Burn After Reading

Tutto il cinema dei fratelli Coen può essere letto come una serie di variazioni sul tema della stupidità umana: ora (da Blood Simple a Non è un paese per vecchi) coniugato nelle strutture narrative del cinema di genere, e ora (da Arizona Junior a Prima ti sposo, poi ti rovino) secondo i toni di una comicità spinta ai limiti del farsesco. E in questo senso, Burn After Reading (titolo splendidamente ambiguo, alludendo sia ai messaggi che gli agenti segreti hanno l’obbligo di distruggere dopo la lettura, sia all’ammiccante apparenza usa-e-getta con cui il film maschera la propria capacità di andare sino in fondo alle cose) è il felice punto d’arrivo della loro filmografia.

Splendida sintesi tra azione e divertimento, tra leggerezza e profondità, tra spettacolo e limpida descrizione del mondo. E questo senza mai cadere né nella goliardia, che sovente si evidenzia nei loro film più comici, né nel bisogno di spiegare troppo, come a volte si avverte la tentazione nelle loro opere più serie. Lo schema narrativo è qui offerto dal modello della spy-comedy. Sullo sfondo c’è la Cia, un cui ex-funzionario (John Malkovich) ha scritto delle memorie che sembrano compromettenti e che, affidate a un dischetto del computer, capitano casualmente nelle mani dell’impegata di una palestra di “fitness” (Frances McDormand), la quale vi coglie subito l’occasione per realizzare il sogno della sua vita: affidarsi a un mago della chirurgia plastica per rifare completamente il proprio corpo. Trovata la complicità di un collega (Brad Pitt) e garantito il silenzio del datore di lavoro che di lei è perdutamente innamorato (Richard Jenkins), la donna dà il via alle trame per il ricatto, che si concretizzano sullo schermo in una forsennata commedia degli equivoci in cui resta impigliato anche il vanesio amante (George Clooney) della moglie (Tilda Swinton) del distratto ex agente segreto, mentre i dirigenti in carica della Cia cercano invano di capire qualcosa in quella girandola di eventi, la cui ragione inevitabilmente sfugge loro, sia per oggettiva incompetenza, sia perché di fatto questa ha le sue fondamenta, come sempre nel cinema dei Coen, non nella logica o in qualche riconoscibile valore etico, ma solo nell’amorale forza della stupidità.

Quello che sortisce da questo “divertimento” dei fratelli Coen, che qualcuno si è affrettato a definire opera minore, è la ironica e perfida descrizione di un mondo “fuori di sesto” (come direbbe Shakespeare, la cui presenza non è qui certo da sottovalutare). Un mondo che assomiglia tanto da vicino all’idea che i fratelli Coen hanno dell’America, ma che a livello metaforico ben s’addice anche a descrivere gran parte della realtà contemporanea. Ben venga ogni tanto un film come questo a ricordarci la nostra “follia”, tanto più perché sa farlo attraverso un racconto limpido e scorrevole, personaggi ben definiti sin dalla prima inquadratura loro dedicata e il gioioso amore per questa umanità pur impietosamente descritta in tutti i suoi difetti. Solo partendo da una prospettiva come questa, infatti, il cinema potrà guardare con ottimismo al proprio futuro.

Burn After Reading
(Burn After Reading, Usa, 2008)
Regia, sceneggiatura e montaggio: Joel e Ethan Coen
Fotografia: Emmanuel Lubezki
Musica: Carter Burwell
Scenografia: Jess Gonchor
Costumi: Mary Zophres
Interpreti: George Clooney (Harry Pfarrer), Frances McDormand (Linda Litzke), John Malkovich (Ousburne Cox), Tilda Swinton (Katie Cox), Brad Pitt (Chad Feldheimer), Richard Jenkins (Ted Treffon), David Rasche (agente della Cia), J. K. Simmons (dirigente della Cia), Olek Krupa (Krapotkin).
Distribuzione: Medusa
Durata: un’ora e 36 minuti

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