Rassegna le strade del noir – L’infernale Quinlan – Touch of Evil


infernale quinlan locandinaAlla frontiera messicana scoppia una bomba. Chi è stato? Perché è successo? Chi deve indagare sull’accaduto? L’onesto poliziotto messicano Mike Vargas (C. Heston) o il corrotto investigatore americano Hank Quinlan (O. Welles)?

Questa è in estrema sintesi il soggetto di uno dei più importati film di O. Welles e di una delle ultime vette del noir classico, L’infernale Quinlan, tratto dal romanzo, in genere considerato mediocre, di W. Masterson, Contro tutti.

Anche se negli anni ’50 il noir si concentrò soprattutto sulla figura del poliziotto corrotto e violento, l’opera di Welles non può essere inserita perfettamente in tale filone, perché in questi film il commissario è visto semplicemente come un frustrato qualunque oppresso da un sogno americano mai avveratosi, mentre Quinlan è al contrario un personaggio imponente, con una sua grandezza quasi shakespeariana.

Se da un lato possiamo affermare che sia Touch of Evil (titolo originale del film in questione), che altri noir degli anni ’50 denunciano certi metodi usati dalle forze dell’ordine e la dilagante corruzione della società contemporanea, dall’altro si deve constatare che i protagonisti sono completamente diversi: quelli di film come Neve rossa (N. Ray, 1951) o del B-movie Roadblock (H. Daniels, 1951) vivono un dramma piccolo e moderno, mentre Hank Quinlan è il centro di una grande tragedia, quella di un uomo quanto abile nell’indagare, quanto violento e disonesto nel farlo, un uomo che si crede al di sopra della legge, perché considera se stesso la legge, un uomo quanto malvagio sul piano razionale, quanto umano su quello emotivo.

È lo stesso Welles ad affermarlo in un’intervista di A. Bazin, C. Bitsch e J. Domarchi pubblicata sui Cahiers du cinéma: «(…) Quinlan è l’incarnazione di tutto ciò contro cui lotto, politicamente e moralmente parlando. (…) Ma Quinlan mi piace perché gli ho attribuito anche qualcosa d’altro: il fatto di aver saputo amare Marlene Dietrich, di essersi preso una pallottola al posto dell’amico, il fatto di avere un cuore. Ma ciò in cui crede è detestabile.».

D’altra parte solo Welles poteva interpretare un ruolo così, il solo capace di rendere appieno la corruzione e l’umanità di un potente, come fece ad esempio in Quarto potere (O. Welles, 1941) con C. Kane, un miliardario che costruisce un impero mediatico, o ne Il terzo uomo (C. Reed, 1949) con H. Lime, un trafficante di penicillina nella Vienna post-bellica.

Come solitamente accade nelle pellicole del grande maestro americano, lo stile è barocco, la mano del regista si fa sentire non poco, grazie ad alcune idee davvero memorabili: in primis, il piano sequenza iniziale di ben 3 minuti (il più celebre della storia del cinema), con i suoi straordinari movimenti di macchina e una musica di sottofondo a dir poco perfetta; le inquadrature distorte e dal basso verso l’alto, che servono a sottolineare l’imponenza di Quinlan; la scena in cui J. Leigh viene drogata e quella dell’omicidio, entrambe molto efficaci sul piano del montaggio e della fotografia, la quale alterna continuamente oscurità e illuminazione.

Anche se certe soluzioni di regia hanno ricordato a qualcuno il cinema espressionista (come già accaduto per altri noir e per altre opere di Welles), è il regista stesso a smentire questa ipotesi, dichiarando la seguente frase (sempre tratta dall’intervista di Bazin): «In vita mia non ho mai visto film tedeschi. (…) In compenso, il teatro tedesco ha avuto su di me una grande, grandissima influenza.».

Tutto questo, oltre a dimostrare quanto l’autore statunitense sia stato più influenzato dal palcoscenico che dal cinema, conferma una teoria per cui certa fotografia fioca e buia tipica del noir nasce dal teatro, quello tedesco.

Inoltre, bisogna accennare alle difficoltà produttive e distributive in cui si incappò Welles: l’opera venne, infatti, tagliata, rimontata e rigirata su imposizione dei finanziatori, uscendo così completamente diversa da come l’aveva pensata il regista.

Per fortuna, la versione che circola oggi, sia nelle rassegne che nelle videoteche, è quella integrale e originale, proprio come Welles la voleva.

In conclusione, ma per un film così bisognerebbe scrivere pagine e pagine (si dovrebbero analizzare meglio le diverse scelte registiche e approfondire altre figure importanti, come quella di Vargas, della moglie, della Dietrich e di altri personaggi apparentemente secondari), si può affermare che L’infernale Quinlan è un’opera imponente e importante proprio come il suo protagonista: nella lavorazione tormentata, nei contenuti critici e profondi, nella regia originale e ricca di trovate geniali, e inoltre, nel suo essere simbolo e vetta della fine di un ciclo, quello del noir classico.

(di Juri Saitta)

Guarda il video: “L’infernale Quinlan”

Regia: Orson Welles
Cast: Charlton Heston, Orson Welles, Janet Leigh
Sceneggiatura: Orson Welles
Anno: 1958
Genere: Noir
Durata: 112 minuti circa

Postato in SC-Rassegne, Spazio Campus.

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