La passione


La passione filmVia Crucis in commedia
Al ritmo di quasi un film all’anno, il padovano Carlo Mazzacurati coniuga sul grande schermo l’immagine di un cinema medio “alla neo-italiana”, mettendo in scena film sottesi da una gentile visione della vita e abitati da personaggi che sollecitano l’identificazione del pubblico. Film scritti con una non esibita eleganza formale, probabilmente maturata sin dai tempi di gioventù, quando era un assiduo spettatore dei classici e un attivo organizzatore di cineclub (soprattutto “Cinema uno”, da lui diretto insieme con il non dimenticato Piero Tortolina).

Come testimonia anche La passione, quello di Mazzacurati è un cinema che ha ben poco a che fare con l’irruenza vitalistica e l’invenzione provocatoria cara ai maestri della commedia “all’italiana” degli anni Sessanta. Il suo è un cinema tendenzialmente discreto, che parla sottovoce, evoca sorrisi più che risate, suggerisce la domestica mediocrità dei personaggi più che provocare inquietudine con forti conflitti drammatici, predilige il già noto piuttosto che andare alla scoperta del nuovo. Un cinema “per bene” e venato da una sotterranea malinconia, come si addice non solo alla recitazione di Silvio Orlando e Giuseppe Battiston, che di La passione sono i protagonisti, ma anche all’idea che una certa sinistra italiana ha di sé, con tutte le conseguenti convenzioni narrative. Gianni Dubois (Silvio Orlando) ha dietro le spalle un passato di regista impegnato di successo, ma ora deve accontentarsi di sopravvivere. Non si capisce se ha mai fatto veramente dei film importanti, ma ora ci appare soprattutto come uno sfigato, tormentato da un agente che vorrebbe fargli scrivere e dirigere il film d’esordio di un’attricetta (Cristina Capotondi) giunta al successo per via televisiva. Così ha inizio la “passione” personale di Dubois.

Dopo questa prima stazione, viene quella dell’allagamento della sua seconda casa in Toscana, con conseguente danneggiamento di un affresco storico; poi, la sua personale “via crucis” continua con il telefonino che non trova campo o con le fotocopiatrici che non funzionano, con il ricatto della sindachessa Stefania Sandrelli e dell’assessore Marco Messeri, che gli impongono di dirigere la sacra rappresentazione del paese, o con gli incontri di un ex-galeotto (Giuseppe Battiston) che aveva frequentato in carcere un suo seminario teatrale e di un divo della televisione locale (lo stralunato Corrado Guzzanti), al quale gli “indigeni” hanno scelto di affidare il ruolo del Cristo. E così via, in un tragitto narrativo che culmina pasolinianamente con la Passione con la maiuscola, mescolata però di continuo con quella privata di un individuo che non sa più programmare il proprio futuro. E se, in questo parallelismo, il tono del racconto non si alza mai, resta il fatto che il film a suo modo funziona. Ben venga, quindi anche questo La passione: soprattutto in tempi in cui il cinema italiano sembra sovente vivere in stato confusionale, basculante tra cialtronaggine, velleitarismo e incertezze linguistico-grammaticali. Tanto che, infine, non suona né provocatoria, né difficile da condividere l’affermazione che La passione sia comunque il film migliore tra quelli che la produzione nazionale ha saputo quest’anno proporre sugli schermi ingrati della Mostra di Venezia.

La passione
(Italia, 2010)
Regia: Carlo Mazzacurati
Sceneggiatura: Umberto Contarello, Doriana Leondeff, Marco Pettenello, Carlo Mazzacurati
Fotografia: Luca Bigazzi
Musica: Carlo Crivelli
Scenografia:  Giancarlo Basili
Costumi: Francesca Sartori
Montaggio: Paolo Cottignola e Clelio Benevento.
Interpreti: Silvio Orlando (Gianni Dubois), Giuseppe Battiston (Ramiro), Corrado Guzzanti (Abbruscati), Cristina Capotondi (Flaminia Sbarbato), Stefania Sandrelli (il sindaco), Marco Messeri (l’assessore), Kasia Smutniak (Caterina).
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: un’ora e 45 minuti

Postato in Numero 90, Recensioni, Recensioni di Aldo Viganò.

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