A Ovsyanki il premio Taddei


Si è svolta al Nuovo di La Spezia la premiazione del regista russo Aleksei Fedorchenko.
Ovsyanki premio TaddeiOvsyanki. oltre ad essereVSYANKI, la parola russa per zigolo, è anche l’ultimo film di Aleksei Fedorchenko.
Presentato alla 67. edizione della Mostra del Cinema di Venezia con il titolo inglese Silent Souls, ha ricevuto oltre ai premi Osella per la fotografia e Fipresci, il Premio Padre Nazareno Taddei sj. Il Premio, istituito nel 2007 dal CiSCS (Centro internazionale dello Spettacolo e della Comunicazione Sociale) in occasione del primo anniversario della morte del Padre gesuita, intende segnalare tra i film in concorso a Venezia quello capace di “esprimere autentici valori umani con il miglior linguaggio cinematografico”.

Il CiSCS, fondato da Taddei e attualmente diretto da Gabriella Grasselli, ospita nella sede di La Spezia il Fondo Taddei: tutto il materiale accumulato dal Padre in molti anni di attività
in ambito cinematografico. Trattandosi di un Fondo di notevole rilevanza culturale, l’ottobre scorso la Regione Liguria lo ha acquisito destinandolo alla Mediateca Regionale.
La cerimonia per la consegna della 4. edizione del Premio è avvenuta presso il cinema Il Nuovo a La Spezia, dove il regista russo, accompagnato dal produttore Igor Mishin, ha parlato della sua passione per il cinema italiano, di come la sceneggiatura del film di Nanni Loy, Made in Italy, sia stata fonte di ispirazione per la sua carriera di regista ed ha dialogato con il pubblico cercando di spiegare le ragioni
del suo film. Ovsyanki racconta il viaggio intrapreso da due uomini – due discendenti dei Merya, un’antica tribù finlandese che ha abitato a nord di Mosca prima dei russi – per raggiungere il luogo in cui dovranno cremare Tanya, la donna amata da entrambi e moglie di uno di loro, così come vuole la tradizione Merya. Il destino, con le sembianze di una coppia di zigoli in gabbia, accompagna il viaggio dei due uomini come la piuma aveva accompagnato Forrest Gump, ma non con la stessa leggerezza. Si tratta di un’opera che riflette su molte cose: sulle tradizioni che tentano di sopravvivere alla modernità, sulla vita e sulla morte, sull’acqua che rende immortali e soprattutto, almeno nelle parole e nelle intenzioni del regista, sull’amore: “la sola cosa che non ha mai fine”. La pellicola, avendo trovato un distributore soltanto in Francia – fino al momento in cui scriviamo -, è stata proiettata in lingua originale con sottotitoli in francese.

(A.P.)

Postato in Liguria d'essai, Numero 91.

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