La posta di D.O.C. Holliday (99)

Gent.mo dott. Fava, sono un cinefilo incallito da oltre trent’anni e appassionato sul doppiaggio italiano degli anni’30/’50 (…). Ho sempre seguito i suoi cicli televisivi sul cinema quando lei era in RAI, una volta la incontrai al Cinema Alfieri di Firenze dove lei aveva partecipato ad un incontro dei Sindacato Critici Cinematografici. (…) Le chiedo un parere sullo scempio che stanno facendo nel ridoppiare i vecchi classici hollywoodiani nelle edizioni in dvd. Per fortuna talvolta si riesce a recuperare le vecchie colonne del doppiato, personalmente ho pescato il doppiaggio originale del dopoguerra di “Maria Walewska” con la Garbo doppiata da Tina Lattanzi . Essendo un cinefilo ho collezionato molto materiale nel corso degli anni, materiale fotografico d’epoca (foto buste, locandine ecc.) ed anche pellicole in 16 e 35 mm oltre a centinaia di videocassette e adesso dvd. Concludo (…) dicendole, come lei già saprà, che hanno addirittura ridoppiato film “recenti” come “Lo squalo”, “E.T”, “Occhi di Laura Mars”. Che assurdità…! Cordialmente, Lorenzo Gobbi.

Caro Gobbi, la ringrazio di avermi ricordato il cinema Alfieri. Per molto tempo ho avuto l’abitudine (finché la benemerita manifestazione ideata e diretta da Aldo Tassone non venne incomprensibilmente abolita) di andare ogni anno a Firenze in occasione della preziosa rassegna “France Cinéma”. Vengo subito al tema da lei affrontato, e cioè il problema del doppiaggio e del ridoppiaggio di molti film del passato, anche (a volte soprattutto) famosi. Credo di essere largamente autorizzato a parlarne. Da un lato sono sempre stato un coerente sostenitore della necessità di disporre di anche copie originali sottotitolate di film stranieri doppiati. Dall’altro sono, da circa 15 anni, il Direttore Artistico di “Voci nell’Ombra”, ormai il più antico fra i festival nostrani riguardanti il doppiaggio. I miei lunghi anni di esperienza Rai mi hanno insegnato che molto spesso si è costretti a ridoppiare un film perché il doppiaggio originario non si trova più. Sembra una stupidaggine o una follia, ma è proprio così. Mi è capitato spesso di dover fare ridoppiare dei film (così, a memoria, me ne vengono in mente due, ma in realtà sono moltissimi: uno è “Angoscia” di Cukor, l’altro è “Il grande sonno” di Hawks). Non ho mai saputo con sicurezza se dietro alle improvvise risposte negative delle Case di distribuzione e di quelle di doppiaggio ci fosse un minimo di malafede o no. Ma in realtà l’esperienza mi insegna che quasi sempre si tratta di disordine nella catalogazione. Una serie di “pizze” (allora i film si conservavano così) venivano messe in un armadio sbagliato, nessuno le cercava per molti anni e di fronte ad una subitanea necessità risultavano ovviamente introvabili. Le racconto un episodio vero e assolutamente incredibile.

deanna durbin

Deanna Durbin

Ero, mi pare, ancora a RaiUno quando decisi di allestire un ciclo su un’attrice canterina che era stata popolarissima anche da noi prima della guerra e che ormai completamente dimenticata: Deanna Durbin. Il film che le aveva dato una subitanea notorietà è “Tre ragazze in gamba” (Three Smart Girls, 1936) di Henry Koster poi seguìto da “Tre ragazze in gamba crescono” (Tree Smart Girls Grow Up, 1939) dello stesso Koster. Riuscii a trovare e a far comprare il primo film, che era quello che giustificava l’intero ciclo. Ne acquisii altri, misi insieme un numero accettabile di titoli e varai il ciclo. Poco prima di andare in onda mi telefonò un ottimo montatore della Rai, si chiamava Baldi. Era disperato perché il doppiaggio italiano che gli era stato messo a disposizione non si adattava assolutamente al film della Durbin, tanto più che veniva menzionata, in un film di anteguerra, Elsa Martinelli! Per farla breve, da decenni veniva conservato al posto di “Tre ragazze in gamba” il doppiaggio di un film di Jack Sher intitolato “Quattro ragazze in gamba”. Fui costretto ad andare in onda ugualmente, facendo una figura da stupidotto, e ne ricavai una bella lezione per il futuro.

(di Claudio G. Fava)

Postato in Numero 99, Posta di Claudio G. Fava.

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