Solitudini, malattie e catastrofi – Torino Film Festival 2011

torino film festival 2011La desolazione dei paesaggi dell’Islanda del Nord, l’incontro fra due solitudini, la nascita di un’amicizia al maschile. Á Annan Veg – Either Way, opera prima di Hafsteinn Gunnar Sigurdsson vince la 29esima edizione del Torino Film Festival con la giuria presieduta dal regista americano Jerry Schatzeberg, in cui risaltano i nomi del filippino Brillante Mendoza e della nostra Valeria Golino. Una scelta condivisibile che premia la semplicità di una storia che si svolge durante un’imprecisata estate degli anni ’80, quando ancora internet e i cellulari non erano diffusi.

I due protagonisti, un uomo in crisi con la compagna (Sveinn Òlafur Gunnarsson, anche coautore del soggetto) e il giovane fratello della donna (Hilmar Gudjónsson) si occupano della manutenzione di strade dove l’unico mezzo che circola è il camion di un bizzarro alcolizzato. I due sembrano non condividere nulla: l’adulto serio e motivato, il giovane con la testa fra le nuvole e gli ormoni che premono, ma gli eventi della vita – la fine di un amore e l’arrivo di un bambino – ribaltano la situazione avvicinandoli. La macchina da presa segue imparziale le loro vicende, ritraendoli – spesso con campi lunghi – nel paesaggio scabro, bruciato dal freddo e dal vento, rispettando i loro silenzi e culminando nella significativa sequenza della sbornia in cui i due si scoprono finalmente amici.

Fra i temi che hanno dominato questa ricca edizione del Torino Film Festival quello più evidente e disturbante è stato quello della malattia. In concorso: il banale ed edulcorato 50/50 di Jonathan Levin, su un giovane che si trova ad affrontare un tumore, e Serdca Boomerang di Nikolay Khomeriki, in cui il protagonista scopre di avere un grave difetto al cuore; nelle altre sezioni: il candidato all’Oscar francese La guerre est déclarée di Valérie Donzelli, sulla guarigione di un bambino guarito da una grave forma di cancro al cervello, una storia vera raccontata (con furbizia) e interpretata dalla madre del protagonista reale, The Descendants di Alexander Payne con George Clooney sul capezzale della moglie in coma.

In tempi di crisi economica, sociale e globale è comprensibile che emergano domande che riguardano non solo la fine del mondo (il catastrofismo è un altro argomento forte della produzione cinematografica della stagione) ma anche quella dell’uomo. Il problema riguarda semmai spesso la drammaturgia – basta raccontare la malattia di una persona per fare un film? – e il rischio altissimo di cadere in facili sentimentalismi.

(di Francesca Felletti)

Postato in Festival, Numero 96.

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