (doppiato) la parte di Leandro detto “er monco”.

La banda Casaroli (1962)
Florestano Vancini si rifà a uno degli episodi di cronaca nera più famosi degli anni ’50: le imprese della banda Casaroli, che partendo da Bologna rapinò le banche di mezza Italia, in un misto di ribellione giovanile, retaggi fascisti, sbandamenti di ragazzi del dopoguerra ancora intrisi dell’ideologia del ventennio. Splendido noir poco conosciuto, con Renato Salvatori, Tomas Milian, Jean-Claude Brialy e una parte ambientata a Genova: si vedono tra l’altro Via Madre di Dio, Sottoripa, piazzale Bligny, le alture del Righi. Da rivedere.

Svegliati e uccidi (1966)
Era il figlio di un lattaio milanese, ma divenne famoso come “il solista del mitra”, imperversando per qualche tempo tra l’Italia e la Francia. Ritratto di un giovane qualunque, finito criminale per amore dell’avventura e di una bella entraineuse, diventato poi un mito per giornali e media dell’epoca. Di Carlo Lizzani, con Robert Hoffmann, Lisa Gastoni, Volonté commissario e musiche di Morricone. E con una parte ambientata a Sanremo, dove Lutring va a spassarsela con gli amici: si vedono tra gli altri corso Matteotti, l’Hotel Royal, la Chiesa russa ortodossa.

Banditi a Milano (1968)
Ancora Lizzani, ancora un film ispirato alla cronaca nera con lo spirito dell’instant-movie spettacolare e post-neorealista. Stavolta è di scena la banda Cavallero, che con la sua fuga sanguinosa aveva tenuto banco per alcuni giorni su giornali, radio e tv. Strepitoso Volonté nella parte del lucidissimo protagonista, ma c’è anche Don Backy nella parte di Notarnicola, mentre Tomas Milian fa il commissario. Grande successo di pubblico: è uno dei film che preparano la stagione del poliziottesco.

Il camorrista (1986)
Il film d’esordio di Giuseppe Tornatore ci parla di “‘o professore ‘e Vesuviano”, delle sue imprese, della famigerata Nuova Camorra e del rapimento di un politico che coinvolse pure le BR: dietro altri nomi, tutti riconobbero la storia di don Raffaele Cutolo, del caso Cirillo e delle imprese della muova camorra, con qualche strascico giudiziario. Bel film, ma poco visto. Con Ben Gazzara e Laura Del Sol.

Fatti della banda della Magliana (2004)
Dallo spettacolo teatrale, la storia della banda della Magliana, che dettò legge nella Roma degli anni ’70 e ’80, passando dal traffico di stupefacenti a sequestri di persona, omicidi e rapporti col terrorismo nero: il tutto raccontato liberamente a partire dagli atti processuali e dalla confessione del boss pentito Abatino, facendo qua e là nomi e cognomi. Dirige Daniele Costantini, guardando soprattutto al carattere romano della banda: “una strana mescolanza di indolenza e ferocia, di ironia e spietatezza: giovani borgatari che possono essere considerati figli degeneri dell’Accattone di Pasolini”.

Romanzo criminale (2005)
Ancora la contro-epopea criminale della banda della Magliana, raccontata però in modo opposto rispetto al film di Costantini: non più la piccola produzione in chiave teatrale, ma il grande affresco storico-romanzesco, che parte dal mito dei banditi avventurieri e spietati per indagare sui destini e gli intrighi dell’Italia, dagli anni ‘70 allo sfascio di Tangentopoli. Tra pubblico e privato, azione e intimismo, con un cast che svaria da Accorsi a Rossi Stuart, da Favino a Scamarcio. Dal libro di De Cataldo, per la regia di Michele Placido, seguìto da una serie tv di grande successo.

La prima linea (2009)
Dal libro di Sergio Segio “Miccia corta”, la storia del terrorismo anni ’70 di Prima linea ripercorso dal suo interno: nessun affresco d’epoca, nessuna riflessione esplicita sul rapporto tra lotta armata, contesto italiano e stragi di stato, ma la storia intimista e claustrofobica di persone che si ritrovano progressivamente isolate dal mondo, rinchiuse in una folle logica di morte. Co-prodotto dai fratelli Dardenne, diretto da Renato De Maria, con Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno.

Postato in Numero 91, Varie.

I commenti sono chiusi.