Comici di Liguria

di Steve Della Casa.
In principio c’era solo Govi, o quasi. Ora sono decine al cinema, in teatro e in tv.

Certo, da quando Beppe Grillo è diventato un leader politico l’attenzione per la comicità che nasce nel capoluogo ligure è diventata tutt’altra cosa, quasi una questione di schieramento. Del resto Grillo politico è un po’ come Grillo attore: o piace molto o non piace per nulla, e comunque non lascia mai indifferenti.

Va però detto che chi lo vede come un caso unico, nel panorama italiano ma anche sulla scena genovese, sbaglia. La sua comicità aggressiva, il suo costruire lo spettacolo con il talk show hanno illustri predecessori. E il palcoscenico genovese degli ultimi anni si scopre molto più affollato di quanto si possa pensare.
I tempi di Gilberto Govi, infatti, sono molto lontani. La sua comicità dialettale, bonaria seppur velata di innumerevoli mugugni, fa parte di un’altra storia. Lui, come Cesco Baseggio a Venezia, Macario a Torino, Totò e i De Filippo a Napoli, Aldo Fabrizi e molti altri a Roma, appartengono alla tradizione dialettale della commedia dell’arte innestata sul corpo del teatro leggero di varietà che tutti quanti loro hanno frequentato. Govi (come anche Baseggio) è stato molto fedele a questa scuola. Come tutti ha fatto anche del cinema, ma solo da protagonista (e con successo così così), non ha mai accettato di farsi retrocedere a spalla (come è avvenuto ad esempio per Macario). I suoi tre film illustrano con l’immagine in movimento pièces teatrali che erano suoi cavalli di battaglia. Niente di più, niente di meno: poi ha fatto un po’ della prima televisione e poi è ritornato nella sua zona, dalla
quale non avrebbe mai voluto andare via.
Lina Volonghi era un po’ più giovane di lui, ma come lui il teatro lo conosceva molto bene. In televisione ha fatto molto, ha frequentato anche il grande schermo, amava i ruoli brillanti ma si cimentava con piacere anche in quelli drammatici: se no, come avrebbe potuto essere un’assassina (di classe, ma sempre un’assassina) in La donna della domenica? Paolo Villaggio è a sua volta un po’ più giovane di tutti e due, diventa noto grazie alla televisione, passa al cinema con ottimi risultati, non si ferma mai, ha un carattere corrosivo che non gli fa fare sconti da nessuno ma scrive pagine decisive nello spettacolo italiano.
E’ cattivo, aggressivo, sembra individualista ma poi si scopre che ha lavorato con tutti: De Andrè, Cochi, Renato, Iannacci, Fo… Rimane negli anni sempre fedele al suo personaggio, anche dopo essere stato sdoganato da Fellini. Anche se il regista che lo ha valorizzato di più forse è Luciano Salce, mentre quello che lui più ha amato è Mario Monicelli. Come quest’ultimo ha un’idiosincrasia totale per la retorica, le belle parole, i discorsi seriosi: basta vedere recentemente nel documentario di Antonello Sarno come rievoca i funerali di Fellini, con il racconto di Gassman che viene da lui con aria contrita e funeraria per dirgli
con voce impostata: “Dopo si va da Maura a farci due spaghetti?”.
Veniamo adesso alla generazione attuale.
Molti vengono dal cabaret, alcuni hanno lavorato insieme, altri no, alcuni sono amici e altri no. Normale, capita così un po’ in tutta Italia. Capita un po’ meno spesso che tutti, ma proprio tutti trovino fortuna lontano dalla loro città di origine.
Carla Signoris imposta su questo concetto una bella intervista. Lei con i Broncoviz (e soprattutto con Crozza e Cesena) realizza un sogno che parte dagli anni del liceo (lo hanno frequentato assieme) e continua con una carriera folgorante.
In realtà il cinema premia soprattutto lei, che diventa una caratterista di lusso molto amata dal pubblico. Crozza si dedica ai talk show e diventa talmente famoso da suscitare una polemica con il suo compenso (peraltro piuttosto modesto, ma tant’è), Cesena affina personaggi che paiono fatti apposta per le web series: il pubblico li ama molto, sono oggetto di culto, sentiremo ancora parlarne molto. Al cinema? Forse si.
Luca e Paolo, come è noto, devono il loro successo alle Iene. Devo dire che non amo particolarmente quella trasmissione: mi sembra il conformismo dell’anticonformismo, una parodia della tv di inchiesta abbastanza sciatta e però con pretese. E’ curioso: loro battono bandiera genovese proprio come il Gabibbo, entrambi fingono di fare inchieste puntute e di “servizio pubblico” ma risultano prevedibili e assai meno graffianti di quanto pretendono di essere. Però sono indubbiamente bravi. Al cinema lavorano con buona personalità e ottimi risultati. Forse il grande schermo può fare loro bene. Dario Vergassola lavora soprattutto in televisione, al cinema ha fatto poco, anche se con il suo amico Riondino ha fior di progetti che però non si iscrivono necessariamente nella sfera della comicità.
Come molti viene dal cabaret, come loro ha poi preso strade diverse.
E torniamo per finire al fenomeno Grillo. Lui al cinema non ha mai spaccato. Il cinema non è
solo parole, è anche costruzione dei personaggi, visualità. Tutti argomenti che a lui non interessano troppo neanche adesso. Concludendo: una scuola tipicamente genovese non c’è. Il minimo comune denominatore è che tutti se ne sono andati via.
Però sono tanti, così come erano tanti anche nelle epoche precedenti.
Vorrà dire qualcosa?

Postato in Attori, Comici, Numero 100.

I commenti sono chiusi.