“Nach Dresden”: incontro con Vittorio Curzel

di Juri Saitta.

Si è tenuta presso il Club Amici del Cinema di Genova Sampierdarena la proiezione di “Nach Dresden”, film sulla seconda guerra mondiale realizzato nel 2006 dal regista trentino Vittorio Curzel.

L’opera narra in forma “epistolare” la storia di Hermann, un professore universitario ebreo di New York che decide di ritornare per breve tempo a Dresda, città natale dalla quale è fuggito da bambino a causa delle persecuzioni razziali naziste. Durante il viaggio l’uomo scriverà a suo nipote raccontandogli l’infanzia vissuta in Germania, mentre al suo ritorno riceverà una lettera da parte di una sua antica amica tedesca, rimasta a Dresda durante il bombardamento del 1945, che la donna descriverà con i ricordi e le emozioni che le sono rimasti dopo tanti anni. Il tutto narrato non solo tramite la lettura in voice over dei testi dei protagonisti, ma anche attraverso la costante alternanza tra passato e presente, tra materiale d’archivio e riprese della Dresda contemporanea.

Una serie di aspetti che sono stati ampiamente illustrati e approfonditi dal regista Vittorio Curzel, presente in sala per incontrare il pubblico al termine della proiezione.

«Tutto è cominciato nel 1994, quando ero Radebeul, città poco distante da Dresda, per fare le riprese al museo di Karl Mayer. Era metà febbraio e vi era nella capitale della Sassonia l’anniversario del bombardamento. Attraversando la città notai le tante macerie ancora presenti in strada cinquant’anni dopo la guerra e la tristezza generale che si sentiva nell’aria. E proprio il 13 febbraio del ’94 fu concesso per la prima volta ai cittadini di fare una processione tra le rovine della chiesa evangelica Frauenkirche, la cui ricostruzione era da poco iniziata. Tutto questo mi colpì profondamente e mi fece venire il desiderio di approfondire la storia del bombardamento, pensando anche al fatto che – a partire proprio dal secondo conflitto mondiale – i civili costituiscono la maggior parte delle vittime di guerra».

Una problematica e una vicenda che Curzel ha deciso di affrontare tramite la storia di Hermann e della sua amica d’infanzia: «Entrambi vittime della guerra, fanno parte però di due comunità diverse presenti nella stessa città: gli ebrei e i tedeschi» dichiara l’autore, aggiungendo che «con la storia Hermann si racconta l’emarginazione degli ebrei prima della Shoah (periodo di enorme sofferenza perché è il momento in cui i perseguitati hanno perso in modo graduale ma costante i propri diritti e la propria identità), mentre con la storia dell’amica si ha l’occasione di descrivere il bombardamento di Dresda, che ha distrutto vite e opere umane».

«Due personaggi inventati», continua il regista, «ma resi assolutamente verosimili perché “costruiti” con l’aiuto di molteplici e tangibili fonti storiche, come diari, libri e registri vari».

Un contesto e una storia che Curzel ha deciso di narrare tramite il cinema, in quanto questo «pur non avendo la stessa capacità analitica di un saggio, ha una maggiore forza comunicativa, poiché rimane più impresso nella memoria del pubblico».

E qui veniamo alle questioni linguistiche legate al film, che si basa su una struttura formale piuttosto particolare, ben spiegata dal regista: «In questo lavoro ho alternato il materiale d’archivio con le riprese “contemporanee” tramite il montaggio invisibile, ovvero quella tecnica che serve a far notare gli stacchi il meno possibile. Ciò per unire e confondere i due piani temporali e far entrare così lo spettatore nell’emotività dei personaggi, i quali vivono in un continuo flusso di coscienza tra il loro passato e il loro presente».

“Nach Dresden” non è però l’unica opera girata da Vittorio Curzel, il quale nel 2011 è ritornato su temi legati alla storia con “Fino a quando …”, titolo incentrato sulla prima guerra mondiale. «Questo film – partendo da una fotografia del 1916 di due soldati trentini in licenza dal fronte – racconta la storia di una famiglia durante la Grande Guerra, seguendo un itinerario che comincia con il nonno soldato in Galizia e si conclude fra le rocce del Pasubio, dove nell’ultimo anno di guerra Kaiserjäger trentini si trovano a combattere contro altri trentini volontari nell’esercito italiano. Si consuma così un altro dramma: gente della stessa terra che si trova su trincee opposte del medesimo fronte» racconta l’autore.

Un’opera che si collega alla precedente “Nach Dresden”, soprattutto a livello tematico, come spiega Curzel: «La violenza della prima guerra mondiale e delle guerre coloniali che la seguono prepara i genocidi perpetrati nella seconda. Nella Galizia attraversata dai soldati trentini in guerra vivevano molte comunità ebraiche. Due decenni dopo, a causa della persecuzione nazista, quelle comunità sarebbero state distrutte e i nomi di molti dei villaggi nei quali vivevano sarebbero stati cancellati per sempre dalle carte geografiche. Le immagini del campo di sterminio di Auschwitz Birkenau che compaiono nella parte conclusiva di “Fino a quando …” ricordano la stretta connessione tra i due conflitti mondiali del “secolo breve”. La narrazione di “Fino a quando …” si conclude negli anni in cui le vicende raccontate in “Nach Dresden” hanno inizio».

(di Juri Saitta)

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