“Gigolò per caso” di John Turturro


di Aldo Viganò
A distanza di quasi trent’anni da Hannah e le sue sorelle, John Turturro torna a incontrare sul grande schermo Woody Allen, ma questa volta tra di loro i ruoli sono invertiti. Allora, nel 1985, era stato Woody a offrire al giovane John la parte (poco più di una comparsata) di uno sceneggiatore collerico e geloso del proprio ruolo, ora è Turturro (al suo quinto film come regista) che ha chiamato accanto a sé Allen per affidargli il bel ruolo di un anziano ebreo che convive con una donna nera con prole.
Per sopravvivere a Brooklyn al tempo della crisi, questo ebreo poco ortodosso si trova costretto a chiudere la sua libreria d’antiquariato e a offrire all’amico fioraio con poco lavoro (lo stesso Turturro) l’opportunità di mettere insieme un po’ di soldi sfruttando le sue capacità amatorie d’italiano trapiantato nella Grande Mela. Turturro dapprima nicchia, ma infine cede anche per fare un piacere all’amico. L’accordo è di dividere gli incassi 60 e 40. La prima cliente del “gigolò per caso” è la dottoressa del suo “pappone” (un’ironica e sempre bella Sharon Stone) ed il successo di questo novello “Virgilio che accompagna le donne nel regno del piacere” è subito clamoroso.
Alle donne piace la sua gentilezza, la sua naturale tendenza a farle sentire al centro del mondo; piacciono anche gli elaborati omaggi floreali con i quali egli si presenta agli appuntamenti. E gli affari prosperano, con soddisfazione di ciascuno. Ma quando Turturro inizia a ricevere e a soddisfare con pur casti massaggi la vedova di un rabbino, un correligionario in divisa da poliziotto inizia a sospettare, sino al punto di coinvolgere nelle indagini anche la comunità ebraico-chassidica, che non esita a sequestrare Woody Allen e a porlo sotto processo al fine di sapere che cosa realmente stia succedendo tra Turturro e la bella vedova interpretata da Vanessa Paradis. Allen non lo sa, gli ebrei oltranzisti neppure, ma gli spettatori sì e con loro ben presto anche Sharon Stone, perché Turturro si è innamorato e ciò va inevitabilmente a scapito della sua disponibilità ed efficienza amatoria.
Raccontata così, sembra la trama di una commedia votata inevitabilmente all’happy end; ma, come aveva già dimostrato in tutti i suoi film precedenti (Mac, Illuminata, Romance & Cigarettes, Passione), Turturro è un regista – come del resto anche i suoi veri maestri che restano i Coen – che non ama obbedire alle convenzioni del cinema di “genere”. Lo si capisce subito dalla malinconia con cui descrive il paesaggio urbano dentro al quale costruisce con lentezza autoriale il suo apologo esistenziale.
Una favola amara, abitata da personaggi fondamentalmente soli, che restano tali anche quando cercano di uscire da questa solitudine, attraverso l’amicizia, il sesso, una partita a baseball o il tentativo d’infrangere le rigide regole di una comunità religiosa secolarmente ancorata alle proprie tradizioni: vestiti neri, acconciatura dei capelli con i riccioli, subordinazione della donna alla quale è vietato farsi vedere col capo scoperto, ecc. E, infine, sarà proprio questa non appartenenza al clan, molto più che il loro anomalo lavoro “per caso”, ad esaltare la diversità dei due protagonisti di un film, che John Turturro – sia come regista, sia come attore – pilota accortamente su un terreno sempre molto personale, valorizzandone insieme la colonna musicale (ricca di citazioni anche italiane) e la predilezione di un tono narrativo per il quale la tristezza finisce col fare aggio sulla comicità della situazione e sulla stessa predilezione per la battuta sempre cara a Woody Allen, il quale questa volta almeno si è convinto a fare innanzitutto l’attore, costruendo un personaggio, forse destinato a scontentare i suoi fans, ma particolarmente interessante proprio per la sua natura di ebreo laico ed estraneo alle logiche razziali, come evidenzia nella divertente sequenza in cui egli vuole formare due squadre di baseball interrazziali per la partita al parco tra i figli ebrei della Paradis e quelli neri della sua convivente.
Aldo Viganò
GIGOLO’ PER CASO
(Fading Gigolo, 2013)
Regia e sceneggiatura: John Turturro – Fotografia: Marco Pontecorvo – Scenografia: Lester Cohen – Costumi: Donna Zakowska – Musica: Abraham Laboriel e Bill Maxwell – Montaggio: Simona Paggi.
Interpreti: John Turturro (Fioravante/Virgilio), Woody Allen (Murray), Sharon Stone (dott.ssa Parker), Sofia Vergara (Selima), Vanessa Paradis (Avigal), Liev Schreider (Dovi).

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