Scrivere per il cinema: Intervista a FRANCESCO PICCOLO

piccolodi Paolo Borio.
Francesco Piccolo, scrittore e sceneggiatore ha vinto il Premio Strega 2014 con il libro “Il desiderio di essere come tutti”, edito da Einaudi, con cui ha pubblicato anche “La separazione del maschio”, “Momenti di trascurabile felicità” e nel 2015 “Momenti di trascurabile infelicità”. Ha firmato sceneggiature per Nanni Moretti (Il Caimano, Habemus Papam, Mia madre), Paolo Virzì (My name is Tanino, La prima cosa bella, Il capitale umano), Silvio Soldini (Agata e la tempesta, Giorni e nuvole), Francesca Archibugi (Il nome del figlio).

Incontro Francesco Piccolo al Club Amici del Cinema in una presentazione pubblica, venerdì 9 ottobre nell’ambito dell’iniziativa “Insieme daremo spettacolo” ,nata in collaborazione con il Teatro Archivolto e l’Associazione Amici dell’archivolto. E’ il primo di una serie di incontri che si effettueranno nel corso della stagione e vedranno  alcune rappresentazioni  teatrali abbinate alla programmazione  di film e documentari. La serata dal titolo “Scrivere per il cinema” è‘l’occasione per parlare del mestiere dello sceneggiatore e delle varie esperienze vissute nell’ideazione e realizzazione di alcuni importanti film  nonché assistere alla proiezione del film “Mia madre”.

Il tuo inizio è quello di scrittore .Come sei arrivato ad occuparti di soggetti e sceneggiature  cinematografiche?

Gli sceneggiatori in genere sono di due tipi: quelli che cominciano pensando già  di occuparsi di cinema ,  dopo avere frequentato il Centro  Sperimentale o altre scuole  e  chi come me, ci arrivano dai libri.Quando ho pubblicato “Storie di primogeniti e figli unici” , molti mi hanno chiesto di scrivere per il cinema.All’inizio pensavo però di occuparmi solo di letteratura, in qualche modo avevo il timore di disperdere la creatività. Ho scoperto poi che  la creatività è un fattore che si alimenta grazie a vari stimoli, anche diversi.

Infatti  hai accettato di lavorare alla sceneggiatura del film “Nemmeno in un sogno” (2002) di Gianluca Greco .

Io in quel periodo ero già molto  amico di Nanni Moretti e proprio a lui ho chiesto se facevo bene a scrivere per il cinema. E lui mi ha incoraggiato , consigliandomi  di dedicarmi a questa attività. Cosi quando Gianluca Greco mi ha proposto di scrivere insieme a Doriana Leondeff la sceneggiatura del suo film ho accettato.Da qui è inizata la mia attività di sceneggiatore.

In quel periodo hai lavorato anche ad altri progetti

Ho scritto “ My name Tanino”  di Paolo Virzì e poi “Paz” di De Maria, usciti nel 2002. Il film di Virzì è stato molto travagliato ed ha segnato la crisi di Cecchi Gori. La sceneggiatura iniziale prevedeva un finale costosissimo  da grande musical con Tanino che torna in Italia, dopo essere stato arrestato in America, su una portaerei sulle note di “My Way” di Frank Sinatra con tanto di balletto e coreografia.In realtà finisce con Tanino che torna in aereo, con una telecamerina che lo inquadra.Il tutto girato in  un volo Roma- Milano a spese dello stesso Virzì.

Dopo queste  esperienze inizia la collaborazione con Silvio Soldini con cui scriverai “Agata e la Tempesta”(2004)  (tuo anche il soggetto) e” Giorni e Nuvole”(2007) , entrambi girati a Genova.

Si Genova è stata molto presente in quel periodo.Ricordo che quando siamo venuti in città per effettuare dei sopralluoghi per “Agata e la tempesta” siamo dovuti rimanere  chiusi nei bar o nei ristoranti a causa di piogge fortissime .  “Agata e la tempesta” è stato scritto parola per parola da me, Silvio e Doriana Leondeff partendo da zero. Per “Giorni e Nuvole”  invece abbiamo parlato molto io Silvio e Doriana del film e poi è stato scritto da me e Doriana, e  successivamente rivisto da Silvio.  Alla fine è subentrata anche  Federica Pontremoli per la stesura definitiva.

Soldini  lavora molto con gli attori , durante le prove perfeziona e riscrive dialoghi e battute

Arrivando con una sceneggiatura forte gli attori possono anche permettersi di adattare e migliorare alcune parti, ritagliandole a loro misura;  con sceneggiature deboli gli attori tendono a seguire le indicazioni e talvota stentano persino  a capire fino in fondo lo spirito dei personaggi e del film.  Per Silvio Soldini il lavoro con gli attori  rappresenta una fase fondamentale ed è un momento molto bello e creativo .

Invece con “Caos Calmo”(2008) inizio a lavorare a sceneggiature tratte da opere letterarie che proseguirai poi  con “Il nome del figlio” e “Il capitale umano” .Com’è questa attività di trasformazione e riduzione cinematografica?

Con Nanni Moretti e Laura Paolucci abbiamo adattato al cinema  il libro di Sandro Veronesi; il lavoro principale è stato quello  di eliminare molte parti del libro, trasformandone altre. Occorre avere il coraggio di tagliare cose poco funzionali al racconto cinematografico e dedicarsi a quelle sfumature che invece rendono meglio. Per esempio in quel caso abbiamo unito personaggi, abbiamo “spostato” il protagonista dal chiuso di un’auto ad una panchina. In pratica credo  occorra  tradire il libro per farlo rivivere  sullo schermo in altro modo.

E’ mai accaduto che sorgessero divergenze con gli autori dei libri alla fine del lavoro? 

Una regola importante da adottare è quella di non fare partecipare gli scrittori dei libri alla sceneggiatura dei film; ciò permette una maggiore libertà agli sceneggiatori e soprattutto si evita di rimanere imprigionati nelle loro scelte narrative , che difficilmente tradirebbero.Per quanto riguarda la mia esperienza , gli autori sono stati soddisfatti dei risultati.Lo fu Veronesi per “Caos Calmo” ma anche  Amidon   per “ Il Capitale umano” di Paolo Virzì, di cui  ha lodato pubblicamente le scelte narrative adottate.  Gli autori francesi de “Il nome del figlio” poi  si sono molto divertiti  nel trovare i loro personaggi reinventati con  caratteristiche e peculiarità italiane.

E veniamo alla tua collaborazione con Nanni Moretti  per i film:  “Il Caimano” (2006),  “Habemus Papam” (2011) e  “Mia Madre” 2015).

Lavorare con Moretti per me è stato  importantissimo, ha un’idea di cinema molto precisa  che persegue con tenacia. Le sceneggiature con Nanni si scrivono parola per parola, insieme. “Il Caimano” ha richiesto un  lavoro più sciolto, scritto anche sul set la sera prima di girare. “Habemus Papam” invece trovata l’idea, è stato costruito in modo preciso e rigoroso.”Mia madre” è un film diverso, molto intimo di Nanni.Siamo partiti dalla lettura dei suoi diari e da vari appunti che raccontavano il suo rapporto con la madre.

Com’è Moretti poi sul set?

La stesura della sceneggiatura in genere scorre in modo tranquillo , è divertente e stimolante stare con lui .Ci si vede tutti i giorni per vari mesi e si finisce per condividere un pezzo di vita . E’ sul set semmai  che  Nanni tende a scatenarsi come raccontano alcune leggende. Io ho imparato molto da lui ad esempio sulle  cosiddette “scene di passaggio” che Nanni considera scene  non meritevoli di “svegliarsi al mattino per andarle a girare”. Ho imparato  che anche quelle possono e devono diventare utili tasselli che arricchiscono la trama, che aggiungono elementi alla costruzione del film.

Come vivi il ruolo dello sceneggiatore?

Lo sceneggiatore ha un’identità un po’ “schizofrenica”. Nel mondo del cinema ha un ruolo molto importante, infatti da quei fogli A4  , parte tutto un  sistema: finanziamenti, produzione , realizzazione,ecc. Grazie a quel “soggetto”, a quel “trattamento” a quella “sceggiatura”, si mette in moto una macchina molto complessa. All’esterno invece il suo ruolo è poco conosciuto, anche se recentemente  c’è più interesse per il suo lavoro. Ancora oggi però il pubblico stenta a credere che la sceneggiatura indichi già con precisione tutto quello che poi si vedrà  nel film, comprese le più piccole sfumature.Io personalmente ho anche un ruolo di scrittore di libri ,per cui non vivo  quel senso di frustrazione che potrebbe insorgere . Anzi a me fa molto piacere concorrere al successo dei film , all’affermazione dei registi e degli attori che lo hanno realizzato e che inevitabilmente sono più visibili.

Quali  caratteristiche deve avere uno sceneggiatore ?

Intanto quella di essere un buon “gregario”, poi  avere un buon carattere , sapere stare  con gli altri.Da un punto di vista più tecnico, ovviamente, avere un po’ di talento per la scrittura e poi pensare per scene. In più , a mio parere, molto importante è la capacità all’ “intimità”cioè  diventare intimi in maniera veloce con le persone con cui si lavora .Solo così infatti  sarà possibile inventare delle storie insieme e scrivere in modo “collettivo” un film.

Hai mai pensato di scrivere un libro sulla tua esperienza cinematografica oppure  dirigere un film?

Alla prima cosa ci penso spesso e chissà che prima o poi non riesca a farlo.Per quanto riguarda passare alla regia  al momento  penso sia più utile fare quello che forse mi riesce meglio.Il regista svolge un ruolo diverso, che implica altre responsabilità che oggi non mi sentirei  di affrontare.Preferisco scrivere, immaginare storie , situazioni  e poi lasciare ai registi la fatica di realizzarle.

Paolo Borio

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Una risposta a Scrivere per il cinema: Intervista a FRANCESCO PICCOLO

  1. Fabio Michelis scrive:

    Ho letto con molto interesse l’intervista a Francesco Piccolo che racconta parti poco conosciute del cinema ma che hanno una grande importanza nella creazione e realizzazione di un film. Complimenti ” Film Doc” per il lavoro che svolgete nel diffondere la cultura cinematografica.