“Boston – Caccia all’uomo” di Peter Berg

di Renato Venturelli.

E’ arrivato il momento di confrontarsi finalmente con Peter Berg, anzi era arrivato almeno dai tempi dell’ottimo “Lone Survivor”, il film che tre anni fa ha aperto la trilogia “eroica” con Mark Wahlberg, ma che era stato per lo più liquidato come film reazionario e guerrafondaio. Verrà riscoperto in tv e dvd, s’era detto… Perché Berg è uno di quei registi cresciuti a poco a poco all’interno dell’industria, prima come attore, poi come regista, muovendosi tra le formule standardizzate dei blockbuster, cercando un proprio spazio e uno proprio stile narrativo sempre a partire da un rapporto pragmatico con i generi e col box-office.

Lo si era già notato quasi vent’anni fa ai tempi di “Cose molto cattive”, ma si trattava di una dark comedy nello spirito di tanto cinema indipendente, mentre il percorso di Peter Berg è quello che passa poi attraverso “The Kingdom”, la variazione giocosa attorno al supereroe di “Hancock” (prodotto da Michael Mann e Jonathan Mostow), lo spavaldo “Battleship” dove l’America viene salvata da un gruppo di vecchietti sdentati col berretto alla John Ford. Ma ha poi cambiato passo con “Lone Survivor”, storia di una pattuglia perduta su una collinetta sopra un villaggio afghano, quasi un B-western costruito come un impeccabile meccanismo di suspense che inchioda a lungo lo spettatore basandosi sugli elementi essenziali dell’azione avventurosa.

Pochi mesi fa, “Deepwater” -sempre con Wahlberg- aveva proseguito l’elogio dell’eroe americano qualunque, partendo dalla vicenda reale di una piattaforma petrolifera incendiatasi in mezzo all’oceano e scandendo poi il crescendo catastrofico con un montaggio frenetico.

Tutti elementi che tornano in questo “Boston – caccia all’uomo”: che muove ancora da un fatto reale (gli attentati del 2013), s’impernia sul personaggio del poliziotto-tipo Mark Wahlberg, fa ruotare attorno alla sua figura di proletario in divisa il meccanismo corale delle indagini, coltiva la retorica patriottarda attraverso lo sventolio delle bandiere stelle-e-strisce, esalta l’idea che i cittadini qualunque abbiano poi collaborato per scovare e incastrare i colpevoli in una sorta di collettivizzazione dal basso dell’eroismo statunitense.

L’episodio reale da cui muovere permette al film di innescare la celebrazione eroica su una base cronachistica, mettendosi al servizio dello stile-Berg: dove la drammaturgia è elementare e la contrapposizione tra buoni e cattivi è ruvidamente schematica, ma tutto si svolge in una sorta di presente assoluto, di racconto in presa diretta, di mitologia dell’America dimessa e quotidiana scandita con macchina a mano traballante e montaggio serratissimo secondo i canoni della comunicazione contemporanea. Secondo Hitchcock, la psicologia serviva a scandire meglio l’azione, e l’azione serviva a rivelare meglio le psicologie: Berg non arriva a tanto, lascia i suoi personaggi in una dimensione primaria, asservisce ogni elemento al puro meccanismo narrativo e spettacolare, ma sta a poco a poco definendo un suo mondo, un suo approccio che è nel solco di un cinema americano d’azione magari minore ma a suo modo classico.

 

Boston – Caccia all’uomo

(Patriots Day, Usa, 2016)  Regia: Peter Berg – Sceneggiatura: Peter Berg, Matt Cook, Paul Tamasy, Eric Johnson, Joshua Zetumer (dal libro di Casey Sherman e Dave Wedge) – Fotografia: Tobias Schliesser – Montaggio: Gabriel Fleming, Colby Parker jr – Musiche: Trent Rezonr, Atticus Ross – Interpreti: Mark Wahlberg (sergente Tommy Saunders), Kevin Bacon (Richard DesLauriers), John Goodman (commissioner Ed Davis), J.K.Simmons (serg.Jeffrey Pugliese), Michelle Monaghan (Carol Saunders), Alexx Wolff (Dzhokhar Tsamaev), Themo Melikidze (Tamerlan Tsamaev) – Distribuzione: 01 distribution – Durata: 2 ore e 13 minuti

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